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Aiuti militari a Kiev. La mossa Usa per arginare Mosca

Gli Stati Uniti hanno approvato un nuovo stock di forniture militari da inviare all’Ucraina. Si tratta di un procedimento guidato direttamente dal presidente Biden, mentre Washington dialoga con Mosca e alleati Usa mandano armi a Kiev

Parlando domenica sulla ABC News, il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, ha detto: “Abbiamo fornito una significativa assistenza difensiva all’Ucraina, anche recentemente, nelle ultime due settimane. Quasi mezzo miliardo di dollari solo quest’anno. Questo è continuato, continuerà, e se ci sarà un’ulteriore aggressione della Russia contro l’Ucraina, ne vedremo ancora di più. Ci stiamo assicurando, al meglio delle nostre capacità (e altri alleati e partner stanno facendo lo stesso) che l’Ucraina abbia i mezzi per difendersi”.

Quei mezzi non comportano – per ora – un coinvolgimento di tipo diretto, d’altronde l’Ucraina non è un membro Nato per cui un’aggressione farebbe scattare l’Articolo 5 sulla difesa collettiva. Ma Kiev è un partner e – al di là delle linee rosse che il Cremlino continua a tracciare (nel caso: niente assistenza militare agli ucraini) – Washington sta intensificando le relazioni sul piano military-to-military e potrebbe favorire l’arrivo di armamenti migliori che l’esercito ucraino potrebbe usare nel caso di una nuova aggressione nel Donbas.

È la carta speculare all’ammassamento di truppe lungo i bordi occidentali ordinato da Mosca diverse settimane fa. Truppe che sono oggetto di discussione negli incontri tra alti funzionari americani e russi e che restano in posto perché il Cremlino le considera come una forma di difesa. Da considerare che sulla decisione di spostare quei centomila soldati lungo il confine ucraino potrebbe aver pesato un’altra fornitura militare ricevuta da Kiev: parte di un rafforzamento dei rapporti Kiev-Ankara, sono arrivati in Ucraina droni turchi di cui la Russia ha già sperimentato le capacità in contesti ibridi come il Nagorno-Karabakh, la Libia centro-orientale, la Siria del nord-mediterranea.

Se è vero che Mosca soffre di una sindrome di accerchiamento legata all’espansione della Nato lungo la fascia orientale confinante con la Russia, è anche vero nello specifico che l’arrivo di armi tecnologicamente migliori potrebbe portare Kiev a una riscossa contro i ribelli filo-russi nel Donbas. E un’eventuale sconfitta di questi verrebbe univicamente letta come una sconfitta del Cremlino – che allo stesso tempo non vuole vincere la guerra con un’invasione marchiana, ma prendere l’Ucraina per sfinimento, col conflitto che ha il compito di imporre uno sfiancamento costante e conquistare cuori e menti, prima che territorio, degli ucraini.

Secondo la CNN gli Stati Uniti hanno segretamente dato il via libera a nuovi trasferimenti di armi all’Ucraina anche in questi giorni di stallo nelle relazioni con la Russia e mentre procedono forme di dialogo. “Alla fine di dicembre, l’amministrazione Biden ha tranquillamente autorizzato un pacchetto di assistenza all’Ucraina [consistente in] ulteriori 200 milioni di dollari”, hanno scritto i cinque giornalisti che per la rete all-news hanno ricostruito la storia attraverso varie fonti.

Da quanto emerge la spedizione non è niente di stravolgente, si parla di equipaggiamento inquadrato come “difensivo”: armi di piccolo calibro, munizioni, radio sicure, attrezzature mediche, pezzi di ricambio e forse un sistema radar e attrazzature marittime (parte della contesa nell’est ucraino si gioca da sempre nella sacca di Mariupol dove il Mar Nero si chiude a Kerč nel Mar d’Azov). Quasi tutta roba che Washington ha già in passato inviato a Kiev, ma è emblematico il momento: se da un lato il Cremlino di Vladirmir Putin non sembra sinceramente intenzionato ad ascoltare le richieste americane per instaurare un dialogo – ma piuttosto è interessato a portare avanti la propria agenda (a costo di produrre destabilizzazioni) – dall’altro la Casa Bianca di Joe Biden segue un pattern simile.

Secondo le informazioni ottenute da Politico, quei 200 milioni sono stati approvati come parte dell’autorità di drawdown del presidente Biden, che è autorizzato nei suoi pieni poteri a ordinare al segretario di Stato di chiedere al Pentagono di consegnare articoli dallo stock esistente nelle armerie statunitensi a un paese in pericolo, e di farlo senza ulteriori passaggi congressuali (Foggy Bottom è coinvolta perché è da lì che passano le autorizzazioni per le spedizioni di armamenti all’estero).

La squadra del presidente è poi tenuta a dire al Congresso “che un’emergenza imprevista ha richiesto assistenza militare immediata”, stando a quanto riporta il sito della Defense Security Cooperation Agency. Diversi membri del personale del Congresso hanno detto a Politico di non aver mai sentito parlare di questa autorizzazione prima di un recente briefing riservato. Inoltre, hanno aggiunto che nessuno dei 200 milioni di dollari in armi è ancora andato in Ucraina, poiché il processo amministrativo è stato appena completato.

Le intelligence americane sono ormai convinte che quei centomila uomini ammassati lungo il bordo del confine ucraino siano pronti a dare supporto a un qualche genere di azione; ossia credono che oltre a smuovere attività diplomatiche (come le conversazioni tra leader e gli incontri di alto livello in corso), possano portarsi dietro qualche genere di mossa contro l’Ucraina. Potenzialmente una campagna ibrida (come già visto in Crimea e su cui Mosca sta già preparando i russi) per far scivolare il Donbas in Russia, sebbene non è chiaro quanto sia nell’interesse diretto di Mosca accollarsi il peso di quella regione nemmeno eccessivamente ricca.

L’invio di armi americane dovrebbe essere una forma di deterrenza davanti al rischio di questo genere di mosse. Il messaggio è il seguente: ora inviamo equipaggiamenti di importanza secondaria, ma volessimo potremmo anche mandare (con lo stesso schema amministrativo/gestionale) armi primarie e offensive, sebbene la questione si porterebbe dieto temi etici molto più profondi. Questa non è la prima volta che Biden ha usato la sua autorità: in agosto, ha già autorizzato di suo pugno l’invio di altri 60 milioni di dollari in aiuti militari a Kiev poco prima di un incontro con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.

Parte di quella tranche, comprese le armi leggere e le munizioni, sono state consegnate all’Ucraina il mese scorso. Ma c‘è poi un tema ulteriore: i servizi militari statunitensi sono diffidenti nello spedire equipaggiamento in Europa orientale. Il rischio è che siano armi che servono per infuocare un conflitto e produrre ulteriore vittime, anche tra i civili, anche per un utilizzo improprio.

A dicembre, il sito Ukrinform aveva fatto circolare la notizia (non smentita) che l’Estonia starebbe valutando il trasferimento di missili anticarro Javelin e obici da 122 mm a Kiev, ma sta aspettando l’approvazione degli Stati Uniti per inviare gli anticarro e di Germania e Finlandia per gli obici. Dal punto di visto politico, per Washington è meglio che siano altri a spedire le loro armi per assistere Kiev. È per questo che i droni turchi nel Donbas vengono più che tollerati, differentemente da quanto accade altrove (vedi in Etiopia).

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