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Voglio parlarvi oggi di 2 notizie relative agli organismi geneticamente modificati, altrimenti noti come OGM.

Quando si pensa agli OGM, alcuni pensano ad un grande successo della mente umana, altri, forse la maggioranza in Italia, a qualcosa di diabolico partorito dalla mente del dottor Frankenstein con l’aiuto di qualche multinazionale senza scrupoli. Quasi tutti comunque ritengono gli OGM qualcosa di innaturale. E invece non è così.

Esistono numerosi esempi di OGM che si sono prodotti in natura molto prima che l’uomo facesse la sua comparsa sul pianeta. L’ultimo esempio è quello pubblicato in questi giorni dalla rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America) da un gruppo di scienziati della Duke University –USA- diretti da Kathleen Pryer e intitolato “Horizontal transfer of an adaptive chimeric photoreceptor from bryophytes to ferns”.

La notizia è questa: un gene che permette alle felci di crescere nella penombra delle foreste deriva dal genoma di un muschio che cresce sugli alberi. Una scoperta che ha notevoli implicazioni anche sulla teoria dell’evoluzione.

Circa 100 milioni di anni fa ci fu un’esplosione di nuove specie che rendono conto di circa 8% delle specie di felce attualmente presenti sulla terra. Dall’analisi comparata del DNA di 45 specie differenti di felci gli autori hanno stabilito che alcune di queste specie contengono una proteina in grado di catturare efficientemente la luce permettendo alle felci di crescere nella penombra delle foreste. Ma qual è l’origine del gene che codifica questa proteina? L’analisi del DNA ha permesso di tracciare l’origine del gene non nel genoma delle felci bensì in quello dei muschi. Una singola specie di felce circa 180 milioni di anni avrebbe acquisito il gene da una briofita (muschio), un vero e proprio esempio di modificazione genetica di una pianta in natura.
Sembra che il trasferimento di materiale genico tra specie differenti sia utilizzato frequentemente dalla piante come una strategia di adattamento all’ambiente.

La seconda notizia riguarda l’autorizzazione data di recente ai ricercatori inglesi del Rothamsted Research Centre in Hertfordshire (http://www.rothamsted.ac.uk) di crescere in campo piante OGM che potrebbero proteggere dalle malattie cardiache ed essere utilizzate in itticoltura. La pianta in questione è la camelina sativa, già ampiamente impiegata nella produzione di olio di semi. La camelina è stata ingegnerizzata in modo da produrre il grasso poli-insaturo omega 3 fino ad ora estratto solo dai pesci. Omega 3 è un olio che protegge dagli infarti; viene anche ampiamente utilizzato negli allevamenti di pesce e circa 80% del olio di pesce prodotto viene attualmente utilizzato in itticoltura. Infatti, i pesci non sono in grado di produrre loro stessi questo alimento, un componente essenziale della loro dieta, ma lo accumulano mangiando alghe. I ricercatori del Rothamsted Research Centre in Hertfordshire, hanno recuperato i geni dalle alghe e li hanno inseriti nel genoma della camelina. La sperimentazione partirà a metà Maggio.

Gli OGM naturali e quelli che fanno bene al cuore

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