Skip to main content

Il 2060 è dietro l’angolo viene da dire, leggendo l’ultimo report della Commissione europea dedicato alla questione previdenziale. E dietro l’angolo c’è un’Europa vecchia e triste, alle prese con un’orda di anziani che dovranno continuare a lavorare, in un modo o nell’altro, per poter vivere, con gli stati costretti a politiche fiscali sempre più oppressive per garantire ciò che evidentemente non è più possibile garantire: una pensione dignitosa alle crescenti popolazioni europee.

Questa evidente verità viene celata dalla Commissione dietro i soliti paludati tecnicismi: Tipo: collegare l’età pensionabile all’allungamento della durata della vita. Oppure: adeguare i coefficienti di adeguatezza delle pensioni. O magari: sostenere politiche di invecchiamento attivo. Che poi significa mini pensioni integrate da mini jobs, e magari da una mini rendita previdenziale privata. Senza che sia detto che tutte queste minicose giovino alla bisogna.

La verità che qualcuno dovrebbe dire e che nessuno pronuncerà mai è un’altra: la pensione, ossia la previdenza pubblica, si trova davanti al suo personale tornante della storia. Quella che fu la principale invenzione del welfare novecentesco, sublimazione del desiderio delle classi popolari e borghesi di concludere l’esistenza da rentier, è finita sul banco degli imputati e non è detto che il processo finirà bene. Le pensioni rischiano di continuare ad esistere di nome, ma non di fatto.

Anche perché, al di là delle questioni fiscali, sono quelle demografiche che preoccupano più di tutto. E poi quelle circostanziali. L’alto tasso di disoccupazione giovanile del nostro tempo – i giovani di oggi dovrebbero essere i pensionati del 2060 – rischia di essere l’ennesimo detonante di un situazione di per sé esplosiva.

Talché è giusto chiedersi: si salverà a previdenza pubblica? O il sogno nato nella Germania di Bismarck è destinato a finire?

Non aspettatevi un risposta. Chiedetevi piuttosto se non sia saggio, da oggi in poi, iniziare a guardare la vita senza la prospettiva di una pensione. Pensare al peggio, talvolta, aiuta a stare meglio.

La questione demografica dell’Europa è nota, ma vale la pena ricordarne solo i tratti salienti. Le proiezioni, credibili quanto le previsioni del tempo, stimano che la popolazione dell’Europa passerà dai 502 milioni del 2010 ai 517 milioni del 2060. I maggiori incrementi di popolazione sono attesi in Gran Bretagna, che dovrebbe diventare il paese più popoloso dell’Europa superando la Germania, la cui popolazione è prevista in calo, in Irlanda, nel Lussemburgo, a Cipro e in Belgio.

Ma il problema è che di fronte a valori assoluti moderatamente in crescita, c’è un drammatico cambiamento dei valori relativi nel 2060. Mentre la quota di popolazione da 0-14 anni è prevista costante, diminuirà quella nella fascia 15-67 anni, passando dal 67 al 56%. A fronte di ciò gli ultra65enni passeranno dal 18 al 30% della popolazione: uno su tre. Gli ultra80enni, poi, passeranno dal 5 al 12%.

Quest’esercito di anziani farà sballare definitivamente l’indice che monitora il rapporto fra vecchi e giovani (demographic old-age dependency ratio), ossia il rapporto fra gli ultra65enni e quelli fra 0-64. Nel 2060, infatti, si prevede che tale rapporto passerà dall’attuale 26% al 52,5%: il doppio. Ciò ha un significato molto pratico: vuol dire che anziché avere quattro persone in età di lavoro (considerando anche gli infanti) per ogni ultra65enne, com’era nel 2010, ne avremo solo due.

Se l’indice demografico lo traduciamo nell’indice economico corrispondente (effective economic old-age dependency ratio), quindi depurandolo dalla popolazione under 15 e considerando solo la popolazione effettivamente in età da lavoro, il risultato ovviamente peggiora. Dal 39% dell’Ue nel 2010, al 70% nel 2060. E considerate che questo dato è una media. In Italia è previsto si vada ben oltre l’80% fino a sfiorare il 90. In Romania si prevede che si supererà il 100%. Una situazione economicamente ridicola, per non dire tragica.

Nell’Eurozona va ancora peggio: dal 42% del 2010 al 72% nel 2060. In pratica ci saranno tre ultra65enni ogni quattro 15-64 enni. Se ci mettete dentro il rischio disoccupazione, che la Commissione non considera nel suo studio, capite bene perché la situazione sia drammatica.

Pensate al caso italiano. Pochi giorni fa l’Istat ha ricordato che la disoccupazione giovanile italiana ha superato il 40%. A fronte di ciò abbiamo una legislazione giudicate fra le più equilibrate (lato sostenibilità previdenziale) dell’eurozona.

Le tabelle della Commissione mostrano infatti che, a legislazione vigente, l’età pensionabile italiana nel 2060 sarà di 70 anni e 3 mesi, fra le più alte in Europa. Come dovrebbe fare l’oltre 40% di giovani disoccupati di oggi ad avere una pensione, una volta diventati ultra70enni, se non avranno versato contributi sufficienti?

Questo la Commissione non lo dice. Nel suo lungo studio si limita a suggerire soluzioni tecniche per rendere sostenibile il costo della previdenza per gli stati, che vi risparmio perché tanto le saprete già: sono sempre le solite e si basano sul principio di pagare pensioni sempre più magre per sempre meno tempo.

E’ più interessante riflettere sul dato sociale, visto che la tendenza di quello economico (pensioni di valore minore per un tempo minore) è ormai chiaramente delineata.

Abbiamo costruito società che perseguono dogmaticamente l’allungamento della vita anagrafica.

Adesso ci dicono però che, di conseguenza, bisogna aumentare quella lavorativa, con buona pace per i giovani disoccupati, sennò non gliela si fa. Gli stati non ce la fanno. Ossia lo stesso sistema che ha perseguito l’allungamento della vita.

Ci dicono per giunta che la fonte maggiore di rischio di queste previsioni è che non sappiamo quanto il miglioramento della qualità della vita inciderà in futuro sull’aumento dell’età anagrafica. Quindi in sostanza che potremmo vivere assai più di quanto pensiamo oggi.

Ci dicono in sostanza che vivremo a lungo, più di quanto pensiamo, ma che rischiamo di doverlo fare con pensioni ridotte all’osso e sperando di essere abbastanza in salute per lavorare ancora.

Sicché gli europei di domani saranno “condannati” a vivere una lunga vecchiaia di povertà, inseguiti peraltro dalla maldicenza crescente del resto della popolazione, che dovrebbe farsi carico di loro. Una specie d’inferno.

Questa è la triste vecchiaia che attende l’Europa.

La triste vecchiaia dell’Europa

Il 2060 è dietro l’angolo viene da dire, leggendo l’ultimo report della Commissione europea dedicato alla questione previdenziale. E dietro l’angolo c’è un’Europa vecchia e triste, alle prese con un’orda di anziani che dovranno continuare a lavorare, in un modo o nell’altro, per poter vivere, con gli stati costretti a politiche fiscali sempre più oppressive per garantire ciò che evidentemente…

L’Occidente allo specchio

In un immaginario novello libretto per un “Così fan tutti” oggi leggeremo … e la fede dell’Occidente, come l’Araba Fenice, dove sia nessun lo sa… Il problema esiste, è evidente, ed è grave. Cosa resta dell’Occidente? La mia generazione è stata cresciuta nella fede occidentale nella democrazia, nei diritti umani, nello sviluppo economico e sociale, e poi nella cooperazione internazionale,…

La lungimiranza di Renzi e Berlusconi

Il patto della concordia democratica autorevolmente sottoscritto a via del Nazareno, nella sede del Pd, è a favore di un impegno a riprendere la via politica della ragionevolezza. Non è contro nessuno, anche se le resistenze biliose non sono mancate e potrebbero addirittura moltiplicarsi. I capi dei due maggiori partiti hanno convenuto che una guerra civile infinita fa male al…

L'Italicum è più forte di Cuperlo e Alfano

E’ noto che la perfezione non è di questo mondo, quindi come sia possibile pensare che esista una sorta di legge elettorale idealmente perfetta, che possa da sola garantire pace, fratellanza e amore universale risulta davvero difficile da comprendere, almeno per quel che mi riguarda. Giungere poi a scervellarsi nel tentativo di raggiungerne una perfetta in una repubblica come quella…

Come mettere le Ali ai veri liberali?

Dopo l'editoriale di Formiche.net, e l'intervento di Marcel Vulpis per il Pli, pubblichiamo la lettera di Silvia Enrico, coordinatrice nazionale di Ali (Alleanza Liberaldemocratica per l'Italia) Caro direttore, sulla necessità che i liberali sparsi in Italia - in una miriade di movimenti - si uniscano, non saprei che altro aggiungere se non che ALI è nata proprio con tale obbiettivo…

Landini, Riccardi e Rangeri si spulciano il carteggio tra Bettini e Ingrao. E il maestro Pizzi li pizzica

È stata scelta una location suggestiva come il Tempio di Adriano, Piazza di Pietra a Roma, per presentare il carteggio tra Goffredo Bettini, esponente del Partito Democratico, e Pietro Ingrao, dirigente storico del Pci ed ex presidente della Camera, intitolato “Un sentimento tenace. Riflessioni sulla politica e sul senso dell’umano“, alla presenza di Norma Rangeri, direttrice del quotidiano Il Manifesto, Andrea Riccardi, professore di Storia contemporanea…

Come e perché ripensare il Fiscal Compact

Nei felpati saloni di Palazzo De Carolis, a via del Corso a Roma, il 20 gennaio l’Istituto Affari Internazionali (Iai) ha organizzato un interessante seminario internazionale sul ruolo delle infrastrutture (specialmente trasporti e reti telematiche) nell’Europa del "dopo crisi". IL FEDERALISMO SPINELLIANO Vale la pena ricordare che lo Iai, nei suoi circa 50 anni di vita, è sempre stato il…

L'insano amore della Rai per il canone

Ci vorrebbe un po’ di senso del limite o del ridicolo. Forse basterebbe solo un po’ di decenza per evitare la figura penosa che la Rai sta facendo con la sua idea di ricorrere al Tar del Lazio per avere un po’ di  soldi in più. La tv pubblica, totalmente di proprietà del Tesoro, che si finanzia con il canone…

I meriti del Renzinellum e la mitologia del voto di preferenza

Spagna, Germania, Austria, Olanda e Portogallo hanno le liste bloccate. Belgio, Danimarca, Finlandia e Grecia hanno le preferenze. Queste ultime sono state bocciate dagli italiani con i referendum del 1991 e del 1993. E con maggioranze travolgenti: del 96 per cento nel primo, dell'83 per cento nel secondo. Allora le preferenze erano considerate un veicolo di dilatazione dei costi della…

rifiuti

Ecco come rottamare le discariche

Ancora il 45% di spazzatura finisce in discarica. E molti di questi rifiuti spesso non sono trattati. Troppa roba, 14 milioni di tonnellate circa, che il nostro sistema "rifiuti" non gestisce come dovrebbe, e che colloca l'Italia tra i peggiori Paesi dell'Ue. Eppure la raccolta differenziata non è da "buttare", ma necessiterebbe di un Piano per l'efficienza dell'intero sistema. Il…

×

Iscriviti alla newsletter