Israele ha colpito con attacchi aerei il centro di Damasco, segnando un’escalation nel confronto con la nuova leadership siriana guidata da Ahmed al Sharaa. L’azione si inserisce in un contesto di tensioni intercomunitarie e strategiche nel sud della Siria, dove Tel Aviv sostiene di difendere la minoranza drusa
In una coincidenza degna di una sceneggiatura cinica, la conduttrice Noor Al-Huda Murad di Syria Tv – emittente pro-governativa finanziata da Doha, basata a Istanbul e con uffici a Damasco – stava parlando delle dichiarazioni del ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, che minacciava azioni in Siria, quando l’edificio dietro di lei è stato colpito da un missile.
Una serie di attacchi aerei ha colpito mercoledì alcuni punti nevralgici della capitale siriana, tra cui l’edificio che ospita il comando della Difesa, nel centro di Damasco, a pochi passi dal Palazzo Presidenziale dove si è insediato da pochi mesi Ahmed al Sharaa, il nuovo ruler siriano, ex qaedista, capo ribelle vittorioso della guerra civile contro il brutale e settario regime assadista, rapidamente riqualificato rapidamente dalle cancellerie della Comunità internazionale – compreso quelle occidentali.
Le esplosioni sono state prodotte da una prima ondata condotta da droni, seguita da bombardamenti più intensi. Ci sono dati iniziali del ministero della Salute siriano, che sono molto parziali, perché – visto la densità abitativa dell’area – il bilancio è certamente destinato ad aggravarsi.
Le operazioni militari seguono giorni di incursioni nel sud della Siria, in particolare nell’area di Suwayda, teatro di crescenti tensioni intercomunitarie tra drusi e sunniti beduini. Le forze israeliane sono intervenute affermando di voler tutelare la minoranza drusa, storicamente vicina allo Stato ebraico, contro i sunniti – a cui nell’accusa viene lasciata mano libera dal governo, dove estremisti sunniti normalizzati occupano le posizioni apicali, compreso quella presidenziale. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito l’impegno a proteggere quella che ha definito “la nostra gente” prima dell’attacco.
L’esercito israeliano ha confermato la responsabilità degli attacchi e ha diffuso filmati delle operazioni. Di fatto, Tel Aviv ha aperto un altro fronte: da oltre un decennio gli israeliani colpiscono in Siria, ma si concentrano sui trasferimenti di armi iraniane alle milizie sciite locali e a Hezbollah. Questi corpi combattenti sono stati sconfitti dai ribelli guidati da al Sharaa, che si era addirittura mostrato disponibile a forme di dialogo con Israele (anche nell’ottica del framework degli Accordi di Abramo, secondo alcune fonti statunitensi).
L’attacco israeliano a Damasco dunque apre uno nuovo scenario, con lo Stato ebraico che è già attivo contro Hamas a Gaza e i gruppi palestinesi in Cisgiordania, Hezbollah in Libano, gli Houthi in Yemen, ed è in tregua i suoi attacchi diretti contro l’Iran. Tutte operazioni legate al post 7 Ottobre, mentre questa su Damasco è formalmente scollegata – ma Israele sembra intenzionato a mantenere vivo l’impeto della guerra, in un’apparente volontà di regolare tutti i conti possibili con i suoi vicini.
Le tensioni a Suwayda sono esplose dopo la diffusione online di un audio offensivo verso Maometto, attribuito a un religioso druso ma smentito dal governo. Gruppi sunniti estremisti hanno usato l’episodio come pretesto per attaccare aree druse, innescando scontri armati, tra cui a Jaramana e Sahnaya.
I drusi, minoranza religiosa non musulmana presente anche in Libano e Israele, sono circa 500mila in Siria, concentrati soprattutto nel sud. Negli ultimi giorni, le forze siriane sono state colpite in quella regione: Israele afferma di voler difendere i drusi, che hanno anche cercato rifugio oltre confine – aiutati dalle autorità israeliane. Ma al contempo Netanyahu intende impedire l’avanzata dell’esercito siriano verso il confine. Tel Aviv ha creato una “zona di sicurezza” vicino alle Alture del Golan, territorio siriano occupato dal 1967, e ha chiesto a Damasco di tenersi lontano dalle province meridionali, alimentando tensioni sulla sovranità nazionale.
Il raid su Damasco rappresenta un salto di qualità nell’azione israeliana, spostando l’attenzione dalla periferia al cuore del potere siriano. Resta da chiarire se si tratti di una dimostrazione di forza contro la nuova leadership ad interim guidata da Ahmed al Sharaa o dell’inizio di un’operazione più ampia. Ieri una fonte militare israeliana diceva a Formiche.net che “se al Sharaa non capisce il messaggio, il suo governo potrebbe avere i giorni contati”.