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Davanti al recente scandalo corruzione che è emerso a Venezia, Matteo Renzi non ha avuto dubbi: “L’amarezza è enorme e profonda, un politico indagato per corruzione fosse per me lo indagherei per alto tradimento”. Poi ha sentenziato: “Il problema sono i ladri, non le regole”.

Belle parole, di per sé assolutamente condivisibili. Chi potrebbe contraddirle? Viene di chiedersi, però, di là dello specifico caso veneto, il premier dove voglia far credere di essere vissuto fino ad oggi. La questione corruzione è un problema antico, il più endemico del sistema italiano. Le cause storiche sono rintracciabili in una certa mentalità levantina rinvenibile un po’ in chiunque, fin nella notte dei tempi. Ma come far finta che in oltre vent’anni in questo Paese non sia successo nulla? Quando, infatti, si tratta di una questione socialmente ed economicamente così rilevante, come evitare di includervi l’altro problema, vale a dire quello della mala giustizia e dei criteri con cui, ogni giorno, finiscono in manette e sotto il giogo mediatico questo o quel politico, questo o quell’amministratore, questo o quell’imprenditore, e così via?

Sembra che Renzi, in effetti, quando da Bruxelles osserva che il problema stringente sia la scarsa crescita del Paese, guardi soltanto a una faccia della medaglia, la solita che è presa in considerazione dalla sinistra, vale a dire appunto il nodo della criminalità che domina, come una mentalità diffusa, il nostro modo di concepire gli affari. Ma, in verità, sotto il percuotere della sciabola moralista, si finisce per eludere lo strapotere istituzionale e scandalistico del giustizialismo, il quale si ammanta poi di un moralismo politico che è esattamente l’anima ispiratrice del nostro collasso.

In fin dei conti, ad aver tradito i cittadini, in questi anni, è stata soprattutto la politica, incapace di difendere la libertà delle imprese da altri poteri che non producono altro che costi, non certo chi prova a fare qualcosa.

In quest’ultimo caso, poi, come nei precedenti, nessuno sa veramente che cosa sia accaduto, nessuno sa veramente se sono state fatte unicamente delle violazioni di leggi assurde, se è in atto un tentativo di delegittimare di nuovo una certa fetta di classe dirigente, o se invece abbiamo a che fare con un caso grave di criminalità al potere che ha abusato di soldi pubblici e di bisogni comunitari.

L’esperienza insegna che non lo sappiamo e forse non lo sapremo mai.

Lo sfondamento al centro è stato ormai realizzato felicemente da Renzi nell’ultima tornata elettorale. Lo sappiamo tutti. Adesso gli italiani si attendono la rimozione di petto delle vere cause che frenano l’economia, in primis l’eccessivo peso fiscale e il controllo del potere giudiziario, con la divisione delle carriere, la responsabilità civile dei magistrati e il ridimensionamento del personalismo di chi è chiamato a interpretare la sovrabbondanza di regole che strozzano, come un cappio, ogni ragionevole gestione di qualsiasi appalto o lavoro pubblico e privato.

Diciamo la verità. La corruzione non piace a nessuno, come a nessuno che paghi le tasse piace l’evasione fiscale. Ma se Renzi ha veramente il polso del paese, dovrebbe anche tener conto che ancor meno piace ai mercati e all’economia, e alla gente comune, la permanente minaccia legalista che immobilizza e respinge gli investimenti.

Chi parla con i piccoli e grandi imprenditori sa molto bene, tuttavia, che il primo problema a frenare la ripresa, oltre il costo del lavoro esorbitante, è la paura: paura di essere indagati, paura di trasgredire la legge, paura di sporcarsi le mani con l’incomprensibile onnipotenza della legge, complessa e contraddittoria come la burocrazia chiamata a interpretarla.

Ebbene, in questo frangente, proprio mentre esce l’eterna retorica delle regole, varrebbe la pena chiedersi che cosa Renzi voglia fare. Vuole continuare alla stregua di quello che siamo diventati sotto lo sperone dei poteri inquisitori e ricattatori, oppure vuole veramente che torniamo a crescere e arricchirci come facevamo un tempo, quando media e giudici avevano meno influenza d’imprenditori, politici e investitori?

Il nodo dell’Italia, e anche dell’Europa, sta tutto qua. Speriamo che Renzi lo capisca e se ne faccia carico con realismo e decisione. Altrimenti oltre al consenso, la sua leadership ben presto in nulla si differenzierà da quelle del passato, perdendo ogni possibilità di far tornare a galoppare una nazione, la nostra, ormai depressa, demotivata e quasi inesistente.

Mose, caro Renzi il problema è solo la corruzione?

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