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Huawei convocata dal Copasir per parlare di cyber security (e di 5G)

huawei, Handelsblatt

Un’audizione di “routine”, da tenere nell’ambito dell’ampia indagine conoscitiva condotta dal Copasir sul tema della cyber security. Tuttavia, durante l’incontro con i vertici italiani di Huawei, convocati il 5 giugno alle 12 dal comitato parlamentare di vigilanza sull’intelligence presieduto da Lorenzo Guerini, con ogni probabilità sarà affrontata, seppur in termini di proiezione, la questione della sicurezza delle reti 5G, un dossier che nel tempo ha dato vita a diversi ‘warning’ dell’alleato statunitense, impegnato in uno scontro tech con Pechino dai contorni ormai globali.

LE RAGIONI DELL’AUDIZIONE

Alla base dell’audizione, ha spiegato a Formiche.net il vicepresidente del Comitato, Adolfo Urso, tra i deputati più attivi nel sollevare i potenziali pericoli derivanti da una cattiva gestione dei rapporti con la Cina, “non c’è nessun pregiudizio nei confronti di Huawei, semmai”, ha chiarito, “intendiamo approfondire, con uno dei player principali del settore Ict, alcuni aspetti che riguardano la sicurezza dello spazio cibernetico, che porteranno ad un’apposita relazione che consegneremo al parlamento al termine di questa indagine conoscitiva”, la cui uscita è prevista o nel mese di agosto, prima della pausa estiva, o al più tardi alla ripresa delle attività parlamentari, all’inizio di settembre.

“Dopo una prima fase che ha portato al Copasir i rappresentanti delle istituzioni competenti – ministeri e agenzie – ora”, ha aggiunto il senatore, “ascolteremo le telco. Lo abbiamo già fatto in settimana con Vodafone e ora proseguiremo con la compagnia di Shenzhen”. Successivamente, sarà il turno, entro la fine di giugno, di Wind-Tre e Tim. Poi si passerà a alcune imprese del settore, per chiudere con un esponente dell’intelligence. Ma con Huawei si parlerà di 5G? “Anche, ma non solo“, ha precisato Urso.

IL TEMA 5G

E non potrebbe essere altrimenti, vista la rilevanza – geopolitica e di sicurezza – del dossier e, in generale, della presenza delle aziende cinesi del settore nella Penisola, un argomento, ha raccontato Formiche.net, da anni all’attenzione dei servizi segreti e dello stesso Copasir. Ma dei rischi connessi alla pervasività dell’elemento tecnologico ha parlato più recentemente anche l’ultima relazione del Dis al Parlamento, presentata a fine febbraio dai vertici del dipartimento alla presenza dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte (che ha tenuto per sé la delega all’intelligence). Tutti suggerimenti che, nel tempo, non sembrano però aver trovato ascolto dagli esecutivi che si sono succeduti (l’inquilino di Palazzo Chigi, il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, titolare del dossier, e rappresentanti delle agenzie sono stati nei mesi passati a Palazzo San Macuto proprio per essere ascoltati sul 5G, in audizioni slegate dall’indagine conoscitiva in corso).

UNA QUESTIONE INTERNAZIONALE

Le implicazioni di sicurezza legate al 5G e al ruolo di Pechino nello sviluppo delle nuove reti mobili ultraveloci sono in cima ai pensieri di Washington, che ne sta ancora discutendo con l’Italia e con tutti i partner europei e Nato, cercando di sensibilizzarli (mentre oltreoceano la Casa Bianca ha già assunto provvedimenti specifici, inserendo Huawei in una ‘black list’ del Dipartimento del Commercio). In questi ultimi mesi sono intervenuti pubblicamente sul tema il capo della diplomazia americana Mike Pompeo, ma anche Robert Strayer, il più alto funzionario cyber del Dipartimento di Stato americano, militari statunitensi come Curtis Scaparrotti e, nel nostro Paese, l’ambasciatore Usa in Italia Lewis Eisenberg, uniti nell’avvertire che utilizzare la tecnologia di aziende cinesi potrebbe influenzare la capacità Usa “di condividere informazioni di intelligence” con i suoi alleati.

La ragione di questa campagna, ha spiegato l’amministrazione Usa, nasce dalla convinzione di Washington che i colossi cinesi della tecnologia possano potenzialmente trasformarsi in veicoli di spionaggio a beneficio di Pechino, in virtù soprattutto di una Legge sull’intelligence che obbliga le aziende della Repubblica Popolare a collaborare con la madrepatria. Ma le preoccupazioni americane sono addirittura più estese. La rete ultraveloce 5G, hanno spiegato i funzionari di Washington, comporterà un cambiamento davvero significativo rispetto a quello che si è visto sinora. In primo luogo si connetterà a una moltitudine di dispositivi Iot. Tutto, dalla telemedicina alle reti di trasporto passando per veicoli e poli produttivi, si appoggerà a questa rete, la cui velocità supererà in prospettiva di oltre 100 volte quella che presenta attualmente nelle reti 4G. Ci sarà anche una latenza molto bassa, fino a un millisecondo, fondamentale per gestire, ad esempio, veicoli a pilotaggio automatico. Ragion per cui, dal punto di vista degli Stati Uniti, sarebbe sconsiderato lasciare la possibilità a un Paese ritenuto non amico, come la Cina, la possibilità di interrompere il funzionamento di infrastrutture critiche e l’erogazione di servizi essenziali.

In risposta a questi timori, alcune nazioni hanno dato seguito agli avvertimenti americani, escludendo i colossi cinesi dall’implementazione delle loro reti. Altri, invece, non hanno ancora deciso il da farsi. E, altri ancora, hanno deciso solo di introdurre controlli più severi, senza tenere fuori a priori nessuno dei player.

LA POSIZIONE DELL’ITALIA

Riguardo il 5G (sul quale ha recentemente accesso i riflettori anche il Garante Privacy), a differenza di quanto accaduto in altri Paesi, Roma ha finora deciso di non escludere a priori le aziende della Repubblica popolare cinese. Mesi fa, attraverso una nota del Mise, è stata smentita l’intenzione di precludere alle aziende cinesi lo sviluppo della nuova tecnologia in Italia. Il governo ha poi proceduto all’istituzione di un nuovo Centro di valutazione e certificazione nazionale (Cvcn) – ancora non operativo – presso l’Iscti del Mise, e all’estensione del Golden power, la normativa sulle prerogative ‘speciali’ che lo Stato può usare a difesa degli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica in ambiti come l’energia, i trasporti e le comunicazioni – allargata alla stipula di contratti o accordi aventi ad oggetto l’acquisto di beni o servizi relativi alla progettazione, alla realizzazione, alla manutenzione e alla gestione delle reti inerenti i servizi” delle reti 5G, quando posti in essere con soggetti esterni all’Unione europea. Mitigare i rischi, però, allertano gli Usa, potrebbe essere difficile.



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