Chi scrive, intervenendo nel dibattito ha sostenuto che tutt’ora si fronteggiano, come da anni, due posizioni: quella degli operatori e quella delle Regioni e degli Enti locali che reclamano una propria autonomia e che premono giustamente sulla tutela della salute e dei giocatori in generale ma, in nome di questa, puntano su regole fortemente limitative, prive di ogni fondamento scientifico. In mezzo c’è lo Stato. L’opinione di Riccardo Pedrizzi
Nei giorni scorsi, si sono tenuti alla Camera dei Deputati gli Stati generali del gioco, sotto lo slogan “La riforma nasca dal confronto e rimetta al centro la tutela della persona”. Per l’ennesima volta si sono affrontati i problemi, si è fatto l’esame dello stato dell’arte della riforma del gioco fisico, si è cercato di dare indicazioni e di fare previsioni circa i tempi del varo del riordino complessivo del settore.
Chi scrive, intervenendo nel dibattito ha sostenuto che tutt’ora si fronteggiano, come da anni, due posizioni: quella degli operatori e quella delle Regioni e degli Enti locali che reclamano una propria autonomia e che premono giustamente sulla tutela della salute e dei giocatori in generale ma, in nome di questa, puntano su regole fortemente limitative, prive di ogni fondamento scientifico. In mezzo c’è lo Stato, che ha come obiettivo quello di combattere il gioco illegale e quello di assicurare un gettito all’Erario.
Insomma, un film già visto, una “telenovela” che va in scena da innumerevoli puntate, che riporta la narrazione sempre al punto di partenza. Se si pensa che la Delega fiscale, la legge nr.111 è del 9 agosto 2023: è il gioco dell’oca, si rimpallano documenti tra Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Ministero dell’Economia e Conferenza Stato – Regioni ed Enti Locali. Con il governo ed un vice ministro delegato a questo settore che sembrano essere perennemente in mezzo “al guado”.
Nello stesso tempo continua a mancare il coinvolgimento degli operatori per concertare e condividere gli obiettivi. In questa situazione di stallo è arrivata una nuova richiesta di rinvio da parte delle Regioni di prorogare la scadenza per l’esercizio della delega fiscale, spostando il termine dal 31 dicembre 2025 ad agosto 2026 per quanto riguarda il riordino del gioco fisico. Il differimento avrebbe la finalità di permettere l’inserimento – in sede di Legge di Bilancio 2026 – di specifiche misure economiche, che non risolverebbero il problema e che rappresenterebbero solamente delle misure temporanee.
Ci risiamo. E la politica acconsente alla proroga, spostando anche il termine per l’adozione dei testi unici al 31/12/2026. Eppure da mesi si discute di una bozza di decreto per il riordino del gioco legale, anche se nessuno l’ha mai vista. Una riservatezza inspiegabile, quasi si trattasse di un segreto di Stato. Siamo fermi ancora una volta al braccio di ferro tra Regioni, Enti locali e operatori del settore. Le prime puntano su restrizioni spesso prive di fondamento scientifico, mentre lo Stato, da parte sua, sembra impantanato e privo di una linea chiara. Proviamo a ragionare insieme e facciamo qualche previsione alla luce della nostra lunga esperienza politica.
La legge delega è del 2023, ora si vuole la proroga al 2026; la legislatura in corso è nata il 13/10/2022 scadrà, se tutto va bene, nel 2027. Il che significa che a fine 2026 ed inizio 2027 inizierà la campagna elettorale e nessuno vorrà mettere mano ad una riforma come questa così sensibile e così divisiva. Eppure le basi per procedere velocemente c’erano tutte, partendo dalla Conferenza Stato Regioni ed enti locali del 07/09/2017, ma anche dalle conclusioni votate pressoché all’unanimità al termine dell’Indagine conoscitiva sul settore dei giochi che fu svolta dalla Commissione Finanze e Tesoro del Senato nel corso della XIV legislatura, presidente chi scrive, e da quelle della Commissione d’inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico, presidente Mauro Maria Marino, altrettanto condivise da tutte le forze politiche della scorsa legislatura.
Andando avanti con questo ritmo, più tempo passa e più si alimenta la leggenda nera sul settore, Giancarlo Giorgetti aveva presentato alla Camera dei Deputati la “Relazione sullo stato della spesa, dalla quale agevolmente si può rilevare che nell’anno in questione la raccolta lorda da attività di gioco è stata pari a 147.713 milioni di euro, che ci sono state vincite per 127.041 milioni e, quindi, che la spesa dei giocatori è stata di 20.747 milioni, affluendo dal settore dei giochi nelle casse dell’erario ben 11,6 milioni di euro.
Se si dice, come fanno molti quotidiani ed alcuni politici incompetenti, che il popolo italiano spende e dilapida circa 150 miliardi di euro si fa allarmismo, si diffonde paura e preoccupazione tra l’opinione pubblica ed, allo stesso tempo si fa terrorismo per ricattare ed impaurire tutti coloro che notoriamente non sono troppo abituati a battaglie coraggiose e che, peraltro, richiedono studi ed approfondimenti. Cosi di fatto ci si paralizza e si procastinano sempre più le soluzioni del problema. Anzi ci tocca sentire le proposte più assurde e strampalate, come quella di un professore universitario che vorrebbe “spostare la struttura dell’azzardo dalle multinazionali a realtà statali o no profit”. Incredibile! Ripeto: dalle multinazionali allo Stato ed al no profit in una visione di Stato che diventerebbe etico e totalitario. Con questa logica potremmo ipotizzare la prostituzione di Stato, la droga di Stato, l’alcol di Stato, ecc. ecc.
Invece il settore, se incardinato su trasparenza, educazione al gioco e regole ferree sulla tutela della categorie fragili, è una fonte importante di occupazione e reddito per lo Stato. Rimandare ancora la riforma del gioco fisico rischierebbe di far subire al settore la sorte del settore dei balneari per il quale l’Europa è dovuta intervenire per infrazione ed inadempienza. Occorre perciò un colpo d’ala ed un salto di livello decisionale, cioè passare dai Tavoli tecnici a quello politico. Solo la politica infatti può decidere e chiudere su temi ‘sensibili’ come quello delle distanze e del numero di apparecchi, per i quali oltretutto vanno presi in considerazione le più recenti acquisizioni di tipo scientifico (Censis, Luiss, Università Roma Tre, Eurispess, Cgia di Mestre ecc. ecc.), di altri istituti di eccellenza (Istituto Superiore di Sanità, Corte dei Conti ecc. ecc.) e degli esponenti politici più esperti del settore”.
Se imboccassimo questa soluzione realistica e non ideologica ci si potrebbe augurare un’intesa bipartisan. E tuttalpiù se ciò non fosse possibile, si potrebbe partire dalle regioni amministrate dal centrodestra. Si assumano le responsabilità i loro governatori per arrivare ad un testo concordato così come previsto dalla Delega fiscale approvata a larghissima maggioranza dal governo del Destra-Centro. Sapendo bene che in questa direzione si sono mossi anche governatori della Sinistra come Emiliano in Puglia e De Luca in Campania. L’introduzione della riforma dei giochi fisici non può più aspettare perché rappresenta un passo fondamentale per tutelare il giocatore consumatore, per contrastare la dipendenza patologica delle fasce più fragili della popolazione, per combattere il dilagante fenomeno del gioco d’azzardo illegale ed il riciclaggio di denaro sporco in Italia, non ultimo per assicurare un adeguato gettito allo Stato.