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Suolo, una risorsa da preservare. I risultati del Rapporto Ispra 2024 e la risposta dell’Europa

l Rapporto Ispra conferma la crescita del consumo di suolo, con Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna ai primi posti. Bruxelles vara la direttiva sul monitoraggio per garantire terreni più sani e politiche di rigenerazione urbana e rurale più efficaci

Il paesaggio intorno a noi si trasforma e noi non ce accorgiamo. Eppure il consumo di suolo rappresenta una delle maggiori minacce alla biodiversità, alla sostenibilità ambientale, alla sicurezza alimentare e alla resilienza climatica. Il suolo è il fondamento della vita sulla Terra: persone, animali e piante hanno tutti bisogno di terreni sani per sopravvivere e prosperare. Cibi sani e acqua pulita, oltre all’habitat per la biodiversità, sono tra i benefici essenziali offerti da un suolo sano. Il 95% degli alimenti dipendono da terreni sani e il 25% della biodiversità è ospitato dal suolo. Tuttavia oggi, in Europa, fino al 70% dei suoli non è in buone condizioni.

E l’Italia non se la passa certo meglio. Infrastrutture, edifici e altre coperture artificiali occupano oltre 21 mila 500 chilometri quadrati, più del 7% del territorio, contro una media europea del 4,4%. E il dato è in aumento: nel 2024 sono stati coperti da nuove superfici artificiali quasi 84 chilometri quadrati, con un incremento del 16% rispetto all’anno precedente: ogni ora perdiamo una porzione di suolo di circa 10 mila metri quadrati. Sono questi i numeri che emergono dal Rapporto ISPRA “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, presentato ieri a Roma.

Nel dettaglio risulta che in 15 regioni si è consumato più del 5% del territorio, con un massimo in Lombardia (12,22%), Veneto (11,86%) e Campania (10,61%). La crescita percentuale maggiore dell’ultimo anno è avvenuta in Sardegna, Abruzzo, Lazio e Puglia. Per quanto riguarda il maggiore consumo di suolo annuale l’Emilia-Romagna è prima con mille ettari consumati, ma è anche la regione con i maggiori interventi di recupero. Seguono Lombardia (834 ettari), Puglia (818), Sicilia (799) e Lazio (785). La Valle d’Aosta resta la regione con il minor consumo: Così come Liguria e Molise sono le uniche con un consumo al di sotto dei 50 ettari.

Non è un caso se la presentazione del rapporto è coincisa con l’approvazione definitiva, il giorno prima, della Direttiva sul Monitoraggio del Suolo (Soil Monitoring Law) con l’obiettivo di avere suoli più sani entro il 2050, in linea con l’ambizioso target di neutralità climatica previsto dal Green Deal. Il provvedimento adottato a Bruxelles obbligherà gli Stati membri a redigere, entro dieci anni, un elenco dei siti potenzialmente contaminati e ad affrontare eventuali rischi per la salute umana e l’ambiente.

Per proteggere agricoltori e silvicoltori, la direttiva non impone nuovi obblighi ai proprietari terrieri o ai gestori del territorio, Piuttosto obbliga i Paesi dell’Ue a sostenerli nel migliorare la salute e la resilienza del suolo, così da poter continuare a svolgere il suo fondamentale ruolo nell’ecosistema terrestre. Le misure di sostegno possono includere attività di formazione e sviluppo, la promozione della ricerca e dell’innovazione tecnologica e misure di sensibilizzazione sui benefici di un suolo sano e resiliente.

E importante quindi, come sottolinea anche la direttiva appena approvata, intervenire sul ripristino delle aree degradate per riportarle alla loro condizione naturale, come possono essere la rimozione dei cantieri e la rinaturalizzazione delle cave dismesse. Un processo che si sta rilevando troppo lento, in Italia, e che, nel 2024, ha interessato una superficie di appena 5,2 chilometri quadrati, in netto calo rispetto agli 8,2 chilometri quadrati ripristinati nel 2023.
“Il suolo è una risorsa poco rinnovabile e che forse negli ultimi anni abbiamo sottovalutato – ha avvertito Stefano Laporta, presidente dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) – Ogni metro quadrato cementificato può diventare un fattore di rischio in un Paese già altamente esposto al dissesto idrogeologico, oltre a compromettere l’agricoltura e la capacità di adattamento al cambiamento climatico”.

E proprio le aree a rischio dissesto vedono aumentare la superficie di suolo consumato nel 2024, dopo il rallentamento dell’anno prima: un più 1000 e 300 ettari nella zone a pericolosità idraulica media e più 600 ettari in quelle a rischio frane. Prosegue, inoltre, l’impermeabilizzazione lungo le coste, dove la percentuale di suolo consumato nel primi trecento metri dal mare è più del triplo del resto del territorio nazionale (23%), nelle pianure (11,4%), nei fondi valle e nelle aree agricole vicino alle grandi città.

Diminuisce, ancora, la disponibilità di verde in città. con una perdita, nel 2024, di oltre 3 mila 750 ettari di aree naturali. E non se la passano meglio le arre protette nelle quali sono stati ricoperti, nell’ultimo anno, altri 81 ettari dei quali oltre il 73% riguarda i Parchi naturali nazionali (28,7 ettari) e regionali (30,8 ettari). Nelle aree Natura 2000, infine, le nuove superfici artificiali raggiungono i 192,6 ettari, il 14% in più dell’anno precedente.
Particolarmente aggressivo nel 2024 il consumo di suolo dovuto ai nuovi pannelli fotovoltaici che risulta quadruplicato: si è passati dai 420 ettari del 2023 agli oltre 1000 e 700 del 2024, le cui aree erano utilizzate per l’80% a fini agricoli. Tra le regioni che destinano più territorio a questo tipo di impianto spiccano il Lazio (443 ettari), la Sardegna (293) e la Sicilia (272). Negli ultimi anni, infine, al progressivo consumo di suolo dovuto alla logistica (dal 2006 ad oggi oltre 6 mila ettari di coperture artificiali), si è assistito a una nuova dinamica territoriale dovuta all’espansione dei data center, un fenomeno alimentato dalla crescente esigenza di infrastrutture digitali e servizi cloud. Uno sviluppo che ha comportato, nel solo 2024, l’occupazione di oltre 37 ettari di superficie, con una concentrazione soprattutto nelle regioni Nord del Paese.

Il costante aumento del consumo di suolo in Italia evidenzia la necessità di incentivare la rigenerazione, la riqualificazione e il riutilizzo delle aree costruite, dando priorità al riuso e al recupero di quelle già edificate e urbanizzate, a partire da quelle dismesse o degradate. Le nuove normative europee offrono strumenti e obiettivi chiari, anche con il coinvolgimento attivo di istituzioni, cittadini e imprese, per invertire la rotta e garantire un futuro sostenibile al nostro Paese. Arrestare il consumo di suolo permetterebbe di fornire un contributo fondamentale per affrontare le grandi sfide ambientali, dai cambiamenti climatici al dissesto idrogeologico all’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, dal diffuso degrado del territorio e del paesaggio alla perdita della biodiversità.


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