Il segretario di Stato americano atteso a Bruxelles per la ministeriale Nato: rispondere alla sfida cinese e rafforzare l’asse anti Russia le priorità in agenda. Alcaro (Iai): “Mantenere una certa elasticità di posizioni con Mosca può essere un vantaggio per la coalizione transatlantica”
Prima il tour in Giappone e Corea del Sud. Poi il vertice con la Cina in Alaska. Nei prossimi giorni il viaggio a Bruxelles. Lunedì il segretario di Stato americano Antony Blinken partirà per la capitale belga per partecipazione alla riunione ministeriale della Nato, incontrare i vertici dell’Unione europea (la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell) e incontrare alcuni esponenti del governo belga (Sophie Wilmès, vicepremier e ministro degli Esteri).
L’AGENDA
“Gli incontri a Bruxelles riaffermano l’impegno degli Stati Uniti nei confronti dei nostri alleati e partner europei nella nostra agenda comune”, si legge in una nota diffusa da Foggy Bottom. La ministeriale Nato sarà l’occasione “per sottolineare la determinazione dell’amministrazione Biden a rafforzare l’alleanza transatlantica e rinvigorire i nostri legami con gli alleati attraverso la Nato”, recita ancora il comunicato. “Questi incontri saranno un’opportunità per i ministri di discutere le proposte Nato 2030 per l’adattamento dell’Alleanza, le preoccupazioni su Cina e Russia, nonché i cambiamenti climatici, la sicurezza informatica, la lotta al terrorismo, la sicurezza energetica e altre sfide comuni che affrontiamo insieme”.
“Gli obiettivi transatlantici per contenere la pandemia Covid-19 e perseguire una ripresa economica globale sostenibile” saranno al centro dei colloqui con von der Leyen e Borrell. Con l’omologa belga Blinken, che rientrerà a Washington giovedì, parlerà di relazioni bilaterali e altri temi “di importanza globale”.
LA QUESTIONE RUSSA
A inizio mese Stati Uniti e Unione europea avevano coordinato l’imposizione di sanzioni alla Russia per il caso di Alexei Navalny (misure che verranno approvate lunedì dal Consiglio affari esteri dell’Unione europea poco prima dell’arrivo di Blinken a Bruxelles). E nei giorni scorsi l’amministrazione Biden ha alzato il livello dello scontro con la Russia. In particolare, prima l’affondo del presidente Joe Biden all’omologo Vladimir Putin, poi l’ultimatum agli alleati europei – alla Germania di Angela Merkel in particolare – sul gasdotto Nord Stream 2. E come raccontato su Formiche.net ciò potrebbe essere – anche ma non solo – stato funzionale al tentativo di minimizzare il vertice con la Cina in Alaska.
La Russia, come detto, sarà in cima all’agenda di Blinken. Che cosa può fare l’Unione europea? Formiche.net l’ha chiesto a Riccardo Alcaro, coordinatore delle ricerche dell’Istituto Affari Internazionali e responsabile del programma “Attori globali”. “Il punto non è tanto di prendere una posizione diversa ma persuadere gli Stati Uniti che cooperazione significa, appunto, ‘cooperazione’ e non richiesta di obbedienza o minaccia di sanzioni extraterritoriali (che tra alleati sono un’aberrazione)”, spiega. “Anche se si tratta di un colossale errore strategico come Nord Stream II – sul quale io ho sentimenti misti: il progetto è uno scandalo, ma la minaccia statunitense di sanzioni lo è altrettanto”. Cooperare, continua l’esperto, “vuol dire trovare forme di sintesi di interessi divergenti. Penso che questo sia possibile anche se la geografia costringe gli europei a cercare forme di interazione con la Russia meno improntate allo scontro frontale. Può anzi essere un vantaggio per la coalizione transatlantica mantenere una certa elasticità di posizioni. Teniamo presente però che a parte Nord Stream 2, non è che ci siano così tante fonti di divergenza transatlantica sulla Russia di Putin”.
IL DOSSIER CINA
La prima urgenza per Blinken a Bruxelles sembra essere quella di rispondere all’invettiva antiamericana lanciata dai funzionari cinesi in Alaska. “Non credo che la stragrande maggioranza dei paesi del mondo riconoscano i valori universali sostenuti dagli Stati Uniti, o che le opinioni degli Stati Uniti possano rappresentare l’opinione pubblica internazionale”, ha detto Yang Jiechi, il capo della diplomazia del Partito comunista cinese. E quale migliore risposta potrebbe esserci di una rafforzamento della Nato dopo aver già serrato i ranghi nell’Indo-Pacifico durante il recente (storico) summit Quad? Una simile strategia confermerebbe che l’approccio statunitense alla Cina è cambiato di tempi di Donald Trump: i timori non sono svaniti ma gli sforzi non sono più unilaterali.
Certo, l’Unione europea ha maggiori riserve rispetto a Paesi come l’Australia e il Giappone, visti gli sforzi verso un’autonomia strategica e il fatto che soltanto a fine dicembre ha firmato un accordo sugli investimenti con la Cina (qui l’analisi di Formiche.net). Riserve ben messe in luce dalle perplessità europee – in particolare di Germania e Francia – in merito all’istituzionalizzazione di un G-10 (o D-10), cioè di un allargamento del G-7 all’Indo-Pacifico per far fronte comune davanti all’ascesa cinese. Tuttavia, la rabbiosa reazione cinese alle sanzioni europee sui diritti umani violati nello Xinjiang e il messaggio antiamericano e antioccidentale lanciato in Alaska potrebbero favore il rafforzamento dell’alleanza transatlantica. Anche perché, mentre Blinken atterrerà a Bruxelles, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov arriverà a Pechino per incontrare l’omologo cinese Wang Yi e probabilmente, visti i passati protocolli, anche il presidente Xi Jinping – un viaggio celebrato dall’organo della propaganda cinese Global Times come la dimostrazione del “forte coordinamento Cina-Russia di fronte all’accerchiamento statunitense”.