Dopo le voci di un incontro alla Casa Bianca tra il presidente mauritano Ghazouani e il primo ministro Netanyahu, gli Usa di Donald Trump potrebbero provare a portare avanti la strategia degli Accordi di Abramo e tentare di normalizzare i rapporti tra Israele e Mauritania. Dinamiche da appuntare anche alla voce Piano Mattei
Secondo quanto rivelato in esclusiva da Semafor, la Casa Bianca avrebbe esplorato la possibilità di un incontro tra il presidente mauritano Mohamed Ould Ghazouani e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante il mini vertice Usa-Africa in corso a Washington. Tuttavia, l’ambasciatrice della Mauritania negli Stati Uniti, Cisse Mint Cheikh Ould Boide, ha smentito categoricamente che tale incontro sia stato pianificato, definendo le indiscrezioni “fake news”. In una dichiarazione rilasciata a Sahara Media, ha inoltre precisato che, in presenza del presidente in visita ufficiale, solo l’ufficio comunicazione della presidenza è autorizzato a rilasciare dichiarazioni pubbliche.
Il presidente Ghazouani si trovava a Washington per partecipare a un vertice ristretto con altri quattro leader dell’Africa occidentale: Gabon, Guinea-Bissau, Liberia e Senegal. L’obiettivo dichiarato della Casa Bianca è orientare i rapporti con questi Paesi verso logiche di investimento e cooperazione economica, piuttosto che di semplice assistenza. La partecipazione degli africani ha offerto all’amministrazione Trump l’occasione per consolidare legami strategici su dossier quali transizioni democratiche, lotta al narcotraffico, gestione dei flussi migratori e sviluppo del settore privato.
Ma un funzionario a conoscenza dell’agenda del vertice ha riferito a Semafor che l’ipotesi di un incontro tra i leader mauritano e israeliano era stata valutata, per allargare la profondità dell’incontro. Fonti ufficiali statunitensi e mauritane, inclusi la Casa Bianca e il dipartimento di Stato, non hanno rilasciato commenti ufficiali.
La Mauritania, membro della Lega Araba, ha interrotto i rapporti diplomatici con Israele nel 2010, in seguito all’operazione militare israeliana a Gaza nota come Piombo Fuso. I rapporti si erano sviluppati a partire dalla fine degli anni ’90 sotto la presidenza di Muʿāwiyah Aḥmad Ould al-Taya, con l’apertura di ambasciate in entrambe le capitali e una serie di investimenti israeliani nei settori delle telecomunicazioni e dell’estrazione mineraria, incluso il litio. Tuttavia, la normalizzazione è sempre stata impopolare all’interno del Paese, dove il sostegno alla causa palestinese è fortemente radicato – come altrove in Africa e in generale nel cosiddetto “Global South”. Le tensioni interne sul tema contribuirono alla crisi politica che sfociò in un colpo di Stato.
Sui social media, la semplice ipotesi di un incontro tra Ghazouani e Netanyahu ha suscitato reazioni di forte ostilità tra i cittadini mauritani, con critiche che evocano una frattura insanabile tra il presidente e il suo popolo qualora la normalizzazione venisse effettivamente avviata.
Parallelamente, Trump ha rafforzato la propria attività diplomatica su più fronti: dai tentativi di mediazione nei conflitti tra Ucraina e Russia, tra Israele e Hamas, e nella crisi tra Repubblica Democratica del Congo e Rwanda, fino a una possibile iniziativa per fermare la guerra civile in Sudan. Il premier israeliano Netanyahu ha recentemente proposto la candidatura di Trump al Premio Nobel per la Pace, elogiandone “la dedizione eccezionale e costante alla promozione della pace, della sicurezza e della stabilità nel mondo”.
Oggi la Mauritania rientra nel gruppo di Paesi africani che non riconoscono Israele o hanno sospeso le relazioni bilaterali. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca ha però riacceso le speculazioni su una possibile seconda ondata di accordi di normalizzazione, in continuità con la strategia degli Accordi di Abramo. Secondo fonti arabe, anche Siria e – con maggiore cautela – Libano, sarebbero coinvolti nei piani americani per un allargamento del cosiddetto “Scudo di Abramo”.
Tutte dinamiche che interessano l’Italia, orientata nella sua proiezione internazionale sia verso l’Africa (con il cosiddetto “Piano Mattei”) sia verso il Medio Oriente, parte di quel “Mediterraneo globale” di cui parla Giorgia Meloni. La distensione su dossier annosi, come il riconoscimento di Israele e la creazione di rapporti internazionali con attori del mondo arabo, è un elemento importante per la stabilità regionale. Un fattore che si traduce in sicurezza e prosperità, in una fase geopolitica molto complessa.