La visita di Stato del Presidente della Repubblica in Belgio ha rappresentato, per intensità e significato, uno dei momenti più alti della diplomazia europea degli ultimi anni. L’opinione del Generale della Guardia di Finanza Alessandro Butticé, oggi in congedo, e che dal 1990, dopo essere stato il primo militare italiano presso le Istituzioni europee, si dedica al sostegno del sistema Italia a Bruxelles
Con una visita a Bruges, la Venezia del Nord, si conclude oggi la visita di Stato in Belgio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Durante la quale il Capo dello Stato, accompagnato da sua figlia Laura, è stato il protagonista di tre giornate dense di simboli, di memoria e di visione, che hanno unito l’eleganza del cerimoniale al rigore della sostanza politica, in un perfetto equilibrio di stile e contenuto.
L’accoglienza al Palazzo Reale di Bruxelles da parte di Re Filippo e della Regina Mathilde, lunedì mattina, ha inaugurato un itinerario costruito con attenzione meticolosa e sensibilità istituzionale. L’organizzazione, frutto di una sinergia impeccabile tra il Quirinale, l’Ambasciata d’Italia a Bruxelles – guidata con raffinatezza e determinazione dall’Ambasciatore Federica Favi – e la Casa Reale belga, ha conferito alla visita un tono di sobria solennità. Nulla è stato lasciato al caso: ogni dettaglio, dai protocolli al linguaggio simbolico, ha riflesso i comuni sentire nazionali, ma anche europeo, che lega i due Paesi.
Il Presidente Mattarella, accompagnato dalla figlia Laura, ha incarnato quell’Italia che sa essere profondamente europea senza smarrire la propria identità. Nelle sue parole, pronunciate al Parlamento federale e durante il brindisi al banchetto di Stato, è emersa la forza morale di un Capo di Stato che continua a credere nel progetto europeo come garanzia di pace, libertà e progresso. “Non possiamo permetterci cedimenti”, ha ammonito, richiamando la lezione di Henri La Fontaine e dei padri fondatori dell’Unione, da De Gasperi a Spaak, a Spinelli.
Il programma della visita – tra Bruxelles, Marcinelle e Bruges – ha intrecciato la memoria storica con la cultura e l’arte. Alla Biblioteca Reale, la presentazione di uno dei più antichi manoscritti della Divina Commedia ha simboleggiato la radice umanistica comune; a Marcinelle, la commemorazione delle vittime del Bois du Cazier ha rinnovato il patto di riconoscenza tra Belgio e Italia, legati dal sacrificio di tanti lavoratori italiani e dall’impegno per un’Europa più giusta e solidale.
In questo quadro, la diplomazia italiana ha saputo mostrare il meglio di sé: discreta, preparata, efficiente. L’ambasciatore Federica Favi e la squadra dell’Ambasciata, supportata da quelle del Console Generale, Francesco Varriale, e del Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura, Pierre Di Toro, hanno saputo coniugare il rigore istituzionale con la naturale eleganza che contraddistingue la rappresentanza italiana. Una collaborazione esemplare con il Quirinale e con Palazzo Reale, che ha trasformato la visita in un modello di coordinamento e di stile. Anche per l’assistenza che hanno saputo fornire ai giornalisti accreditati.
La sobrietà del Presidente Mattarella, il calore umano dei Sovrani e l’efficacia organizzativa di ogni momento hanno restituito l’immagine di due Stati fondatori dell’Unione europea che sanno ancora parlare il linguaggio della civiltà e del rispetto reciproco. Quello di un’unitá europea che non si limita ai trattati, ma vive di relazioni, di cultura, di memoria.
Per chi, come me, serve da anni il “Sistema Italia” a Bruxelles, con memore riconoscenza per la prima onorificenza dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, ricevuta quando non avevo ancora trentacinque anni, e dunque motu proprio del Presidente della Repubblica, è stato un motivo di particolare orgoglio vedere rappresentata con tale dignità e compostezza, fuori da ingenerosi stereotipi, la nostra nazione nel cuore dell’Europa. Il Presidente Mattarella ha ricordato che “Bruxelles è casa comune” e che la collaborazione fra Italia e Belgio è, oggi più che mai, un motore di unità e di speranza.
In un tempo in cui il linguaggio politico spesso si impoverisce, questa visita ha restituito la nobiltà delle forme e la profondità dei contenuti. Ha mostrato che eleganza e sostanza possono coesistere, e che la forza dell’Italia risiede nella sua capacità di unire sobrietà e visione, creatività e rigore, memoria e futuro.
Concludendo il suo brindisi, il Presidente ha augurato ai popoli d’Italia e del Belgio “benessere, prosperità e pace”. Tre parole semplici, ma che riassumono l’essenza stessa del messaggio di questa visita: un’Europa fondata non sull’interesse, ma sulla cultura del rispetto e dell’amicizia. Da custodire gelosamente, e da trasmettere alle future generazioni.