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Fossi in Matteo Renzi, oggi non mi sentirei tanto più forte. È vero, Beppe Grillo è stato costretto a fare retromarcia. Ma i sì del M5S ai quesiti posti dal Pd sono una vittoria di Pirro. Infatti, ora dovrà spiegare perché l’Italicum, senza sostanziali correzioni del suo macchinoso impianto, resta comunque migliore del Democratellum dopo le aperture dei pentastellati (premio di maggioranza e doppio turno le più significative).

Nella moderna teoria dei giochi, il dilemma del prigioniero designa una situazione in cui una scelta non vantaggiosa per due concorrenti viene preferita a una scelta considerata più vantaggiosa per entrambi. E ciò a causa di un eccesso di sfiducia reciproca. È, in qualche misura, proprio la situazione in cui rischia di trovarsi il premier facendo finta di dialogare con Luigi Di Maio e continuando a trattare, invece, con Denis Verdini.

Fermo restando, a mio avviso, che quella dei grillini è la più seria proposta di riforma elettorale in campo, riflettiamo sulla filosofia del proporzionalismo . In realtà, non è mai esistito un unico “sistema proporzionale”. Al contrario, ne sono sempre esistite diverse varianti, dalle conseguenze politiche, partitiche, governative di straordinaria differenza. Qui oscilliamo dalle formule più proporzionali, come quelle in vigore in Olanda e in Israele, dove l’intero Paese costituisce una circoscrizione elettorale unica, alle formule meno proporzionali, come quella spagnola (dai cospicui effetti maggioritari).

Inoltre: se il premio di maggioranza risolve -almeno sulla carta- il problema della governabilità, quando è possibile affermare che in un Parlamento c’è una sufficiente rappresentanza? Sulla base del numero dei partiti? In verità, quanto più il numero dei partiti aumenta, tanto meno essi sono in grado di garantire rappresentanza. Perché ognuno di loro tenderà a proteggere le rispettive nicchie elettorali, senza preoccuparsi di ampliare il proprio bacino di consensi. L’esperienza storica della nostra Repubblica sta lì a dimostrarlo.

Renzi potrà cantare vittoria, allora, solo se saprà utilizzare il Democratellum riveduto e corretto dal M5S per convincere Silvio Berlusconi che il “Patto del Nazareno”, così come è stato concepito all’inizio, non funziona e va radicalmente modificato. Non vuole o non sarà possibile? Il rischio è che sull’altare della strategia dei “due forni” qualcuno finisca scottato con ustioni politiche gravi.

Dopo i sì del M5S, Renzi è più forte?

Fossi in Matteo Renzi, oggi non mi sentirei tanto più forte. È vero, Beppe Grillo è stato costretto a fare retromarcia. Ma i sì del M5S ai quesiti posti dal Pd sono una vittoria di Pirro. Infatti, ora dovrà spiegare perché l'Italicum, senza sostanziali correzioni del suo macchinoso impianto, resta comunque migliore del Democratellum dopo le aperture dei pentastellati (premio…

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