Ora è tutto chiaro. Il capitombolo che ha affossato nei giorni scorsi in Borsa le banche italiane, in primis Mps, è tutta colpa della Bce. Il colpevole, l’Istituto centrale presieduto da Mario Draghi, è stato scovato da un inchiestista d’eccezione: il ministro dell’Economia e delle Finanze, Piercarlo Padoan.
“Gestione della comunicazione poco accorta da parte della vigilanza Bce“, ha detto Padoan. E a causa di quell’errore, ha aggiunto, “c‘è stata una redistribuzione della ricchezza“.
E sì che al Tesoro sono da tempo impegnati pure a dare le pagelle ai giornalisti, leggere per credere questo blog che non ha eguali in altri Paesi (ma forse ignoriamo cosa succede in alcuni Paesi dittatoriali). Dunque: colpa di Draghi. O meglio della vigilanza Bce guidata da Danièle Nouy, che continua a chiedere spiegazioni e delucidazioni alle banche vigilate. Così un questionario inviato dall’istituto di Francoforte a 40 banche europee – di cui ha dato conto la Reuters con un’indiscrezione – ha fatto temere il peggio specie per le 6 banche italiane che avevano ricevuto le domandine dalla Bce.
Per fortuna, dunque, ci pensa il Tesoro italiano a calmare le acque. Eh sì, solo grazie alla genialata di tante mini bad bank ad hoc – genialata avuta dal ministero dell’Economia – che potranno essere costituite da ogni singolo istituto in caso di bisogno con garanzie pubbliche, l’incendio borsistico che era divampato soprattutto sul Monte è stato spento. Questa la ricostruzione del quotidiano La Stampa non smentita dal Tesoro.
Sulle azioni meritorie del governo e delle istituzioni nazionali non è troppo convinto l’economista Alessandro Penati che ieri su Repubblica ha scritto: “La penalizzazione di alcune nostre banche è il risultato di una ristrutturazione del settore mai affrontata con risoluzione e di alcuni errori delle autorità. Il primo è non aver compreso le conseguenze della cessione dei crediti delle 4 banche in dissesto al Fondo di Risoluzione a 18 cent. Un prezzo stabilito proprio dalle banche italiane, che finanziano il Fondo, e che hanno così offerto al mercato un’informazione cruciale per valutare i loro attivi: bastava una calcolatrice per stimare in circa 35 miliardi la svalutazione, ovvero il 25% di capitalizzazione in meno del settore“.
Dunque in verità l’incendio sulle sofferenze bancarie è stato attizzato dal decreto sulla risoluzione delle 4 banche. Con il provvedimento le sofferenze cumulate dei 4 istituti hanno subìto una svalutazione da 8,5 a 1,5 miliardi di euro, in modo da agevolare la rapida vendita degli istituti sul mercato, è stato detto.
Poffarbacco. Ma poi si scopre che in verità quei numeri incendiari che hanno diffuso ulteriormente timori e apprensione sulle sofferenze (ossia le svalutazioni di cui parla ad esempio Penati) sono stati dettati dalle istituzioni europee, in primis Commissione europea. La stessa Commissione che ha consentito a Paesi come la Germania di utilizzare fondi pubblici per salvare le banche anche statali (qui un utile pezzo di Mario Seminerio) ma poi dice no alle ricapitalizzazione di banche locali da parte di un privatissimo fondo (il Fondo interbancario di tutela dei depositi alimentato da da risorse del sistema bancario).
Però poi nei meandri di un recente articolo circostanziato del Corriere della Sera sulle questioni bancarie europee si legge: “Sul piano tecnico l’impegno del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è stato costante, quello del suo direttore generale Vincenzo La Via no. Nessuno in Commissione, o nel gelido palazzo di Elke König, sembra averci mai parlato dei vitali dettagli bancari che potrebbero decidere il futuro del Paese“. Dunque il Tesoro italiano politicamente – come era stato detto papale papale settimane fa – è stato ectoplasmatico a Bruxelles. (E non solo a Bruxelles, si pensa sempre più a Palazzo Chigi).
Ma non era tutta colpa della Bce?
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