Il 14 dicembre i candidati José Antonio Kast e Jeannette Jara andranno al secondo turno delle elezioni presidenziali del Paese sudamericano. Dopo il voto di ieri, il conservatore è il grande favorito, grazie ad una probabile alleanza di tutta la destra
Due modelli e linee di pensiero completamente opposti correranno per la presidenza in Cile il prossimo 14 dicembre. Nel primo turno di ieri hanno vinto la candidata di sinistra Jeannette Jara, con circa il 26,8% dei voti, e il conservatore José Antonio Kast con il 23,9%. Il terzo candidato più votato è stato Franco Parisi (con il 19%), il che lo trasforma in un elemento chiave per la vittoria finale.
Nessuno degli otto candidati ha ottenuto più del 50% dei consensi, per cui tra un mese ci sarà un nuovo turno con i due più votati. Si spera anche in una coalizione della destra, con i voti dei candidati Evelyn Matthei e Johannes Kaiser (tra loro hanno ottenuto il 27%).
Secondo il quotidiano americano The New York Times, Kast è il candidato che più si è ispirato al modello di Donald Trump, ed è stato quello a destra che ha avuto più successo: “Se i sondaggi risultano veritieri, il Cile si unirà ad una serie di Paesi latinoamericani, tra cui Argentina e Bolivia, che danno una svolta a destra negli ultimi anni”.
“Per il bene del Cile e per uscire dalla crisi nella quale siamo sommersi, l’unità è fondamentale. Dobbiamo unirci per una causa che è il Cile. Bisogna mettere tutto a disposizione di una causa, non di un candidato né di un partito, questa è la causa del Cile […] Sarà un plebiscito tra due modelli di società”, ha dichiarato Kast. Invece, per Jara, la questione elettorale riguarda la difesa di un sistema prezioso: “La democrazia bisogna proteggerla e valorizzarla, ci è costato molto recuperarla perché oggi sia messa a rischio”.
Jara vuole aumentare il ruolo attivo dello Stato nell’economia. È stata ministra di Gabriel Boric e, secondo molti esperti – tra cui l’inviato speciale della Bbc, Daniel Pardo – dovrà togliersi l’etichetta di “comunista” per potere avere qualche chance al ballottaggio. C’è chi parla addirittura una richiesta di sospensione dal Partito Comunista cileno e una presa di distanze dal governo.
Kast, che quattro anni fa perse le elezioni con il candidato Gabriel Boric, ha centrato la sua campagna elettorale sulla sicurezza e la lotta contro l’immigrazione illegale e le reti di criminalità internazionale. Ha proposto la costruzione di muri nelle frontiere (come Trump), l’installazione di misure di sicurezza e misure repressive più rigide. Per più del 63% dei cileni, la battaglia contro la criminalità è una priorità, molto più dei temi di diritti sociali, diversità e protezione degli indigeni (argomenti bandiera della sinistra).
Secondo Pardo, il primo turno ha dimostrato che l’elettorato cileno vuole nuove soluzioni, che è stanco della lotta culturale ed è profondamente critico delle strategie compiute fino ad oggi. C’è il grande desiderio di un cambiamento in una popolazione molto arrabbiata con la rappresentazione politica.
Un elemento chiave per questa lettura è il risultato ottenuto da “Franco Parisi, un economista pragmatico preoccupato dai problemi quotidiani della gente, più che dalla battaglia ideologica e politica. Parisi, anche se non sarà al secondo turno, sarà un attore chiave nei prossimi anni, soprattutto se si raggiunge un buon numero di seggi nel Congresso”.
Foto di diseñador grafico da Pixabay
















