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Arsenale sofisticato. Quali tecnologie sta schierando Washington nei Caraibi

Per esercitare pressione su Maduro, Washington ha inviato navi d’assalto, caccia F-35, droni e cacciatorpediniere nel Mar dei Caraibi. Guadagnando un netto vantaggio sulle forze avversarie

Nel suo rinnovato sforzo militare nei Caraibi, Washington ha schierato un arsenale di discreto livello. Dall’agosto scorso, il Pentagono ha iniziato a dispiegare nella regione un vasto arsenale militare: cacciatorpediniere lanciamissili, jet F-35B, droni Mq-9 Reaper, velivoli da pattugliamento P-8 Poseidon, navi d’assalto anfibio e una piattaforma segreta per operazioni speciali. Tra i mezzi inviati vi sono la USS Iwo Jima, nave d’assalto anfibio impiegata nel Golfo Persico nel 2003, e il cacciatorpediniere USS Stockdale, protagonista di missioni nel Mar Rosso contro le milizie Houthi.

La mossa americana mira ad aumentare la pressione sul regime venezuelano di Nicolás Maduro, già impegnato a preparare le proprie forze armate a una possibile risposta militare. Secondo Geoff Ramsey, analista dell’Atlantic Council, “la Casa Bianca sta chiaramente cercando di inviare un segnale agli elementi disaffezionati del regime, suggerendo che questo è il momento per agire contro Maduro”.

Le accuse rivolte da Washington al governo venezuelano come “giustificazione” dell’escalation militare sono piuttosto pesanti: Caracas collaborerebbe con i cartelli per inondare gli Stati Uniti di cocaina. Pur provenendo principalmente da Colombia ed Ecuador, i traffici passano anche attraverso il Venezuela, diretti poi verso i Caraibi e il Nord America.

Attualmente, sono circa 10.000 i militari statunitensi schierati nella regione. Una cifra significativa, ma insufficiente per un’invasione su larga scala. Per confronto, l’operazione a Panama del 1989 impiegò 27.000 soldati, mentre la liberazione del Kuwait nel 1991 richiese 700.000 uomini. Secondo Mark Cancian del Csis, per attaccare un Paese vasto e complesso come il Venezuela, sarebbero necessari almeno 50.000 uomini, ma i pianificatori del Pentagono ne vorrebbero fino a 200.000.

Tra gli scenari alternativi a un’invasione vi è una campagna di attacchi mirati contro i traffici di droga, sostenuta da forze navali e aeree in grado di scoraggiare eventuali rappresaglie. Il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha annunciato la creazione di una nuova task force per “schiacciare i cartelli, fermare il veleno e mantenere l’America al sicuro”.

Le capacità difensive venezuelane appaiono limitate. Nonostante la disponibilità di caccia russi Sukhoi, la manutenzione carente ne riduce l’efficacia. Le forze di fanteria, circa 125.000 soldati, soffrono di scarso morale, equipaggiamento insufficiente e addestramento limitato. Anche il supporto dei gruppi guerriglieri colombiani e dei sostenitori civili di Maduro difficilmente rappresenterebbe una sfida significativa per le forze statunitensi.


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