Le dichiarazioni di Donald Trump sul presunto impegno dell’India a ridurre l’acquisto di petrolio russo aprono un nuovo capitolo nel rapporto con Nuova Delhi, tra pressione economica e ricerca di equilibrio strategico. Sullo sfondo, i negoziati per un accordo commerciale che potrebbe ridurre i dazi statunitensi sulle esportazioni indiane dal 50% al 15-16%. Ma le versioni divergenti delle due capitali indicano che il dialogo resta fragile e carico di ambiguità
Durante le celebrazioni di Diwali alla Casa Bianca, Donald Trump ha dichiarato di aver parlato con il primo ministro indiano Narendra Modi, assicurando che Nuova Delhi “non comprerà molto petrolio dalla Russia”. Il presidente ha aggiunto che Modi “vuole vedere la fine della guerra tra Russia e Ucraina” e che l’India “ha già ridotto le importazioni e continuerà a farlo”.
Modi ha confermato la telefonata e ringraziato Trump per i “calorosi auguri”, ma non ha fatto alcun riferimento al petrolio russo o a intese commerciali. Fonti del ministero degli Esteri indiano, interpellate dalla BBC, hanno dichiarato di “non avere nuovi commenti”, mentre altre fonti a New Delhi sostengono che “nella telefonata non c’è stato nessun riferimento diretto ad accordi commerciali”.
Secondo la stessa linea, altre fonti indiane spiegano che la conversazione si sarebbe concentrata sul contrasto al terrorismo — tema che per l’India include la destabilizzazione proveniente dai gruppi collegati al Pakistan, il rivale storico di Nuova Delhi, che l’amministrazione Trump sembra voler riportare al centro della propria politica tra Medio Oriente e Asia Centrale.
Nel frattempo, Washington ha imposto dazi fino al 50% sui beni indiani, inclusa una penalità del 25% per chi continua a importare greggio russo. Tuttavia, il tono di Trump si è ammorbidito negli ultimi giorni, parallelamente al riavvio dei negoziati commerciali bilaterali.
Fonti di Mint e Bloomberg indicano che un accordo India-Usa potrebbe essere vicino: la riduzione delle tariffe doganali statunitensi al 15-16% sarebbe il primo passo verso una normalizzazione del commercio bilaterale, congelato da anni di tensioni.
Eppure, dietro le apparenze di una distensione, permane un’ambiguità di fondo. L’India ha aumentato le importazioni di greggio russo dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022, giustificandole come misura di sicurezza energetica. Ha inoltre ricordato che diversi Paesi occidentali — inclusi gli Stati Uniti — mantengono ancora scambi con Mosca.
Dal punto di vista economico, i dazi bilaterali di questo tipo sono ampiamente inutili nel riequilibrare il commercio o rilanciare la manifattura, e rischiano anzi di aumentare il deficit commerciale americano. Sul piano strategico, l’amministrazione Trump punta a ridurre il sostegno indiretto a Mosca, ma senza compromettere il partenariato con Nuova Delhi, considerato cruciale per contenere la Cina.
In questo equilibrio sottile, le parole di Trump sul petrolio russo sembrano più un messaggio politico che un impegno verificabile. Mentre le due capitali cercano di costruire una nuova intesa economica, la diplomazia energetica resta il terreno più instabile del rapporto indo-americano — dove la convergenza geopolitica si ferma spesso un passo prima dell’allineamento strategico.