Proporre di abbassare da 10 a 5 anni i tempi di residenza per richiedere la cittadinanza italiana permette di ridurre i costi delle pratiche per i permessi di soggiorno e di impiegare meglio il personale di polizia, dedicandolo alla lotta al crimine e al terrorismo. L’opinione di Marco Mayer
Ridurre da 10 a 5 anni i tempi di residenza necessari per richiedere la cittadinanza italiana comporterebbe significative economie sulle procedure per i permessi di soggiorno e libererebbe metà del personale della Polizia di Stato oggi impiegato negli uffici immigrazione delle questure, permettendo loro di dedicarsi a compiti più importanti, come il contrasto alla criminalità e la tutela dell’ordine pubblico.
Al di là del referendum e in ottica di una maggiore efficienza delle forze dell’ordine, sarebbe inoltre opportuno trasferire le competenze amministrative in materia di permessi di soggiorno dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza ad altre strutture del ministero dell’Interno.
Portare da 10 a 5 anni il termine per la presentazione della domanda di cittadinanza non comporta alcun rischio per la sicurezza; anzi, rafforza il sistema. Ottenere la cittadinanza italiana è tutt’altro che scontato: in caso di vittoria del Sì e di raggiungimento del quorum, rimarranno in vigore tutte le altre condizioni previste dalla legge. Il richiedente dovrà continuare a dimostrare di avere la fedina penale pulita, di aver pagato regolarmente le tasse, di possedere un lavoro e un reddito sufficienti, di parlare e scrivere correttamente l’italiano e di conoscere i principi fondamentali della Repubblica. Lo Stato disporrà comunque di tempi (fino a 24 mesi, prorogabili di altri 36) più che sufficienti per esaminare con scrupolo ogni istanza.
Un dato spesso sottovalutato, ma ben noto alle forze dell’ordine, è il contributo cruciale delle comunità immigrate alla prevenzione e al contrasto del terrorismo (si pensi alle minacce dell’ISIS e ai foreign fighters). Ridurre i tempi per le domande di cittadinanza — che con la vittoria del referendum e con le procedure attualmente in vigore si attesterebbero comunque in media sui sette/otto anni, rispetto ai 13/14 attuali — rappresenta un chiaro segnale di fiducia verso gli immigrati regolari, rafforzando il loro rapporto con le istituzioni e, di conseguenza, la sicurezza della società italiana.
Antonio Tajani ha il diritto di invitare gli elettori di Forza Italia all’astensione, ma stupisce che, in qualità di titolare della Farnesina, non consideri il ruolo di primo piano che l’Italia svolge nella lotta al terrorismo e nella sicurezza internazionale. Diversa è la situazione di Matteo Salvini, che da ex ministro dell’Interno conosce a fondo i dossier sul contributo delle comunità straniere alla sicurezza nazionale. Votare sì o no al referendum è una scelta legittima, ma promuovere l’astensionismo in questo contesto appare un gesto fuori luogo per un leader con l’ambizione di tornare al Viminale.