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La costruzione della Casa unitaria dei moderati e dei riformatori è partita. Grazie all’iniziativa assunta da Nuovo Centro-destra, Unione di centro e Popolari per l’Italia in vista del voto europeo, si profila all’orizzonte la possibilità di una vasta aggregazione alternativa culturalmente e politicamente al Partito democratico e al polo progressista.

A rivelarsi determinanti per l’affermazione di tale prospettiva, che potrebbe riempire di contenuti e significati il bipolarismo italiano, saranno i passi compiuti dai protagonisti del cantiere popolare. Per capirne i contorni, Formiche.net ha sentito a Gabriele Albertini, l’ex sindaco di Milano che dopo travagliate esperienze parlamentari nel Popolo della libertà e in Scelta civica è approdato “con convinzione” nelle fila del Nuovo Centro-destra.

Senatore, è plausibile oggi la creazione di gruppi parlamentari unici delle forze che hanno dato vita alla lista popolare?

Ritengo che l’obiettivo meriti di essere perseguito al più presto, se possibile entro le elezioni per l’Assemblea di Strasburgo. Così potremo dare senso al nostro lavoro: far confluire in un’unica forza politica le molteplici anime che trovano sintesi negli ideali e valori del Partito popolare europeo.

Fra i suoi compagni di strada vi è adesione al progetto?

Molti miei colleghi lo condividono. Maggiori perplessità provengono da gruppi presenti soprattutto a Montecitorio. Taluni parlamentari dei Popolari per l’Italia hanno manifestato un appoggio agli orientamenti di sinistra riformatrice impersonati da Matteo Renzi. Ma noi non aderiamo al Partito socialista europeo e neanche all’Alleanza dei liberali e democratici. Restiamo con orgoglio nel PPE, con le sue forti radici democratico-cristiane. Per questo motivo reputo difficile la costruzione a breve di un partito unico.

Soprattutto con tante spinte a conservare le singole identità.

È il grande problema presente nelle realtà politiche, il “trionfo del particulare” messo in luce nel 16° secolo da Francesco Guicciardini. Un fenomeno concentrato nei piccoli gruppi, in cui i personalismi dei capi e dei loro comprimari conservano un peso notevole. Più accentuato rispetto alle grandi forze, nelle quali le strategie e gli interessi si inseriscono in una logica ampia e corale.

Faccia degli esempi

Nei Popolari di Mario Mauro avevo la percezione di stare in un gruppo misto anziché in un partito. Ma la situazione più surreale l’ho vissuta in Scelta Civica, amalgama mal riuscito. Ricordo che nel 2013, mentre correvo come candidato montiano a governatore della Lombardia, Ilaria Borletti Buitoni – capolista di SC in una delle tre circoscrizioni regionali per la Camera – e Pietro Ichino – secondo nella lista da me capeggiata per il Senato – sostenevano il rappresentante del PD Umberto Ambrosoli.

Pensa che il cantiere popolare debba aprire le porte a Forza Italia?

FI si va connotando coma forze demagogica e populista, con un profilo poco identificabile con i valori del PPE. Rilevo a malincuore un trend esplicito di ostilità alla moneta unica che la avvicina a formazioni euro-scettiche come la Lega Nord o alle componenti più “borghesi” del Movimento Cinque Stelle. Quanto di più lontano dai padri fondatori dell’UE: Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Paul Henri Spaak, Konrad Adenauer. Ma non credo sia così l’elettorato di Forza Italia cui vogliamo rapportarci. Noi del Nuovo Centro-destra siamo rimasti al Silvio Berlusconi che nell’ottobre 2013 propose a Mario Monti di federare e guidare i moderati. Anche se poi l’economista della Bocconi ha deluso le aspettative.

Nessun accordo dunque con l’attuale Forza Italia  radicalmente ostile alle politiche di austerità e al Fiscal Compact?

Guardi che nel giugno 2011 fu Berlusconi a firmare in qualità di capo del governo i contenuti del Fiscal Compact, anticipando al 2014 il rispetto dei parametri di stabilità. Poi, tornato in Italia, incontrò l’opposizione del Carroccio sulla riforma del regime previdenziale e l’avversione generale nel cambiare il mercato del lavoro. Agli occhi dei mercati internazionali il nostro paese apparve vulnerabile e privo di volontà innovatrice. E subì una violenta speculazione finanziaria.

Vede in Angelino Alfano il profilo e le qualità di un leader riformatore?

Certo. Alfano, che peraltro presiede la Fondazione “Alcide De Gasperi”, ha mostrato coraggio nell’essere leale e non fedele nei confronti di Berlusconi. Perché un conto è la fedeltà verso un capo che può compiere gravi errori, un altro è la lealtà verso le istituzioni. “Amicus Plato sed magis amica veritas”, scriveva Aristotele. Il leader del Nuovo Centrodestra ha scelto di mettersi in gioco come federatore di un nuovo percorso e ha tutte le carte per candidarsi alla guida del nostro schieramento. Naturalmente attraverso primarie a cui spero partecipino Unione di centro e Popolari per l’Italia.

Ora servono le primarie per forgiare il leader del Centrodestra Popolare. Parla Gabriele Albertini

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