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La crisi demografica è una crisi di civiltà. Heritage Foundation porta il dibattito in Italia

La denatalità e la crisi del modello familiare tradizionale rappresentano il riflesso più visibile di un problema più profondo: quello del paradigma culturale occidentale. Da qui la necessità di una riflessione ampia, al centro dell’evento organizzato da Heritage Foundation e Formiche, con politici, studiosi e rappresentanti istituzionali riuniti a Roma per delineare le radici e le possibili soluzioni del fenomeno

Il tema della natalità in costante calo e quello della crisi del modello di famiglia tradizionale non sono solo temi strettamente interconnessi tra di loro, ma sono anche l’epifenomeno di una più ampia crisi riguardante il modello culturale occidentale. Cercare di sciogliere questi nodi rappresenta una forma di intervento concreto per salvaguardare il futuro di donne e uomini che sono alla base delle nostre società. Su questo binario si colloca l’evento “I travagli della famiglia moderna. Ricette per invertire la rotta”, organizzato dalla Heritage Foundation in collaborazione con Formiche, e svoltosi presso la sede dell’associazione della stampa estera a Roma nella mattina di martedì 21 ottobre.

Le parole di apertura pronunciate dalla direttrice di Formiche Flavia Giacobbe e dal vice-president for domestic policy della Heritage Foundation Roger Severino, assieme ai saluti istituzionali portati dalla vicepresidente del Senato della Repubblica Licia Ronzulli, tutti incentrati sul delineare le principali criticità relative al tema evidenziabili tanto in ambito sociale quanto in un più concreto ambito politico ed economico, hanno aperto il dibattito strutturato su più panel dove queste criticità sono state affrontate nel profondo.

A partire da quelle relative ai numerosi “nemici” della famiglia, in un dibattito guidato dalla director of Global Coalitions dell’America First Policy Institute Kristen Ziccarelli. Ylenja Lucaselli, membro della commissione Bilancio della Camera dei Deputati, ricorda “il sacrificio che c’è dietro ad una famiglia, soprattutto da parte delle donne” che spesso non riescono a trovare un equilibrio tra l’aspetto lavorativo e quello familiare, in parte a causa dell’assenza dei servizi di sostegno adeguati, ma anche da un modello culturale che in qualche modo contrasta le prospettive di genitorialità. Sempre sull’intenzionalità, si è espresso anche Severino, evidenziando che oggi non c’è più quella determinazione volontaria a perseguire lo sviluppo di qualcosa di bello e impegnativo come la famiglia, che difficilmente nasce in modo completamente spontaneo, ma in seguito ad una dimostrazione di volontà dei suoi membri. Il managing director di Moige Antonio Affinita sottolinea che la famiglia “produce la cosa più preziosa che ha una nazione: il suo futuro”, ma che malgrado ciò le politiche fiscali ed economiche non facilitano in alcun modo il sistema-famiglia, che nella società italiana moderna, dati alla mano, sembra essere condannato alla povertà, e che non dovrebbe “pagare le tasse per educare e crescere i propri figli”.

Il presidente della Fondazione Machiavelli Daniele Scalea si focalizza invece su come oggi si promuova in modo fallace l’immigrazione come soluzione alla natalità, soluzione che però non tutela in alcun modo la riproduzione sul piano italiano. “Bisogna rilanciare la natalità del popolo italiano, non di tutti i popoli. Che non vuole dire solo persone con il pedigree genetico giusto, ma persone che siano in grado di assimilare i valori della nazione”, afferma Scalea. Mentre Ottavia Munari, contributor per Nazione Futura e consulente politica per il Senato della Repubblica, riflette sul fatto che tutte queste problematiche colpiscano solo le società occidentali, dove il trionfo dei social e di dinamiche individualiste e narcisiste smonta alla base il concetto di maternità e di paternità. “C’è una narrazione particolarmente dannosa, ovvero quella che va a smontare la parità tra uomo e donna, che è stata una conquista dell’occidente. Oggi ci sono narrazioni invece che, in nome di una presunta e finta parità, cercano di scardinare i ruoli di uomini e donne nelle nostre società”.

Anche sotto la moderazione di James Carafano, senior counselor per il presidente dell’Heritage Foundation, prende luogo un dibattito che mira a guardare oltre la natalità per individuare quali siano le cause e dinamiche profonde. Elena Murelli, membro della Commissione delle Politiche dell’Unione europea presso il Senato della Repubblica, rimarca ancora una volta la doppia causalità della trasformazione culturale e delle difficoltà economiche, o quantomeno della percezione delle stesse. Quest’ultima, afferma l’esponente della Lega, è affrontabile con interventi specifici che vadano a migliorare la situazione contrattuale dei giovani lavoratori, o con politiche che favoriscano l’acquisto della casa da parte di nuove famiglie, o ancora garantendo servizi che supportino il corretto funzionamento dell’ecosistema familiare. Cercando di rivivere quel boom demografico che c’è stato dopo la seconda guerra mondiale, che, come ricorda l’ex ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Maurizio Sacconi, è stato sì permesso da condizioni favorevoli, ma che ha visto l’unità familiare nel ruolo di protagonista. Vladimir Gjorcev, ex-parlamentare della Repubblica di Macedonia, ha riportato l’esperienza del suo Paese, che tra il 2006 e il 2016 ha assistito ad un’inversione di rotta con una crescita del tasso di natalità, stressando l’importanza della natalità, che a livello europeo non viene considerata con lo stesso rigore dei parametri economici, ma che è altrettanto, se non più importante. Sempre di numeri parla l’executive director del programma di fellowship “La Bourse Tocqueville” Kate Pesey, la quale evidenzia la correlazione statistica tra calo dei matrimoni e calo delle nascite, suggerendo che dietro le mere cifre si nascondano una serie di drammatiche complicazioni sociali che è necessario affrontare per cercare di cambiare la situazione. Con la senior associate for International Social Issues dell’Heritage Foundation Grace Melton che contribuisce al dibattito sottolineando il ruolo della religione.

A mettere il cappello sulla giornata di riflessioni è stata la ministra per le pari opportunità e la famiglia Eugenia Roccella, che ha rivendicato, per il governo, il risultato di aver portato il tema della natalità all’interno del dibattito pubblico. “Nonostante il calo della natalità fosse già evidente nel corso degli ultimi quindici anni, non c’era una discussione sul perché di questo calo, e se c’era era molto limitata a consessi universitari, ai demografi, agli esperti, e soprattutto verteva quasi esclusivamente su temi economici”, ha detto la ministra. “Era dato per scontato che la bassa natalità in Italia fosse dovuta alla povertà, alla precarietà, alla mancanza di lavoro e di servizi. Molto più interessante il dibattito americano, in cui si parlava di transizioni demografiche, di Ingelhard, di società post-materialista”. Tutti temi che in Italia sono arrivati con netto ritardo.

La ministra trova parole di elogio anche per l’evento in via di conclusione: “Io ringrazio perché questo dibattito, quello di oggi, è centrato sui veri motivi della denatalità, che non sono certamente solo i motivi economici, anche perché guardando ai dati mondiali sulla natalità, sono le nazioni più sviluppate quelle dove il calo di natalità è più evidente. Abbiamo provato a portare questo dibattito anche in Europa, dove si parla di transizione verde, transizione tecnologica, ma non di transizione demografica. Malgrado tutti i Paesi europei, chi più chi meno, sono tutti al di sotto del tasso di sostituzione”.


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