Skip to main content

Perché stanotte sono partiti missili dall’Iran contro Erbil

La città che ospita il quartier generale della coalizione guidata dagli Stati Uniti nel Kurdistan iracheno è stata colpita da missili balistici lanciati con ogni probabilità dall’Iran. Tre fattori, interno regionale e internazionale, dietro all’attacco

La città di Erbil, nel Kurdistan iracheno, che ospita la base della Coalizone internazionale che combatte lo Stato islamico, è stata colpita da una salva missilistica — almeno sei Fateh 110, missili balistici a medio raggio, ma secondo alcune ricostruzioni potrebbero essere stati fino al doppio.

Non ci sono stati feriti, quasi per miracolo, visto che l’attacco è avvenuto durante la notte. Il Wall Street Journal ha l’informazione più interessante: una prima ricostruzione del Pentagono ritiene che i missili siano partiti dall’Iran. Ossia uno step ulteriore rispetto al solito, quando questo genere di attacchi (che sono in diversi momenti piuttosto comuni) vengono compiuti dalle milizie sciite collegate ai Pasdaran — che costantemente riforniscono questi gruppi armati iracheni, libanesi, siriani, afghani, con armi di vario genere.

L’attacco a Erbil, che ha coinvolto  l’aerea del nuovo consolato americano (non colpendo l’edificio in costruzione però, come già successo con quello operativo) e il compound dell’aeroporto internazionale, ha varie ragioni e collegamenti.

Dando per scontato che sia stata in qualche modo opera iraniana — o direttamente i Pasdaran o qualche milizia collegata — il primo aspetto è di carattere interno alla Repubblica islamica. Il tema in questo caso riguarda i colloqui sul congelamento del programma nucleare, in corso a Vienna e sospesi a un centimetro dalla definizione perché la Russia voleva sfruttare il contesto per sviare alcune sanzioni imposte per la guerra in Ucraina.

Nel giro di pochi giorni potrebbe essere superata questa difficoltà tecnico/politica e si potrebbe avere una ricomposizione dell’accordo Jcpoa con il ritorno di Stati Uniti e Iran alla piena compliance. Se questo comporterà pieni benefici a Teheran, con l’eliminazione della panoplia sanzionatoria statunitense, e la riabilitazione dell’Iran nell’economia mondiale, dall’altra parte creerà due generi di problemi alle entità ultra-reazionarie come le milizie sciite: il primo narrativo, lo scendere a patti col nemico esistenziale sarà difficile da raccontare a proseliti e a tutti coloro che vengono tenuti sotto controllo attraverso la narrazione propagandistica religiosa. Questo, secondo, potrebbe comportare una diminuzione del potere interno delle milizie, che sono come mafie e sono molto collegate al sistema produttivo — corrotto — dell’industria militare.

Per tale ragione l’obiettivo delle milizie attorno al dialogo sul Jcpoa è da sempre creare tensione anche col fine di produrre un incidente militare che possa rendere l’Iran non potabile al negoziato internazionale. Di solito questa tattica non ha effetto, ma anche stavolta c’è stato chi — come l’ex veterana della marina e ora deputata democratica della Virginia, Elaine Luria — ha chiesto all’amministrazione Biden di fermare i colloqui sul Jcpoa e il ritorno americano nell’intesa. Si tratta di posizioni laterali tuttavia, tant’è che una fonte del governo statunitense dice ad Axios che non ci sono segnali che gli americani fossero l’obiettivo. Difficile crederci, ma la linea rende chiaro quanto Washington non voglia alzare la tensione ed evitare escalation in questo momento.

C’e però una possibilità dietro a quelle indicazioni arrivate ai media. In questo caso specifico l’azione su Erbil potrebbe essere una scoppiettante vendetta contro l’uccisione di due Pasdaran durante un bombardamento probabilmente israeliano in Siria. Israele non dichiara ma conduce costantemente raid in Siria e in Iraq per fermare i trasferimenti di armi più sofisticate — come i missili balistici — con cui i Pasdaran foraggiano le milizie sciite. Secondo media iraniani, l’attacco a Erbil avrebbe colpito una base segreta del Mossad. Per quanto noto non esistono però basi israeliane in Kurdistan o in Iraq, sebbene unità operative dell’intelligence di Gerusalemme potrebbero essere sul campo. Il funzionario Usa alludeva a questo su Axios?

Oltre al fattore interno e a quello regionale ce n’è un terzo di carattere internazionale. In questi giorni si è parlato a più riprese del potenziale arrivo sul suolo ucraino di un corpaccione di migliaia di miliziani assadisti che andrebbero a rinfoltire le linee russe in difficoltà. La guerra di Putin ha bisogno di carne da cannone perché se non conquista Kiev sarà sconfitta e dunque la Russia è andata a pescare in Siria, dove ha salvato il regime e ha crediti da riscuotere. È possibile che i miliziani — che dal Mar Caspio passeranno in Russia e poi in Ucraina per aggirare i divieti di volo che vari paesi hanno imposto contro i velivoli russi — siano appartenenti a gruppi collegati ai Pasdaran.

Il collegamento che segue è spinto, al limite del fantasioso: si può escludere che i Pasdaran, o un gruppo per procura sostenuto dai Pasdaran, abbia lanciato questo attacco contro gli Stati Uniti e gli alleati occidentali a Erbil (ci sono anche gli italiani) come una forma di escalation orizzontale in risposta al sostegno americano all’Ucraina?


×

Iscriviti alla newsletter