La compagnia cilena ha raggiunto un accordo storico con Codelco, principale produttore di rame al mondo. Un’alleanza strategica per lo sfruttamento dell’oro bianco nel deserto di Atacama. Ecco i riflessi sui mercati internazionali… Con un occhio alla Cina
Un annuncio storico è stato fatto nella giornata di ieri. Grazie ad un’alleanza pubblico-privata, lo stato cileno riprenderà la maggioranza del controllo dell’estrazione del litio nel deserto di Atacama. L’oro bianco, infatti, è sempre più centrale per i processi di decarbonizzazione per il suo utilizzo nelle batterie elettriche (per EV e stoccaggio stazionario, ESS).
Secondo le stime dell’International Energy Agency (IEA), la domanda di litio entro il 2040 in un percorso di net-zero potrebbe aumentare di quaranta volte rispetto ai consumi del 2020. Una crescita esponenziale che, salvo progressi nell’utilizzo di materiali alternativi (come il sodio) per la nuova generazione di batterie, metterà forte pressione sui mercati internazionali.
Storicamente, la quota nazionale nella produzione mondiale di litio è cambiata nel corso degli anni come dimostrano i dati dello US Geological Survey. Nel secondo decennio di questo secolo, il Cile deteneva una quota media del 40% della produzione mondiale, mentre l’Australia rappresentava circa il 23%. Allo stesso tempo, la Cina e l’Argentina sono entrate gradualmente nel mercato, con quote medie intorno al 15% e al 9%. Verso la fine del decennio, con l’emergere di attività estrattive da spodumene roccioso, la quota del Cile è scesa al 31% mentre quella dell’Australia è salita al 44%. Tra il 2015 e il 2021, il marcato aumento della domanda ha ampliato il divario tra i due Paesi: nel 2018 le quote massime erano del 60,2% per l’Australia e del 19% per il Cile. Le previsioni di mercato sull’andamento della produzione di litio nei prossimi anni variano notevolmente in base a diversi fattori (domanda prevista, cambiamenti tecnologici, fluttuazioni dei prezzi, ecc.).
Nel 2022 i tre principali Paesi produttori rappresentavano il 95% del litio estratto a livello globale. Nonostante questa sconcertante concentrazione geografica, l’estrazione del litio avviene da miniere di roccia dura (come lo spodumene e la lepidolite, rispettivamente in Australia e in Cina che insieme contano circa per il 60% dell’estrazione mondiale) e dalle salamoie concentrate nel cosiddetto “Triangolo del Litio”, con Cile e Argentina che contano per il restante 35%. Ciò nonostante, è in America Latina che si concentrano le riserve dell’oro bianco: oltre la metà tra Cile e Argentina (40% e 12%), mentre la sola Bolivia conta per un quarto delle risorse identificate a livello globale (su cui ha messo l’occhio la cinese CATL). Tuttavia, gran parte della lavorazione del litio estratto, prima di essere impiegato funzionalmente per la produzione dei catodi delle batterie elettriche, avviene per opera delle industrie cinesi che controllano oltre i due terzi della produzione di materiali precursori (come l’idrossido di litio).
In questo contesto, proprio per catturare maggior valore aggiunto è da inserire la mossa che ha annunciato lo Stato cileno e che rappresenta il primo step della strategia nazionale sul litio varata dal presidente socialista Gabriel Boric lo scorso aprile. L’obiettivo del nuovo governo cileno è quello di adottare una politica di parziale nazionalizzazione delle risorse cilene, per difendere la posizione del Paese (al momento secondo dietro l’Australia) in un mercato in rapida espansione. Solo nel 2022, il litio ha rappresentato l’8.2% delle esportazioni del Cile, con Cina, Corea del Sud e Giappone i principali paesi partner (non a caso, i principali produttori di celle per batterie a livello mondiale).
L’Agenzia cilena per lo sviluppo economico (Corfo) è stata infatti incaricata di lavorare a stretto contatto con Codelco, la compagnia statale cilena e leader nella produzione di rame (con circa l’8% dell’output globale), per trovare la formula migliore per assicurare gli interessi dello Stato nell’esplorazione e sfruttamento delle vaste risorse di litio nel Salar di Atacama. Le negoziazioni sono iniziate a fine maggio del 2023, con la creazione di una partnership pubblico-privata per lo sviluppo congiunto delle operazioni commerciali. Codelco e Sociedad Quimica y Minera de Chile (SQM) alla fine hanno raggiunto l’accordo, che avrà inizio il 1 gennaio 2025 e che prevederà il 50 più 1 per cento delle quote possedute dall’azienda statale, con le attività di SQM che potranno continuare nel Salar fino al 2060 (i precedenti contratti e licenze per le aziende che operano nella regione, tra cui l’americana Albemarle, erano destinate a terminare nel 2030 e nel 2045).
Questo aspetto è considerato fondamentale, in quanto tra pagamenti a Corfo e le tasse, quasi il 70% dei profitti operativi dell’azienda vanno allo Stato. Codelco, nel frattempo, offrirà un contratto di locazione per il Salar de Atacama per il periodo 2031-60 e che autorizza la produzione e la commercializzazione di 165.000 tonnellate di LCE aggiuntive alla produzione di SQM e alle quote di vendita a partire dalla fine del 2024. Codelco e SQM, in quest’alleanza lavoreranno per estrarre 300.000 tonnellate di carbonato di litio equivalente (LCE) all’anno, circa il 56% in più di quanto prodotto e venduto nel 2022 dall’azienda cilena (circa il 20% del mercato secondo le stime societarie). SQM possederà l’altra metà delle quote.
Nel 2021, l’azienda cilena è stata la principale produttrice di litio dalle salamoie, con il 42% del mercato, seguita da Albemarle, Livent e Allkem (le ultime due hanno raggiunto un’intesa per la fusone commerciale). Nel corso del 2023, l’azienda ha versato nelle casse del Tesoro cileno circa $2.4 miliardi di dollari il che ne fa una delle principali realtà industriali del paese. Secondo quanto previsto dai termini della partnership, l’entità produrrà carbonato e idrossido di litio in impianti concessi da Corfo a SQM in prestito, per una capacità annuale di 33.500 tonnellate metriche di LCE distribuiti in sei anni. In un secondo momento, ciascun firmatario riscuoterà i dividendi in proporzione alle rispettive quote azionarie.
I termini dell’accordo includono, inoltre, la condivisione di tecnologie e best practices che consentiranno di fare progressi nella tutela degli ecosistemi e comunità locali, dal momento che il processo estrattivo dalle salamoie, secondo molti studi, è invasivo per la conservazione delle falde acquifere. L’iniziativa prevede un investimento di circa 1,5 miliardi di dollari, tra cui l’opzione per il test e lo sviluppo dell’estrazione diretta del litio (DLE) nella salamoie di Atacama, con un’attenzione particolare alla sostenibilità, per le quali saranno firmati nuovi accordi da Corfo, SQM e Minera Tarar, controllata di Codelco.
Un aspetto, quello della protezione ambientale, tra le priorità del Presidente Boric nel contesto della corsa al litio cileno. “Grazie a questo accordo” ha commentato Boric “dal 2025 lo Stato cileno, le comunità locali e, in particolare, la regione dell’Antofagasta beneficerà in vari modi, ricevendo dividendi come azionisti, pagamenti delle royalties, tasse, assicurazione sulla continuità delle operazioni e introiti dalla prodizione e vendita del litio”.
In seguito all’annuncio, le azioni di SQM sono aumentate di circa il 6% rispetto alla chiusura precedente. L’azienda, che ad oggi conta per il 17% del mercato globale di litio e il 56% del mercato globale di nitrati (tra i quali, il nitrato di potassio utilizzato per i fertilizzanti), beneficerà dall’accordo con Codelco soprattutto per l’espansione delle sue capacità produttive (da capire quanto la quota di 300.000 tonnellate di LCE sia davvero raggiungibile, comunque immaginata da SQM secondo gli attuali regolamenti ambientali). Dal canto suo, Codelco avrà diritto di utilizzare tecnologie e processi sviluppati dall’azienda in oltre 30 anni di attività nell’estrazione e lavorazione di potassio e litio.
Sarà da valutare, inoltre, la reazione dei suoi investitori all’accordo con una compagnia statale: un esito in parte annunciato, considerando la ferma volontà del nuovo governo di catturare un duplice valore. Da una parte, il valore economico di una materia prima critica come il litio, dall’altra il valore politico di un accordo con un’azienda chiave per le casse dello Stato e, soprattutto, per aver mantenuto le promesse elettorali di riprendere il controllo delle risorse cilene.
Tendenzialmente, in un mercato in forte espansione come quello del litio gli investitori preferiscono scommettere su aziende di piccola taglia su cui vi è la certezza di riscuotere i dividendi in toto. In questa nuova situazione, tuttavia, è difficile immaginare l’ingresso di nuovi junior miners in Cile considerando la presenza di due colossi come SQM e Albemarle e soprattutto la strategia nazionale varata dal governo. Infine, tra i suoi investitori si annovera anche Tianqi Lithium, azienda statale cinese che detiene circa il 23% delle quote di SQM dal 2018, in seguito ad uno delle acquisizioni più costose nella storia industriale del litio. Tianqi, in base alle quote, è il secondo shareholder dietro al Pampa Group, una cordata di investitori che, insieme, rappresentano il primo investitore nell’azienda cilena. Tianqi è fornitore delle coreane SK Innovation e LG Chem.
Considerando la presenza di considerevoli capitali cinesi – Boric ha di recente aperto le porte ad un altro gruppo industriale cinese per lo sfruttamento del litio – è inverosimile pensare che ci possano essere ripercussioni commerciali tra SQM e Tianqi, a differenza di quanto avvenuto in Messico con l’altra azienda cinese leader nel settore, Ganfeng. L’azienda cilena sta valutando l’apertura di un nuovo sito di produzione nel Sichuan, in Cina che rimane il paese di riferimento per la vendita del surplus di litio che non viene raffinato nei suoi stabilimenti cileni. Con l’espansione delle capacità di conversione in seguito all’accordo con Codelco, è possibile che parte di queste spedizioni vengano ridimensionate.
In conclusione, l’accordo tra SQM e Codelco rappresenta il primo passo di una parziale nazionalizzazione delle risorse cilene. L’espansione della produzione e l’economia di scala rimarranno, tuttavia, gli unici due possibili garanti dell’accordo, che possa mettere tutti gli stakeholder (Stato, investitori e comunità locali) in grado di riscuotere i propri interessi sotto varie forme nella corsa al litio nei prossimi decenni, nonostante il trend ribassista dei prezzi che si è registrato negli ultimi mesi.