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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di Edoardo Narduzzi apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

In Ucraina dell’est il referendum sull’autonomia territoriale ha fatto il pieno di votanti. Piaccia o meno al governo provvisorio messo in piedi a Kiev, ma adesso Putin avrà gioco facile a far fallire le imminenti elezioni presidenziali ucraine che, con molta probabilità, neppure si svolgeranno nelle città russofone. E, a quel punto, tenere ancora insieme l’intera Ucraina si farà esercizio davvero difficile, ammesso che ancora oggi il governo centrale sia in grado di far sentire la sua voce e le sue azioni a Est.

LA VOCE DI BERLINO

Solo allora la prima fase della crisi ucraina, quella che ha portato alla caduta del governo eletto di Yanukovich e alla annessione della Crimea alla Russia, potrà considerarsi chiusa. Ed a quel punto Berlino, oggi molto nascosta dietro alle decisioni americane, si farà avanti per far sentire in modo più chiaro e nitido la propria voce e per far valere la propria posizione. Una parte significativa dell’opinione pubblica tedesca, del resto, considera l’Ucraina come un territorio condizionato, nel senso che è implicitamente assoggettato alle esigenze russe e, conseguentemente, a quelle tedesche, rispetto ai più generali equilibri europei.

LE SANZIONI SOFT DELLA GERMANIA

Finora la Germania è stata il più possibile soft nel far uso delle sanzioni, tanto ricercate da Washington. E a Berlino l’ex Cancelliere Schroeder ha fatto capire che la politica europea versa la Russia sull’Ucraina era sbagliata e le grandi imprese tedesche di infilarsi in un braccio di ferro commerciale ad est non hanno alcuna voglia. E la ragione di tanta riluttanza tedesca è facile da spiegare: la distanza con la quale Berlino ha seguito la crisi in Libia, prima, e in Siria, poi, va spiegata proprio con l’accordo implicito che nei territori dell’Europa orientale gli Usa non avrebbero creato squilibri.

L’ACCORDO IMPLICITO

Obama e i suoi alleati, insomma, per la Merkel potevano bombardare Tripoli e fare i duri con Assad, ma a patto che le regioni strategiche per Berlino non fossero destabilizzate. Le barricate di piazza Maidan e l’interventismo americano in Ucraina, anche per far pagare a Putin la sua posizione sulla Siria (ma lo Zar dopo aver registrato quanto accaduto in Libia ha iniziato a non fidarsi più degli occidentali), hanno stravolto gli equilibri consolidati.

IL RUOLO DELLA GERMANIA

Ora la Germania non può far altro che prendere atto che la sua politica estera, fatta di pochissima azione diretta e di molte dichiarazioni di sostegno altrui, non le basta più per continuare ad avere una situazione pacifica a Est dei suoi confini e, soprattutto, per poter avere relazioni politiche ed economiche stabili con la Russia. La crisi ucraina spinge Berlino alla definitiva maturità in politica estera: diventare la capitale leader di un’Eurozona effettivamente capace di avere una sua strategia territoriale.

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