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I dazi umorali di Trump e il rischio di un disordine globale. La lezione di Einaudi e Patuelli

Di Luigi Tivelli e Francesco Subiaco

Luigi Tivelli e Francesco Subiaco, presidente e vicesegretario generale dell’Academy Spadolini del Talento, leggono le parole del presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, che ha evidenziato i rischi di logiche neo-protezioniste che non solo spaventano l’economia produttiva, ma creano profondi pericoli per i Paesi che li fanno e li subiscono

Le tensioni commerciali tra le due sponde dell’Atlantico (e non solo) prodotte dalle politiche dei “dazi umorali” degli Usa di Donald Trump hanno generato un clima di incertezza economica e finanziaria. Come ha certificato, del resto, l’ultimo Bollettino economico della Banca d’Italia. I dazi umorali che sono imposti, misurati e revocati a seconda degli orientamenti estremamente volatili e cangianti di Trump stanno, infatti, colpendo con la loro imprevedibilità tutti gli occidentali (compresi gli americani) con conseguenze allarmanti per le nostre economie.

Viviamo infatti in una sorta di “umoricrazia” in cui alle logiche degli scambi e della globalizzazione si sta sostituendo un nuovo (dis)ordine mondiale mercantilista fatto di dazi e contro dazi. Non bisogna però confondersi. Si tratta, infatti, di un nuovo protezionismo che non utilizza le barriere economiche con prospettive a lungo termine, ma come strumento di pressing economico e come arma negoziale per imbastire trattative spregiudicate.

Una formula nuova, ma con idee vecchie. Prima fra tutte l’idea che i dazi possano favorire un arricchimento per chi li impone, preferendo alla vivacità dei mercati il protagonismo degli Stati. Una visione che nel tempo si è dimostrata fallace e che ora rischia di indebolire il blocco delle democrazie occidentali. Rispetto a queste derive occorrerebbe guardare, invece, alla cooperazione internazionale, alla libertà degli scambi e a quel mandato morale che fu proprio dei grandi maestri liberali come Cavour e Einaudi. Un mandato che è stato per fortuna rilanciato dal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, in un suo splendido editoriale sul Quotidiano Nazionale del 21 luglio dal significativo titolo: “Dazi, dagli Usa stop alle proroghe. La lezione di Einaudi: così perdono tutti”.

Nel suo editoriale il presidente Patuelli, infatti, ha evidenziato i rischi di logiche neo-protezioniste che non solo spaventano l’economia produttiva, ma creano profondi pericoli per i Paesi che li fanno e li subiscono. Un monito serio e documentato con cui il presidente Abi auspica una de-escalation che porti ad un accordo equo, stabile, con regole chiare e durevoli capace di garantire il libero scambio nel rispetto dei vincoli euroatlantici. Con l’obiettivo di raggiungere, sulla scia delle tesi di Luigi Einaudi, un “disarmo doganale” che favorisca gli scambi e le libertà in una cornice comune. Ciò soprattutto nella consapevolezza che le armi dei dazi non siano solo a svantaggio di partner e alleati, ma soprattutto di chi le impone. Ricordando la lezione di Einaudi per cui “l’arma del dazio contro le merci estere, in primissimo luogo danneggia lo Stato che la impugna” perché, “è vero che tu arrecherai all’avversario il danno di impedirgli di vendere a noi le sue merci; ma per ottener questo, inevitabilmente costringerai i tuoi connazionali a pagar care le merci estere e a non vendere più le proprie”.

Secondo Patuelli, quindi, i dazi, penalizzano le libertà dei commerci e portano ad aumentare l’inflazione, innestando pericolose spirali economiche e sociali che possono “rallentare l’economia, diminuire la fiducia e le prospettive per gli investimenti e l’occupazione”. Serve quindi più mercato, più cooperazione e più coesione europea per giungere ad una soluzione capace di rilanciare le economie occidentali e preservare il rapporto transatlantico. In tal senso di fronte a questo clima dominato da guerre militari e tensioni commerciali il presidente Abi ha, infatti, invocato il ritorno ad un senso di responsabilità e della morale, sulla scia di Thomas Mann e Benedetto Croce, capace di essere in grado di difendere la libertà, la prosperità e la compattezza dell’Occidente.

Con buon senso ed equilibrio. E per questo fine serve una Europa più forte e consapevole, che superando la paralisi dell’unanimità abbia una maggiore unità di azione e coesione per trovare un accordo e un punto di assestamento per frenare le conseguenze economiche portate dai dazi. Si tratta, quindi, di un “monito all’Europa” (e all’Occidente) con cui Patuelli fa parlare Einaudi ai nostri contemporanei mostrandone la profonda attualità. Rilanciando degli insegnamenti di sintesi e libertà che in questi mesi di tensioni e spigolosità si presentano sempre più attuali e necessari.


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