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Come il Club de Periodistas è diventato la base della propaganda russa in Messico

Nel centro storico di Città del Messico, il Club de Periodistas rappresenta un presidio di eccellenza giornalistica dal 1952. Una ricostruzione condotta da Factchequeado con il supporto dell’Icj rivela però un’altra realtà: l’organizzazione è oggi divenuta un vettore strutturato di propaganda russa, un moltiplicatore di narrative allineate al Cremlino e un punto di connessione privilegiato tra diplomatici russi, disinformatori internazionali e parte dell’ecosistema mediatico messicano

Un’istituzione che per decenni si è presentata come custode dell’etica professionale e della libertà di stampa è oggi al centro di un’operazione di influenza straniera. Come ricostruito da un’inchiesta congiunta tra Factchequeado e Icj, il Club de Periodistas, nato come polo culturale per la categoria, è diventato una piattaforma di amplificazione delle narrative del Cremlino in America Latina.

La rete opera attraverso un sistema integrato che combina un sito ad alto volume di contenuti automatizzati, una rivista finanziata anche con fondi pubblici messicani, premi consegnati a figure centrali dell’apparato disinformativo di Mosca e un’attività para-accademica che offre spazi gratuiti ai vertici di Russia Today. L’impressione che emerge è quella di un’organizzazione che si auto-rappresenta come indipendente e non allineata politicamente, ma svolge, nei fatti, funzione di piattaforma logistica, comunicativa e simbolica per il soft power del Cremlino nell’America Latina.

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Le verifiche condotte dall’Alleanza per la Sicurezza della Democrazia presso il German Marshall Fund delineano un’infrastruttura coerente con gli standard delle campagne d’influenza statali. Dal mese di aprile 2025, oltre il settanta per cento del materiale pubblicato sul sito Voces del Periodista risulta essere mera riproduzione di contenuti provenienti da media statali russi e cubani, con RT e Sputnik che costituiscono più della metà dell’intero flusso informativo. La frequenza di pubblicazione, in media 137 articoli a settimana, supera di gran lunga la capacità operativa di una redazione tradizionale, suggerendo la presenza di un sistema automatizzato di redistribuzione dei contenuti.

Parallelamente, la rivista cartacea veicola in modo sistematico le principali narrative del Cremlino sull’invasione dell’Ucraina. Da sottolineare la terminologia adottata, “operazione militare speciale” in luogo di “invasione”, come replica fedele del lessico imposto da Mosca. La rivista ospita, inoltre, editoriali firmati da figure di livello governativo russo, come l’ambasciatore Nikolay Sofinskiy e il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza Dmitry Medvedev. Tra il pluralismo informativo e l’informazione orientata la linea è sottile, a volte.

Dati alla mano

La raccolta di documenti tramite la Piattaforma Nazionale di Trasparenza del Messico conferma inoltre che il Senato messicano, controllato dal partito Morena, ha investito 951.000 pesos in pubblicità sul periodico tra il 2020 e il 2023. Tale finanziamento pubblico risulta in evidente contrasto con l’opacità circa la distribuzione della rivista e la sua effettiva platea.

Sul piano operativo, sottolinea l’inchiesta, il Club ha ospitato nel gennaio 2024 una formazione intensiva condotta dai vertici di RT in lingua spagnola. I rappresentanti di Russia Today hanno ottenuto l’utilizzo gratuito del patio neoclassico, normalmente affittato per eventi a tariffe premium, per un training di cinque giorni rivolto a giornalisti messicani, incentrato sulla produzione di contenuti digitali.

Infine, il concorso giornalistico annuale del Club si è rivelato, negli ultimi tre anni, un dispositivo di legittimazione simbolica per disinformatori internazionali. A partire dal 2022, quasi tutti i premi “internazionali” sono stati assegnati a propagandisti russi, media statali di Mosca o soggetti finanziati da oligarchi vicini al Cremlino. Tra gli insigniti figurano Jackson Hinkle, noto per la sua attività di amplificazione delle narrative russe, e Alex Jones, personaggio centrale dell’estrema destra statunitense condannato per diffamazione nel caso Sandy Hook. 

Il modello

La trasformazione del Club de Periodistas in un hub operativo per la propaganda russa rappresenta un ulteriore tassello dell’estensione della sfera di influenza di Mosca in ecosistemi mediatici vulnerabili, sfruttando organizzazioni storiche, simbolicamente prestigiose e caratterizzate da una governance opaca. La combinazione di republishing automatizzato, legittimazione attraverso premi, supporto infrastrutturale a media statali russi e relazioni privilegiate con la diplomazia di Mosca indica un modello di penetrazione informativa, culturale e sociale ormai strutturato.

Il caso, al centro dell’inchiesta congiunta tra Factchequeado e Icj, evidenzia come la Russia punti alla costruzione di nodi locali capaci di amplificare e normalizzare le proprie narrative. E l’interazione con apparati istituzionali messicani, testimoniata dai finanziamenti pubblici al magazine, rafforza ulteriormente la capacità di tali operazioni di disinformazione di radicarsi nel tessuto politico-mediatico.

La centralità della figura di Sáenz de Miera, che definisce l’organizzazione “la casa dei diplomatici russi in Messico”, suggerisce un livello di prossimità e profondità diplomatico-mediatica che va ben oltre una semplice collaborazione editoriale.

Il Club de Periodistas mostra, sul piano pratico, come le infrastrutture legacy del giornalismo possano essere riconfigurate per sostenere obiettivi di influenza informativa straniera, sfruttando un mix di simbolismo istituzionale, opacità organizzativa e vulnerabilità politica e strutturale. Mentre, sul piano regionale, il caso solleva interrogativi sulla resilienza dell’America Latina alle operazioni di soft power ostili – o sulla potenziale assenza volontaria di contrasto a queste – e alla loro capacità di mimetizzarsi dietro strutture formalmente dedicate alla libertà di stampa.


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