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Crescono le chances di Marco Rubio come vice di Trump. Ecco perché

C’è stato un tempo in cui Trump e Rubio non si amavano affatto. Durante le primarie presidenziali repubblicane del 2016, i due divennero acerrimi avversari, non risparmiandosi pesanti stoccate reciproche. Poi, dopo l’arrivo alla Casa Bianca, i loro rapporti sono notevolmente migliorati. Va detto però che Trump non ha intenzione di rivelare il nome del suo candidato vice prima della Convention nazionale repubblicana, che si terrà a Milwaukee in luglio

Marco Rubio sarebbe in pole position per diventare il candidato vice di Donald Trump. A riportarlo è stato The Hill appena pochi giorni fa. Per essere precisi, sono mesi che il nome del senatore della Florida viene annoverato tra i papabili running mate dell’ex presidente repubblicano. Tuttavia sembrerebbe proprio che, negli ultimi giorni, le sue quotazioni siano notevolmente salite. Tanto che da più parti si ritiene che possa presto cambiare la propria residenza, visto che, esattamente come Trump, è cittadino dello Stato della Florida.

Ricordiamo infatti che il XII Emendamento prescrive che “gli elettori si riuniranno nei rispettivi Stati e voteranno a scrutinio per il presidente e il vicepresidente, uno dei quali almeno non dovrà essere abitante del loro stesso Stato”. Il che crea una situazione delicata. È vero che, nel 2000, Dick Cheney, si trasferì dal Texas al Wyoming per poter diventare il running mate di George W. Bush (che del Texas era governatore). Il nodo tuttavia sta nel fatto che, qualora cambiasse residenza in un altro Stato, è possibile che Rubio debba rinunciare al proprio seggio senatoriale in Florida. Dal punto di vista tecnico, non sarebbe in realtà costretto a farlo, ma potrebbero comunque verificarsi dei ricorsi sul piano legale.

Come che sia, il dato politico è rilevante. Cominciamo col ricordare che c’è stato un tempo in cui Trump e Rubio non si amavano affatto. Durante le primarie presidenziali repubblicane del 2016, i due divennero acerrimi avversari, non risparmiandosi pesanti stoccate reciproche. Poi, dopo l’arrivo dello stesso Trump alla Casa Bianca, i loro rapporti sono notevolmente migliorati. Lo scorso gennaio, il senatore della Florida ha dato il proprio endorsement al tycoon, deludendo notevolmente Nikki Haley che, nel 2016, aveva appoggiato Rubio alle primarie. “Sostengo Trump perché questo tipo di leadership è l’unico modo in cui otterremo le azioni straordinarie necessarie per risolvere il disastro creato da Biden”, affermò Rubio a gennaio.

Va detto che Trump non ha intenzione di rivelare il nome del suo candidato vice prima della Convention nazionale repubblicana, che si terrà a Milwaukee in luglio. Inoltre, va anche sottolineato che continuano a essere in lizza per la poltrona vari nomi: da Tim Scott a JD Vance, passando per Elise Stefanik. È tuttavia chiaro che, optando eventualmente per Rubio, l’ex presidente punterebbe a conseguire (almeno) tre obiettivi. In primo luogo, il senatore della Florida è un cubano-americano: ragion per cui, scegliendolo, Trump spererebbe di aumentare i propri consensi tra gli ispanici. Una quota elettorale, questa, rispetto a cui starebbe ultimamente guadagnando terreno soprattutto Robert Kennedy jr. In secondo luogo, è chiaro che, scommettendo su Rubio, il candidato repubblicano mirerebbe a blindare definitivamente la Florida: uno Stato che comunque era già riuscito a conquistare sia alle presidenziali del 2016 sia a quelle del 2020.

C’è infine un terzo elemento da considerare. Rubio è una figura piuttosto vicino all’establishment della sicurezza nazionale. È inoltre stato co-sponsor della legge che, approvata lo scorso dicembre, impedisce al potere esecutivo – vale a dire al presidente degli Stati Uniti – un ritiro unilaterale dalla Nato senza l’approvazione del Congresso. Ebbene, non è improbabile che, guardando a Rubio, Trump punti a tendere un ramoscello d’ulivo agli apparati del Pentagono e del Dipartimento di Stato. Tutto questo, senza dimenticare che, ad aprile, l’ex presidente ha incontrato un suo storico alleato come il presidente polacco, Andrzej Duda, con cui ha parlato, tra le altre cose, anche di crisi ucraina.

Sarà un caso, ma, sempre ad aprile, Trump ha salvato lo Speaker della Camera, Mike Johnson, da una mozione di sfiducia mossa dalla deputata Marjorie Taylor Greene: una mossa, quella di Trump, che ha indirettamente reso possibile l’approvazione del nuovo pacchetto americano di assistenza militare a Kyiv. Segno questo che, in previsione di un eventuale ritorno alla Casa Bianca, l’ex presidente desidera maggiore armonia con gli apparati governativi e, soprattutto, dare un segnale di vicinanza ai suoi alleati internazionali più stretti, oltre che alla stessa Alleanza atlantica. Ecco, la scelta di Rubio come vice potrebbe aiutarlo da questo punto di vista.

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