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Ultimamente si è tornato a parlare in Italia di trasparenza e accesso agli atti. Con l’evento veneziano sull’Italia digitale sono tornati alla ribalta (ma non l’avevano mai davvero abbandonata) i promotori di #FOIA4ITALY, gruppo ben nutrito di attivisti di varia estrazione che propone l’adozione di un FOIA italiano. Cos’è il FOIA? Si tratta di un acronimo. Freedom of Information Act. Ossia una legge che disciplina la trasparenza dell’attività delle istituzioni, prevedendo obblighi per i decisori pubblici e attribuendo diritti ai cittadini. L’Italia, sostengono quelli di Foia4Italy, ha una legge sull’accesso agli atti inadeguata per una democrazia moderna. Serve l’approccio americano che, almeno in teoria, pone un obbligo generalizzato di diffusione delle informazioni a carico delle amministrazioni.

Appunto, la questione è tutta li, nel “a meno che”. E infatti le eccezioni sono molto numerose. Legate prevalentemente alla sicurezza nazionale, ma non solo. I limiti possono arrivare anche indirettamente, ad esempio dal tempo che le amministrazioni si prendono per rendere note le informazioni. Il caso dei finanziamenti alla politica, e quindi in senso lato del lobbying, è emblematico. Un articolo apparso sul New York Times il 17 luglio titolava in modo significativo: “Data Delayed, Democracy Denied” (QUI l’articolo). Ossia, il ritardo nel rilascio dei dati pubblici è una negazione di fatto della democrazia.

In questo caso la responsabilità ricade sulla Federal Election Commission, o FEC, organo deputato alla raccolta (e successivo rilascio) dei dati sulle donazioni ai candidati alle elezioni federali. La FEC dichiara di rendere pubblici il 95% dei dati in suo possesso entro 30 giorni dalla ricezione. Il fatto è che quando OpenSecrets, la no profit di Washington che monitora l’attività politica e lobbistica statunitense, è andata a fare un controllo sui dati messi a disposizione dalla FEC, si è accorta che mancavano all’appello le informazioni di 347 candidati su 703. Praticamente il 50% delle informazioni assenti! Alla richiesta di chiarimenti inoltrata da OpenSecrets nei confronti della FEC, quest’ultima ha risposto laconicamente “non abbiamo ancora terminato di processare le informazioni mancanti”.

Il bello – si fa per dire – è che non c’è nulla che possa fare se non denunciare pubblicamente l’accaduto. é qualcosa, ma ovviamente non equivale a una sanzione per i funzionari della FEC, né tanto meno alla certezza che non verranno ripetuti i ritardi.

Tutto questo per dire che l’entusiasmo con il quale si assume acriticamente la bontà del FOIA, o più in generale del suo approccio idealistico alla trasparenza, rivela una certa ingenuità. C’è sicuramente molto da migliorare nella legislazione italiana sulla trasparenza. Ma quando le informazioni si fanno sensibili, la reticenza delle amministrazioni alla diffusione è una condizione diffusa, FOIA o non FOIA. E questo, del resto, ce lo conferma l’intera ultima serie di House of Cards, che si regge sul medesimo equivoco. C’è una questione di finanziamenti poco chiari al Presidente degli Stati Uniti, e una partita  tra il protagonista, Frank Underwood, e il suo avversario, giocata sui tempi entro i quali quelle informazioni potrebbero divenire di dominio pubblico. Come va a finire non lo scrivo, casomai non l’abbiate ancora vista.

 

Open + Data + Lobby = Democrazia

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