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Credibilità, rinnovamento e rischio: ecco il trittico di motivazioni che, secondo il deputato renziano Andrea Martella, uno dei fedelissimi del sindaco di Firenze, lo hanno spinto a scegliere la staffetta con Enrico Letta anziché “urne al buio”. E con l’obiettivo dichiarato di fare la guerra ad ogni conservatorismo, con uno sguardo magari ad una maggioranza allargata.

Perché la staffetta e non le urne?
Perché nel corso degli ultimi mesi il governo non è riuscito ad avere un’azione incisiva per contrastare la crisi economica, così come era necessario fare. Renzi ha portato un impulso estremamente forte per l’intero sistema grazie all’accordo sulla legge elettorale e sul titolo V. Si è così venuto a creare un clima nuovo, che in questo momento si concretizza anche con una fase politica nuova, quindi con un nuovo governo.

Proprio nessun rischio?
Si è chiusa una fase e se ne apre un’altra. Il rischio c’è, sia per il Pd e per Renzi, anche perché la via maestra rimane quella del passaggio elettorale che si è convenuto fosse in questo momento un rischio superiore.

Quali tre buoni motivi per cui Renzi dovrebbe riuscire lì dove Letta ha fallito?
Intanto il primo ha ottenuto una forte legittimazione popolare con le recenti primarie, è portatore di un fortissimo tasso di innovazione e dinamismo, e il quadro politico di oggi appare molto diverso rispetto ai primi giorni del governo Letta.

Con la medesima maggioranza?
Credo che la maggioranza possa anche allargarsi, con il Pd a fare da motore nel nuovo esecutivo, cosa che fino a ieri non si era esplicitata. Penso alle vicende legate all’Imu che hanno caratterizzato gli ultimi mesi. Mi auguro si formi una squadra di governo che su settori cruciali abbia ben presente questo cambiamento.

Come evitare il rischio del manuale Cencelli nella scelta dei ministri? Non sarebbe capito da chi ha eletto alle primarie il rottamatore…
Credo che Renzi ce lo abbia bene chiaro in mente, dovrà essere a mio modo di vedere un governo fortemente renziano, con una notevole discontinuità sia dai precedenti rappresentanti politici sia dagli equilibri politici del passato. Occorrerà una capacità di rottura mescolata a nomi che caratterizzino il nuovo corso in settori cardine, come l’economia e l’industria. Quindi più risorse della società civile e personalità robuste, non nomi che accontentino gli avversari.

Il job act può essere quel grimaldello per rompere vecchi schemi?
L’elemento di vera innovazione politica sarà la possibilità di proseguire sul terreno delle riforme: così dimostreremo che la politica cambia, per riacquisire credibilità. Questa credo sia la missione principale di Matteo. Dal punto di vista economico, il job act è un punto di forza, per consentire di semplificare la normativa del lavoro e per consentire di creare nuova occupazione. Sarà possibile solo con la crescita dell’economia e con i consumi che tornano a circolare. Vorrei inoltre ricordare che Renzi si caratterizza per tutti i concetti espressi in occasione delle primarie, con un’idea di cambiamento e non di conservazione della società italiana.

Come replicare alle critiche di chi sostiene che il Pd, pur non avendo vinto le elezioni, ha espresso due premier, Letta e ora Renzi?
In questo momento nuove urne sarebbero state solo un salto nel buio, pertanto il rischio che Renzi si assume è quello di governare l’Italia partendo dall’attuale maggioranza e magari allargandola per cambiare il sistema. Solo in seguito andare alle elezioni con schieramenti alternativi.

twitter@FDepalo

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