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Questo commento e’ stato pubblicato ieri da L’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi

Non la serietà della fonte, che è l’Istat, né la reazione del presidente del Consiglio (“allucinante!”, ha detto Matteo Renzi), possono davvero dare l’idea di che cosa voglia dire avere il tasso di disoccupazione al 12,9 per cento: il più alto mai registrato in Italia da trentacinque anni. Vuol dire, per esempio, che quasi un giovane su due nell’età fra i quindici e i ventiquattro anni, cioè quando si vuole mangiare il mondo, in realtà è senza lavoro. Vuol dire che la tempesta della crisi è in pieno corso, nonostante i vari annunci di arcobaleno fatti dai governi in successione. Vuol dire che la politica ha una priorità: rilanciare l’economia. Con decreti-legge subito, con impegni concreti e visione lungimirante, con la consapevole previsione di dover anche litigare a Bruxelles per rimettere l’Italia in cammino.

Eppure, non rivelano tutto i dati nudi e crudi sui tre milioni e trecentomila cittadini senza lavoro (poco sopra la media europea e con Paesi come la Spagna messi ancor peggio di noi). Sono cifre drammatiche, ma la realtà lo è persino di più. Come tante famiglie sanno, per vedere la crisi in faccia basta fare la “prova della tavolata”, bellissima tradizione italiana, di solito domenicale, di pranzo o cena con parenti o amici: neppure la globalizzazione è riuscita a sradicarla.
Ebbene, per molti commensali quest’appuntamento s’è trasformato da tempo anche nell’occasione di ascoltare che cos’è successo allo zio, al cugino, all’amico d’infanzia, padri di famiglia che magari dall’oggi al domani sono rimasti a casa e senza stipendio. Oppure di sentire le umiliazioni della figlia plurilaureata, che s’è stufata di mandare in giro il curriculum a cui nessuno si degna neppure di rispondere. E poi qualcuno, che ha sempre trovato la pappa pronta, viene oggi a dire che i nostri ragazzi siano “svogliati e senza ambizioni”.

A tavola capita anche di condividere lo sfogo affettuoso dei nonni, che di nascosto danno la paghetta ai nipoti, studenti o lavoratori senza soldi. O la preoccupazione di quei genitori che almeno un tetto possono ancora offrirlo ai loro figli esclusi. Altro che “bamboccioni”: neanche le banche osano scommettere sui ragazzi e le coppie senza soldi, prestandoli per pagarsi l’affitto, il mutuo, l’inizio di un’attività.
La storia delle persone vale molto più dei numeri, e ciascuno di noi ha una storia da raccontare. Il lavoro non è più soltanto un’emergenza sociale, ma il primo atto di umanità che il nuovo governo ha il dovere di compiere a qualunque costo.

 

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