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“E il mare concederà a ogni uomo nuove speranze come il sonno i sogni”. Ecco, così diceva Cristoforo Colombo. Italiano, navigatore. Il luogo comune di quello che siamo stati, abbiamo smesso di essere e siamo stati costretti a ridiventare. E di corsa.
Non ci rimane che prendere il largo, e in fretta. Andar via, lontano laddove corre l’economia tutta finanziaria che bulimicamente cerca investimenti, spiana, realizza, e scappa con in tasca il bottino stabilito a priori come wayout. Il Medio Oriente, il Brasile. E poi la Russia, quella degli Urali, dove a Нижний Новгород, sorge la G.A.Z., la Gor’kovskij Avtomobilnyj Zavod, la più importante azienda di automobili sovietica, lì dove una delle più grandi campane, quelle della cattedrale di Aleksandr Nevskij scandisce le ore di lavoro dell’ex indotto Fiat.

Le forze vive del paese che, per loro fortuna, non hanno i mezzi per condizionare la politica nostrana, che non sono mai stati editori di nulla se non di qualche vanitoso prodotto di self publishing, che non sono mai stati bru bru, vanno altrove a fare valere le loro competenze. Ed è semenza che cerca il passero che la porta a germinare altrove. In Italia rimane il nido, finché le tasse, sul reddito e sul patrimonio non rendano impossibile, oltre al mercato del lavoro, anche il mantenimento delle proprie radici.

A chi rimane a fare pesca di riva anziché di mare, di mare aperto, non rimane che andare di sciabica. Prendere e calare la prima resta, il primo braccio, poi il corpo della sciabica, quindi il secondo braccio e infine tornare a riva con il capo della seconda resta in un punto, il più vicino possibile al punto in cui si era entrati. E sperare. Sperare che nel corpo della sciabica si siano impigliati pesci a sufficienza per fare giornata.
Anche nella pesca a riva ci vuole uno che comanda le operazioni. Il decisore. Il capofamiglia, il più spacchioso ovvero colui che dell’arte delle pesca con la biascica ha conoscenza e perizia.
In Sicilia questo tipo di pesca si chiama u vota vota. Già, manco a farlo a posta. In quel girare e rigirare per poi tornare al punto di partenza c’è proprio la metafora della nostra politica. Che pesca sempre nello stesso specchio di mare, che non vuole mai bagnarsi troppo. E che finendo per prendere pochi pesci avrebbe fatto meglio a rimanere a dormire.

Vota vota: lo stallo di una politica sciabica

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