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Opportunità o minaccia? Da dove passa la sfida cinese a Usa ed Europa

La competizione tra Stati Uniti e Cina rappresenta l’apice di uno scontro sistemico che coinvolge dimensioni militari, economiche, tecnologiche e culturali. Un confronto che non si gioca solo sui campi di battaglia ma nelle fabbriche, nei data center e nelle università. Di questo si è discusso al Centro Studi Americani, durante un evento del Festival della Diplomazia che ha messo al centro le sfide poste da Pechino e le risposte di Washington e Bruxelles

Nella competizione tra i principali attori della politica internazionale ci sono alcune dinamiche, come ad esempio quella militare, che rappresentano l’apoteosi del più ampio scontro tra gli apparati statali nelle loro più varie forme. Dietro a questa premessa si celano però una serie di fattori, quello economico, quello tecnologico e quello culturale, che rappresentano il motore del processo che Paul Kennedy ha definito “Ascesa e declino delle grandi potenze”. È questa la chiave interpretativa da adottare per comprendere appieno quella contrapposizione tra Cina e Usa che oggi sta al centro delle dinamiche internazionali.

Cercare di cogliere queste sfumature è stato l’obiettivo dell’evento intitolato “Competenze e Conoscenze. Le nuove sfide della Cina per gli Stati Uniti”, organizzato dal Festival della Diplomazia e tenutosi al Centro Studi Americani nel pomeriggio di giovedì 17 ottobre, durante il quale i relatori di diversa estrazione presenti sul palco, moderati dal presidente dell’associazione Italia-Asean Romeo Orlandi, si sono confrontati tra di loro e con il pubblico presente, andando a esplorare non solo le relazioni tra Washington e Pechino, ma anche quelle di Bruxelles nei confronti del suo (ex?) alleato storico e dell’emergente potenza “sfidante”.

Una sfida, quella cinese, che viene posta con strumenti simili, ma con obiettivi diversi da quelli degli Stati Uniti. “La Cina costruisce ed esercita il suo potere in modo diverso dagli Stati Uniti. E una delle grandi differenze è che gli Stati Uniti proiettano la loro potenza militare in tutto il mondo. Il governo cinese ha deciso che questo è un modo inefficace di essere una superpotenza. E mentre militarmente vogliono essere dominanti in Asia, per molti versi non possono portare strumenti politici altrove”, nota la professoressa di Stanford Oriana Skylar Mastro, suggerendo che il governo cinese ha deciso di non proiettare la propria potenza militare in Europa, non perché non gli interessi controllare ciò che i Paesi europei possono fare, ma perché ha trovato un metodo che ritiene più efficiente, e che quindi la sovranità dell’Europa è ancora a rischio.

“La Cina è definita in tre modi diversi: come partner, come concorrente e come rivale strategico. Quindi abbiamo un rapporto piuttosto complicato per diversi motivi”, suggerisce Ivan Cardillo, presidente dell’Istituto di Diritto Cinese e dell’Italy-China Business Development Forum, riferendosi all’approccio europeo nei confronti di Pechino. “Uno dei motivi è che dobbiamo fare diplomazia anche con gli Stati Uniti e dobbiamo trovare il giusto equilibrio. Stavo pensando che una delle parole che mi è venuta in mente è ‘coopetition‘, non una competizione totale, non una cooperazione totale. E da questo punto di vista, è importante il modo in cui strutturiamo metodologicamente il dialogo”.

Dialogo da una parte, sicurezza dall’altra. D’altronde, la Repubblica Popolare rappresenta tanto un’opportunità quanto una minaccia per i fondamenti del sistema occidentale, oltre che per i Paesi che ne fanno parte. Lo evidenzia bene Jacopo Marzano, analista di Formiche.net: “Proviamo a guardare allo scenario. Nel nostro scenario, penso che stiamo semplicemente entrando in un’era di confronto tra sistemi, quello democratico e quello autocratico. Abbiamo due diversi e opposti processi decisionali politici, così come abbiamo due diversi e opposti modi di concepire l’industria. E oggi, ricordiamolo, la sicurezza industriale è sicurezza nazionale. E la sicurezza economica è sicurezza nazionale. E la sicurezza delle informazioni è sicurezza nazionale. E, naturalmente, la sicurezza militare è sicurezza nazionale. L’autonomia strategica di ogni Stato è interconnessa con il suo sviluppo, lo sviluppo tecnologico, lo sviluppo militare e così via. Stiamo entrando in una nuova era di competizione geopolitica, di competizione geopolitica globale. Abbiamo avuto la corsa al nucleare, poi abbiamo avuto la corsa allo spazio. Ora ci stiamo concentrando sulla corsa all’intelligenza artificiale, sulla corsa alle competenze, sulla corsa alla tecnologia. E in questa dimensione la Cina potrebbe essere una minaccia per gli Stati Uniti e per l’Europa”. Ricordando, in modo molto enfatico, che nella politica internazionale “chi non siede al tavolo, probabilmente è nel menù”. Specificare che il riferimento fosse all’Europa sarebbe pleonastico.


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