Con il fianco occidentale sotto embargo e con la sola Cina rimasta a comprare metano dalla Russia, Mosca si avvia verso un contesto energetico completamente diverso e con nuovi barcentri. Con le variabili Usa e Medio Oriente
Come cambierà il mercato del gas nel futuro? E chi sarà il play maker? Russia, Cina, Stati Uniti? Sono domande da farsi ai tempi in cui le guerre si combattono si, a suon di droni, ma anche coi gasdotti. E una risposta ha provato a darla Safe, l’organizzazione indipendente attiva nella consulenza nel campo dell’energia, da oltre 20 anni. “Russia e Cina hanno da poco firmato un accordo per l’espansione del gasdotto Power of Siberia che già oggi permette l’esportazione di gas russo verso Pechino”, si legge in un editoriale di Safe.
“Nel 2024, l’infrastruttura, la cui capacità di trasporto massima è pari a trentotto miliardi di metri cubi annui, avrebbe permesso l’approvvigionamento di circa trentuno miliardi di metri cubi di gas russo dalla Cina. Il nuovo gasdotto, noto come Power of Siberia 2, prevede il trasporto di fino a 50 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla regione artica russa verso il nord della Cina, attraverso la Mongolia. La Cina fa oggi affidamento sulla Russia anche per il Gnl (venti percento dell’export russo). Il progetto, nell’aria già da tempo, è una delle conseguenze del progressivo isolamento economico di Mosca come partner per le forniture di gas naturale e del progressivo deterioramento delle relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina”.
Ora, “il mancato rinnovo dell’accordo di transito con l’Ucraina per il trasporto di gas verso l’Europa, scaduto a dicembre 2024, ha determinato per la Russia mancati ricavi per quasi cinque miliardi di euro. Questa perdita si somma a quella già incorsa dal Cremlino per il progressivo affrancamento della Ue dal gas russo a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Secondo Eurostat, il valore degli acquisti europei di gas russo si è ridotto da circa quarantasette miliardi di euro nel 2022 a circa dodici miliardi di euro nei primi dieci mesi del 2024. I volumi importati tramite gasdotti si sono contratti di circa il quarantanove percento dal 2022 al 2024 (settantasei percento rispetto al 2021) e non sono stati compensati dall’incremento delle importazioni di GNL osservato nello stesso periodo (quattordici percento)”.
Tradotto, “il Cremlino è quindi costretto a ridefinire la propria strategia commerciale. Ciò anche in conseguenza dell’impegno assunto dall’Ue di azzerare le importazioni di gas russo al 2027 e che oggi si trova a rafforzare la propria partnership commerciale sul Gnl con gli Stati Uniti per sopperire alla mancata offerta russa. Il progetto tra Cina e Russia ha anche una valenza geopolitica. La Russia si pone come diretto concorrente degli Stati Uniti nell’offerta di Gnl e la Cina, da parte sua, ha dato una risposta alle sanzioni degli Stati Uniti con cui da tempo le relazioni commerciali non sono certo rosee. Tuttavia, la perdita di quote di mercato sui mercati internazionali del gas, pone il Cremlino in una posizione negoziale verosimilmente più debole rispetto alla Cina”.
Insomma, è evidente che la mappa energetica mondiale sta cambiando e con essa i suoi baricentri. Ormai è un dato di fatto. “Nei prossimi anni, in attesa del completamento del raddoppio del gasdotto Power of Siberia e di eventuali rafforzamenti delle partnership già in essere, per Mosca non sembrano esserci soluzioni facili per trarre sollievo dal progressivo azzeramento delle importazioni Ue a fronte di una forte esigenza di riposizionarsi sui mercati internazionali del gas. Ciò anche alla luce della forte concorrenza di Stati Uniti e Medio Oriente (Qatar, Oman ed Emirati Arabi in primo luogo) che entro il 2030 porteranno a completamento nuova capacità per l’esportazione di GNL per circa duecentosettanta miliardi di metri cubi l’anno. La partita per la ridefinizione dei rapporti di forza sui mercati del gas, che hanno oramai una valenza sempre più geopolitica, è ancora ampiamente aperta. Ma dai primi segnali, importanti cambiamenti sembrano attendersi. Sta ora alla Russia, più che alla Cina, il ruolo di regista”.