Bene le priorità e i programmi, ma sul Recovery bisogna passare ai fatti, dice il sindaco di Parma Federico Pizzarotti. Conte e i Cinque Stelle? Mancano idee e identità. Porte aperte al Pd, a patto che…
“Serve chiarezza sugli strumenti, altrimenti quelle del Pnrr rischiano di rimanere solo buone intenzioni e belle speranze”. E ancora, sull’alleanza tra cinquestelle e Pd anche in vista delle amministrative in programma il 3 e il 4 ottobre: “L’errore è pensare che possa bastare la somma aritmetica di queste due forze politiche. Mi pare che entrambe debbano invece concentrarsi soprattutto sulla linea, che non è chiara”.
Parola di Federico Pizzarotti, sindaco di Parma al secondo mandato, presidente di Italia in Comune e primo volto noto vincente del movimento, dal quale uscì tra le polemiche nell’autunno del 2016. Un’era geologica fa, considerato cos’è accaduto nell’ultimo quinquennio. “Ma per me il campo del centrosinistra non è in discussione dal punto di vista dei valori e degli obiettivi”, ha commentato ancora Pizzarotti, che nel corso dell’intervista ha parlato anche di Recovery Fund e di governo.
L’esecutivo guidato da Mario Draghi – ad avviso del sindaco di Parma, che lunedì mattina prenderà parte all’evento dal titolo “Restart Emilia-Romagna. Sfide e priorità per il rilancio dell’economia regionale”, organizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) con la media partnership di Formiche (qui il link al programma e per iscriversi al dibattito) – ha fatto bene nell’indicare le priorità della ripartenza italiana ma è ancora troppo indietro sugli strumenti e le tempistiche. E poi – ha affermato Pizzarotti – “non ha sufficientemente valorizzato i sindaci in questo processo”.
Sindaco Pizzarotti, mi pare che tutto sommato sia abbastanza critico nei confronti del governo. Cosa gli imputa?
Di non aver definito il ruolo dei primi cittadini nella partita fondamentale del Recovery Fund e di non aver ancora chiarito come saranno distribuite le risorse. E poi non sappiamo neppure quali saranno le procedure e chi le dovrà gestire concretamente. Tutto questo, a mio avviso, è grave perché non ci consente di programmare.
Qual è in questo senso il suo appello a Palazzo Chigi?
Lo stesso che stiamo rivolgendo da numerosi mesi anche con l’Anci: occorre un cambio di passo se vogliamo che il Piano nazionale di ripresa e resilienza produca gli effetti positivi attesi. Serve chiarezza sugli strumenti, altrimenti quelle del Pnrr rischiano di rimanere solo buone intenzioni e belle speranze.
Alla luce di queste posizioni, possiamo dire che il suo giudizio sull’operato dell’esecutivo Draghi è negativo?
Il mio giudizio è positivo a proposito delle priorità indicate. Il problema è che non è stato ancora detto nulla sul come, che non rappresenta proprio un elemento irrilevante. Dobbiamo effettuare investimenti strutturali, benissimo. Anzi, finalmente. Ma qualcuno ci vuole dire chi dovrà occuparsene e in che modo? L’obiettivo non può essere solo delineare giusti principi, ma anche, o meglio soprattutto, dargli concreta attuazione.
Senta Pizzarotti ma, a proposito di sindaci, come mai a suo avviso un po’ tutte le forze politiche, chi più e chi meno, hanno faticato a trovare possibili candidati interessati?
Abbiamo fatto una manifestazione il 7 luglio a Roma come Anci per chiedere più attenzione verso i sindaci sotto il profilo dell’indennità che ricevono a fronte delle responsabilità e dei rischi cui vanno incontro. Si pensi ai procedimenti giudiziari ai quali vengono sottoposti troppo facilmente e spesso in maniera poco avveduta, considerate le pochissime condanne che si sono registrate negli anni, i primi cittadini. E’ chiaro che questi elementi incidano pesantemente sulla voglia di intraprendere un’eventuale avventura da sindaco.
Il suo ex partito, il movimento, è sembrato abbastanza in difficoltà in vista della prossima tornata elettorale. Da cosa dipende secondo lei?
Ci sono numerosi comuni nei quali il Movimento 5 Stelle non ha avuto neanche la forza di schierare né il candidato sindaco né la lista elettorale. Ad esempio a Bologna, dove tutto iniziò nel 2009 con l’elezione di Giovanni Favia a consigliere comunale, sosterrà il dem Matteo Lepore ma solo esternamente, senza neppure riuscire a presentarsi. Ad agosto 37 tra attivisti ed esponenti pentastellati hanno lasciato solo in Emilia-Romagna il movimento per aderire a “L’alternativa c’è”, il gruppo recentemente fondato da dissidenti ed espulsi. Un epilogo molto triste di una forza politica che poteva, a mio avviso, determinare molto meglio di quanto non abbia fatto le sorti del Paese.
Il nuovo movimento di Conte ha ancora bisogno di una fase di rodaggio a suo avviso?
Dopo le tante liti estive, Giuseppe Conte – che di fatto l’ha avuta vinta, perché ha cambiato lo statuto e preso in mano il movimento come voleva – non mi pare stia riuscendo a delineare una politica chiara. Sui talebani e l’Afghanistan, ad esempio, è stato detto tutto e il contrario di tutto. La sua voce non mi pare granché condivisa e rilanciata da parte dei principali esponenti pentastellati, ognuno sembra andare quasi in ordine sparso. Non c’è una visione coesa e soprattutto manca completamente il programma.
Una critica molto dura. E’ anche per via delle vecchie ruggini?
Ci mancherebbe, quella è acqua passata ormai. E poi non si tratta di una critica, ma di una costatazione. A parte il reddito di cittadinanza, sul quale ci sarebbe peraltro molto da discutere viste le storture, cosa è stato fatto? Quali sono i prossimi progetti? Perché qualcuno dovrebbe votare il movimento oggi? Non riesco a capire quale sia il programma, cosa definisca la loro identità, l’obiettivo politico che perseguono. A oggi tutto questo non lo vedo.
E il Pd? Il suo campo rimane quello del centrosinistra, ci ha detto.
Auspico che in qualche maniera si vada oltre il Pd, in modo che se ne amplino e se ne definiscano meglio i contorni. Oggi è evidentemente bloccato dalle correnti. Il Partito democratico per tornare ad essere davvero centrale nel Paese deve darsi una linea chiara. Penso a temi come lo Ius Soli, di cui si parla da anni senza risultati, e il ddl Zan, sul quale mi pare manchi un’indicazione precisa e condivisa da tutti. O, ancora, l’eutanasia legale e la legalizzazione della cannabis. Ci sono temi etici, legati alla dimensione dei diritti, sui quali il Pd non ha la forza di dire la sua perché bloccato dal correntismo e dal tatticismo politico.
Se dovesse innescarsi questo processo, sarebbe pronto a entrare nel partito?
Mi pare davvero poco interessante discutere di cosa farà Pizzarotti, ma in ogni caso sono pronto a dare il mio contributo. Ricordiamoci però che lo stesso Nicola Zingaretti, quando ha lasciato il Nazareno, ha sbattuto la porta e affermato di non riconoscersi nel partito. E se lo dice il segretario, figuriamoci gli altri. Enrico Letta ha lanciato prima delle estate il progetto delle Agorà democratiche: vediamo come andrà, ma serve un cambio di passo.
Ma quindi quest’alleanza strutturale tra Pd e cinquestelle, Pizzarotti, si deve varare oppure no?
L’errore è pensare che la somma tra cinquestelle e Pd possa bastare. Non è così, se manca una linea chiara. Giorgia Meloni, dalla quale sono politicamente distante anni luce, dimostra che la coerenza e la chiarezza delle posizioni pagano. Il movimento e i dem devono guardare un po’ meno lo specchietto retrovisore e concentrarsi, invece, sulla strada da percorrere nel loro futuro.