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“Siamo diventati poveri, umiliati. Poveri non economicamente, ma umanamente. E’ una chiesa scoraggiata”. Parole dure, per certi aspetti impietose quelle pronunciate lo scorso 10 dicembre a Milano dal cardinale di Vienna, Christoph Schönborn. Il cardinale di riferiva alla situazione della chiesa di Vienna, ma quelle parole possono benissimo essere usate per tante altre situazioni, in Italia, in Europa e nel mondo intero. Parliamoci chiaro,  i cattolici oggigiorno sono una minoranza. Questo è il dato di fatto, incontrovertibile, da cui partire. Sulle cause si può e si deve discutere, ma volendo andare all’osso i fattori che hanno portato a questa situazione sono sostanzialmente due. Uno, per così dire ad intra, è la crisi di fede che ha colpito la chiesa all’indomani del Vaticano II (ma non, come i tradizionalisti dicono, a causa del Vaticano II), che in estrema sintesi si può riassumere nel fatto che il cristianesimo ha cessato di essere un fatto per diventare una religione dove l’uomo si serve di Dio (è l’immagine del “Dio tappabuchi” cara a D. Bonheffer) e, come conseguenza di ciò, progressivamente vi è stata una scollatura tra fede e vita, per cui la prima cessa di essere la linfa dell’esistenza quotidiana per ridursi ad un insieme di precetti e riti stantii. Il secondo fattore, questa volta ad extra, è dato dal fatto che soprattutto a partire dalla fine degli anni’60, con una virulenza crescente, l’intero impianto della cultura e della morale cattolica sono state, e sono tuttora, oggetto di una campagna secolarista e laicista tesa a cancellare il cattolicesimo dalla vita dell’uomo e della società occidentali. E senza dimenticare che in altre, tante zone del mondo la caccia al cristiano, una vera e propria persecuzione religiosa, continua a mietere migliaia di martiri ogni anno, spesso nel più totale disinteresse dell’opinione pubblica.

Che fare, dunque? Come vivere, allora, – per tornare al discorso del cardinal Schönborn da cui siamo partiti – questa situazione di chiesa umiliata, diminuita, scoraggiata? Come uscirne?

Per il cardinale di Vienna – in grande sintonia con la linea di Papa Francesco –  la “ricetta” è chiara: tornare al Vangelo: “Questa è la grande sfida che dobbiamo accogliere. Come vivere il Vangelo nella società secolare, dove siamo una minoranza.” Con l’ovvio presupposto (ovvio naturalmente per chi sappia guardare alla cose di Dio con gli occhi della fede, senza indulgere in vuote lamentazioni sui bei tempi della cristianità), che questa condizione non sia da disprezzare ma a anzi da accogliere come una parola di Dio per i nostri tempi, posto che Gesù stesso ha pensato la presenza della chiesa nel mondo come sale, luce e lievito, certo non come una multinazionale che macina utili e profitti. Il successo, inteso in senso mondano, non s’addice ai cristiani. Ogni tanto è bene ricordarlo. Quanto alle persecuzioni, al domanda è la stessa: che fare? Alzare la voce, ribellarsi, scendere in piazza? Oppure subire e tacere? Credo che una delle sintesi migliori si trovi in Resistenza e Resa, del già citato pastore e teologo protestante Dietrich Bonhoeffer, ucciso dai nazisti nel carcere di Flossenburg per la sua opposizione al regime. Il titolo del libro prende spunto da una lettera del 21 febbraio 1944, scritta durante la prigionia, in cui Bonhoeffer spiega il significato del suo “resistenza e resa”. In gioco c’è il rapporto dell’uomo con quello che l’autore chiama il “destino”, e che noi potremmo tradurre con la “volontà di Dio”. “Mi sono chiesto spesse volte – scrive Bonhoeffer – dove passi il confine tra la necessaria resistenza e l’altrettanto necessaria resa davanti al «destino»”. Per poi aggiungere “…dobbiamo affrontare decisamente il «destino»…e sottometterci ad esso al momento opportuno”. Lungi dal prospettare un atteggiamento di passiva rassegnazione o, al contrario, di esacerbata reazione, secondo Bonhoeffer i cristiani sono chiamati ad assumere un “destino”, a vivere cioè la propria “ora”, sapendo che anche laddove il male avanza, lì c’è un disegno divino che va oltre. Oltre gli schemi, i pensieri, le paure. Certo non è facile discernere quando è tempo di resistere e quando è tempo di arrendersi. Di una cosa però i cristiani possono esser certi, e da questa trarne consolazione: che nell’un caso come nell’altro, è Dio che governa la storia, anche quando permette che i suoi figli siano rifiutati o perseguitati.

Cattolici in minoranza. Resistenza e resa

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