Il capo dell’Agenzia internazionale dell’energia punta il dito sul gas (russo) e prevede che il caro-energia non se ne andrà tanto presto. Il nemico sono gli approvigionamenti, spiega, non la transizione energetica; la chiave è diversificare
Il terzo intervento del governo sul caro-energia è un segnale cristallino dell’impatto della crisi energetica che sta attanagliando l’Europa. Colpisce le famiglie, che in certi casi si sono viste raddoppiare le bollette rispetto all’anno scorso, e le imprese, che nel caso delle più energivore sono arrivate a sostenere costi operativi più alti di un terzo rispetto al 2019.
Lo stesso male è diffuso anche nel resto d’Europa, dove si discute da mesi sulla congiuntura di fattori dietro all’innalzamento vertiginoso dei prezzi. Ci sono il costo di bruciare fonti fossili ed emettere CO2, il freddo invernale, le scelte energetiche dei singoli Paesi. Ma per Fatih Birol, a capo dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), questa è fondamentalmente una crisi del mercato del gas naturale.
In un articolo su LinkedIn Birol si scaglia contro le affermazioni “perlomeno fuorvianti” di chi attribuisce la volatilità dei prezzi di gas ed elettricità alla transizione energetica europea. Per mettersi al riparo dalle crisi future “è importante partire da una solida base di prove riguardo le cause dell’attuale turbolenza del mercato”. Lo studio Iea dei dati, spiega, lascia poco spazio alle interpretazioni.
Alla base c’è il gas (russo)
Il direttore dell’Iea indica tre fattori-chiave dietro alla crisi energetica europea. Specificamente “la ripresa economica globale eccezionalmente rapida dell’anno scorso, le interruzioni e la manutenzione delle infrastrutture-chiave del gas, e la mancanza di forniture dalla Russia”.
Le spedizioni americani di gas naturale liquefatto (gnl) offrono del sollievo ai mercati ma sono soggette ai tempi di consegna più lunghi rispetto ai gasdotti, scrive Birol. Al contempo le riserve strategiche di gas (al 50% rispetto alla media di 70% in questo periodo dell’anno) innervosiscono i mercati, consci di dover ancora superare la stagione fredda.
L’esperto non ci gira intorno. “Vediamo forti elementi di ‘tensione artificiale’ nei mercati europei del gas, che sembrano essere dovuti al comportamento del fornitore di gas statale russo”. A differenza di altri fornitori come Algeria, Azerbaigian e Norvegia, la Russia ha ridotto le sue esportazioni verso l’Europa di un quarto rispetto al 2020. Nonostante i prezzi di mercato eccezionalmente alti per il gas naturale, un’opportunità molto lucrativa per un Paese che si sorregge sull’esportazione di carburanti fossili.
“A fronte del basso livello attuale, stimiamo che la Russia potrebbe aumentare le consegne all’Europa di almeno un terzo, ovvero oltre 3 miliardi di metri cubi al mese”. Questo equivale a quasi il 10% del consumo medio mensile di gas dell’Ue, spiega Birol, o a una nuova nave metaniera che consegna un carico completo di gas naturale all’Europa ogni giorno. Se solo Gazprom seguisse le normali logiche di mercato.
L’effetto a cascata
Birol spiega che l’innalzamento dei prezzi del gas, dovuto alle ragioni di cui sopra, si è riflesso nei prezzi dell’elettricità, “che tipicamente si affidano al gas come combustibile marginale” e quindi sono sensibili alla volatilità. Tutto ciò è stato esacerbato da una produzione di energia idroelettrica e inferiore alla media e dalla diminuzione di centrali nucleari dovute a motivi politici. L’estate 2021 ha portato meno vento del solito, ma l’apporto annuale di energia solare ed eolica è aumentato rispettivamente del 3% e 20%.
“Anche l’aumento dei prezzi del carbonio ha giocato un ruolo nel far salire i prezzi dell’elettricità, ma questo deve essere contestualizzato”, continua l’esperto. I ricercatori Iea stimano che l’effetto dell’impennata dei prezzi del gas naturale sui prezzi europei dell’elettricità sia quasi otto volte superiore a quello dovuto all’aumento dei prezzi del carbonio stabiliti dal sistema europeo Ets. Insomma, per l’ente di Parigi non si può incolpare il Green Deal: alla fonte c’è il gas, più a valle gli effetti.
Le lezioni per il futuro
A ogni modo, i problemi non finiranno con l’arrivo della primavera. L’esperto sottolinea “un rischio incombente di ulteriori turbolenze di mercato se non riusciamo ad affrontare l’attuale squilibrio fondamentale negli investimenti energetici”. La sua ricetta è investire massicciamente nelle tecnologie salvifiche: “rinnovabili, efficienza energetica ed energia nucleare sono la nostra via d’uscita dall’impasse”.
L’interdipendenza tra gas ed elettricità è destinata a rimanere perché il gas “manterrà un ruolo importante come fonte flessibile e di backup per molti anni a venire”. Specialmente in Ue, dove la variazione stagionale della domanda energetica è alta. Dunque il capo dell’Iea crede che i governi europei debbano “rendere lo stoccaggio di gas naturale parte delle loro valutazioni dei rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento” che comprendono “i rischi legati al controllo dello stoccaggio da parte di entità di Paesi non Ue”. Una linea già sposata sia da Palazzo Chigi che dal Copasir.
È ormai assodato che l’aumento delle forniture nazionali di energia low carbon permette di affrontare i problemi di sicurezza energetica legati alle importazioni di combustibili fossili e alla volatilità del mercato. Ma non è la soluzione definitiva, spiega Birol: “le potenziali vulnerabilità della sicurezza energetica non scompaiono in un sistema energetico ricco di rinnovabili e più elettrificato”. L’allarme è relativo alle nuove catene di approvvigionamento che ci possono rendere rapidamente dipendenti dalla forza dominante nel mercato dei metalli del green tech: la Cina.