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Chip, Asml nell’occhio del ciclone delle restrizioni statunitensi alla Cina

Asml

Giungono conferme che Smic avrebbe utilizzato dispositivi forniti da Asml per il chip di Huawei. Intanto, alcuni legislatori olandesi hanno avanzato critiche sulle misure restrittive del Dipartimento del Commercio americano. Ma i risultati aziendali sono molto positivi, nonostante il contesto di tensioni geopolitiche. La tecnologia custodita a Veldhoven rimane il punto critico, e ambito dalla Cina, della supply chain…

A poco meno di una settimana dalla pubblicazione del nuovo pacchetto di restrizioni all’export di tecnologia americana per il design e la manifattura dei chip da parte del Bureau of Industry and Security (Bis), iniziano a confluire alcuni dettagli scottanti sulla genesi del microprocessore nel Mate 60 Pro di Huawei.

Secondo Bloomberg, Smic avrebbe realizzato il chip utilizzando un dispositivo Duv,  fornito da Asml, in combinazione con altre strumentazioni come dichiarato da una fonte anonima. La notizia confermerebbe, dunque, la bontà dei dubbi dell’amministrazione Biden sulla porosità delle precedenti misure e, forse, l’arrivo tardivo. Le quotazioni dell’azienda olandese sono diminuite dell’1% all’annuncio.

Tra le aziende direttamente coinvolte dalle misure statunitensi l’olandese Asml Holding, prima azienda europea nell’industria dei semiconduttori per capitalizzazione di mercato e principale custode – l’Economist la definisce “il più grande monopolio nel settore dei chip” – della tecnologia Euv, il processo a litografia ultravioletta per l’incisione dei circuiti integrati sui wafer di silicio. L’azienda collabora strettamente con Tsmc, Intel, Samsung e Nvidia per la realizzazione dei chip più avanzati, al di sotto della soglia critica dei 7 nanometri.

Le nuove misure, infatti, vietano all’azienda olandese di esportare in Cina la Twinscan NXT1930Di, qualora venisse utilizzato equipaggiamento di matrice americana per produrre chip avanzati, come confermato dal ceo di Asml, Peter Wennink. Si tratta di una macchina Duv (Deep Ultraviolet), di una generazione precedente alle Euv che ne sono la versione potenziata per restare al passo con la Legge di Moore. Entrambe eseguono lo stesso processo, ma le prime utilizzano una lunghezza d’onda maggiore, meno potente e quindi più suscettibili ad errori. La decisione di includere anche questi prodotti, inizialmente ritenuti non sensibili per le implicazioni di sicurezza nazionale che sovraintendono i controlli all’export, seguiva la logica che Smic, principale produttore foundry cinese, avrebbe potuto utilizzare una macchina Duv per realizzare, seppur con dubbi sulla scalabilità del processo, il microprocessore del nuovo smartphone di Huawei. Una concreta possibilità, a questo punto.

Attualmente Asml è l’unica azienda al mondo in grado di concepire e assemblare, da una platea di migliaia di fornitori, le macchine Euv che possono arrivare a costare ciascuna 200 milioni di dollari. L’ultimo modello, la High Na Euv, ne vale 300 ed è grande approssivamente come un camion. Verrà lanciata sul mercato entro la fine di quest’anno, e consentirà la produzione a 2 nanometri già annunciata da Tsmc. Altre aziende, come Canon e Nikon, sono attive nel segmento della litografia ma ben dietro la tecnologia di Asml.

Secondo il report sul terzo quadrimestre presentato dall’azienda mercoledì scorso, Asml ha riportato 6.7 miliardi di euro di vendite e 1.9 miliardi di profitti, e prospettato la possibilità di raggiungere entrate annuali tra i 30 e i 40 miliardi entro il 2025 contando sulle prospettive di crescita dell’industria della microelettronica grazie ad una serie di “megatrend globali”. I dispositivi Euv hanno contato per il 35% delle vendite, seguiti dai Duv (ArFi – Argon Fluoride Immersion), con i chip logici (quelli utilizzati per Gpu, Cpu e in generale microprocessori per IA) al 76% del segmento end-use seguiti da quelli di memoria (24%). Da un punto di vista geografico, la Cina rimane il mercato di riferimento con il 46% delle spedizioni (con una crescita di share di 22 punti percentuali rispetto al secondo quadrimestre, che denota un tentativo di acquistare più dispositivi possibili in previsione di ulteriori controlli sulle esportazioni) seguita da Taiwan (24%) e Corea del Sud (20%). È evidente che si tratta dei tre hub mondiali per capacità manifatturiera su chip maturi e avanzati, con aziende coreane che hanno i loro siti produttivi in Cina.

L’azienda ha già comunicato che si adeguerà alle restrizioni statunitensi e ritiene che l’impatto sul suo business sarà limitato dal momento che implicherà l’impossibilità di spedizioni ad un ristrettissimo numero di chipmakers cinesi capaci di fabbricare “chip avanzati” – con l’avvallo già acquisito dal Dipartimento del Commercio americano prima dell’entrata in vigore dei nuovi controllo sull’export – seppur la definizione sia sfuggente e non tenga conto di diverse tecniche per l’incisione dei circuiti integrati sui wafer di silicio, come il ricorso a dispositivi Duv.

Intanto, alcuni policymakers olandesi, intervenuti durante un dibattito parlamentare martedì, tra cui il ministro del Commercio Liesje Schreinemacher, avrebbero dichiarato che il governo non sarebbe di per sè contrario alle restrizioni imposte dagli Stati Uniti, ma piuttosto che “dovrebbero essere implementate in un’ottica europea” secondo quanto riportato da Reuters.

La pressione Usa sul governo olandese è fortissima sin dal 2019, quando l’amministrazione Trump di fatto lanciò l’offensiva su vasta scala su Huawei, HiSilicon e, in generale, alle ambizioni tecnologiche di Pechino nel campo dei semiconduttori. Nel corso di questi anni, i due paesi alleati hanno concordato, in via bilaterale, le restrizioni a cui si è aggiunto il Giappone (dal momento che le aziende nipponiche dominano il segmento dei fotoresistori, componenti essenziali per la manifattura dei chip).

La proposta di Schreinemacher sarebbe quella di allargare il tavolo e coinvolgere più attivamente gli altri stati membri in un dialogo multilaterale. Alcune conversazioni su questo aspetto sarebbero avvenute con il Commissario al Commercio, Valdis Dombrovskis, e al Mercato Interno, Thierry Breton. Resta da capire quale sia la ratio dietro a questa proposta. Al momento, l’Europa è fuori dai radar dell’azienda da un punto di vista commerciale, dal momento che non esistono sul continente – con l’eccezione della foundry di Intel in Irlanda – capacità di produzione avanzate, nonostante gli auspici di Breton con il passaggio dell’European Chips Act.

Sono confluiti, tuttavia, importanti investimenti di chipmakers come Tsmc, Global Foundries e STMicroelectronics per catturare il segmento automotive, che sarà trainante sulla domanda di chip in Europa con il passaggio ai veicoli elettrici (EV), e che stanno trainando con sè un ecosistema di aziende e fornitori.

È possibile che si tratti di una mossa per allargare la discussione su un piano transatlantico e di implementazione dei dialoghi nella cornice dello Us-Eu Trade and Technology Council, ma che rimane mera tattica politica dal momento che la notizia di Bloomberg, se confermata, confuterebbe ogni dubbio sulla ragionevolezza delle misure americane. È del tutto evidente che le restrizioni stiano urtando l’establishment a Pechino e i tentativi di sovranità tecnologica per prendere pieno controllo di asset abilitanti per i microprocessori avanzati. Le reazioni della Rpc, tra cui la weaponization delle materie prime critiche, tra cui grafite e i materiali semiconduttori (gallio, germanio), sono solo una prima risposta e che rischiano di avere conseguenze per le aziende europee e non solo.

L’obiettivo finale è puntare a creare un ecosistema localizzato, puntando sulla strategia della “Dual Circulation” e creando le proprie macchine Euv o simili. La società cinese Shanghai Micro Electronics Equipment prevede di lanciare sul mercato domestico il primo dispositivo a litografia a 28 nanometri entro la fine di quest’anno, un risultato tuttavia esiguo rispetto al gap che la separa da Asml.

Ma secondo altre ricostruzioni, nel caso specifico del chip di Huawei potrebbero esserci state altre vie. Il quotidiano olandese Nrc avrebbe infatti ricostruito, in un report di martedì, lo spionaggio industriale da parte di un impiegato cinese che lavorava per Asml e che sarebbe poi stato assunto da Huawei. L’azienda olandese ha dettagliato il furto di proprietà intellettuale, avvenuto nel 2022, nel report annuale rilasciato lo scorso febbraio affermando che, seppur la tecnologia in questione non fosse “materiale del business aziendale” potrebbe aver violato “i regolamenti in materia di controllo sulle esportazioni”.

Alcuni mesi prima Huawei aveva annunciato di aver depositato un brevetto per una macchina a litografia Euv. Se il furto in questione e la possibilità di utilizzare macchinari Duv nel corso dell’anno siano state le tessere mancanti di un progetto ordito per aggirare le restrizioni americane, rimane un ragionevole dubbio.


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