Undici governi, dagli Stati Uniti all’Egitto fino all’Italia, stanno tentando di rimettere in moto il percorso politico libico in un momento di paralisi istituzionale e tensioni crescenti tra ovest ed est. L’operazione punta a saldare dimensione politica, sicurezza e integrazione economica sotto un’unica regia delle Nazioni Unite
Undici Paesi — Stati Uniti, Egitto, Francia, Germania, Italia, Qatar, Arabia Saudita, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Regno Unito — hanno diffuso una dichiarazione congiunta che segna il tentativo più organico degli ultimi mesi di forzare una ripartenza politica in Libia. Il testo ribadisce il sostegno alle aspirazioni dei libici verso unità, stabilità e pace duratura, ma soprattutto richiama la necessità di superare l’attuale frammentazione istituzionale, che si riflette in un Paese diviso di fatto in due blocchi di potere. La decisione del Consiglio di Sicurezza di estendere il mandato di Unsmil e la roadmap proposta dall’inviata Onu, Hanna Tetteh, vengono accolte come l’unico canale credibile per riportare la Libia su una traiettoria politica gestibile. La dichiarazione, in questo senso, non si limita a un sostegno formale: invita esplicitamente le fazioni libiche a utilizzare il quadro delineato dalle Nazioni Unite per avvicinarsi a un governo unificato e, in prospettiva, a elezioni condivise.
Accanto al versante politico, la dichiarazione insiste sulla necessità di progredire nel campo della sicurezza. I firmatari valorizzano gli sforzi compiuti finora per integrare le forze di sicurezza e chiedono di trasformare il coordinamento militare tra est e ovest in un meccanismo più stabile, istituzionalizzato e capace di accelerare l’unificazione delle strutture armate. La logica è che nessun compromesso politico potrà reggere senza un minimo di coesione sul terreno, dove intere aree del Paese restano ancora appannaggio di milizie locali e catene di comando sovrapposte.
Il secondo asse è quello economico. Le capitali coinvolte sottolineano l’urgenza di rafforzare le istituzioni che reggono l’economia libica — National Oil Corporation (Noc), Banca Centrale e Ufficio di revisione — considerate indispensabili per garantire stabilità finanziaria e sostenere una ripresa produttiva credibile. La recente nomina del presidente della Noc e la firma del Programma di Sviluppo Unificato da parte della Camera dei Rappresentanti e dell’Alto Consiglio di Stato vengono lette come segnali preliminari di un possibile allineamento tra i due poli del Paese. Il ragionamento dei firmatari è che una Libia con istituzioni economiche funzionanti possa produrre più energia, assicurare una gestione meno opaca delle risorse e avviare progetti di sviluppo sotto una supervisione accettata da entrambe le parti.
Il punto cruciale, quello che attraversa l’intera dichiarazione, è l’idea che la stabilità politica non sia possibile senza progressi paralleli nella sicurezza e nella governance economica. Solo un sistema unificato può restituire al Paese un margine di sovranità effettiva. Per questo i firmatari sollecitano gli attori libici a utilizzare la piattaforma Onu come strumento per l’unificazione delle istituzioni civili, la definizione di una roadmap elettorale condivisa e la costruzione di un’economia più trasparente e meno vulnerabile. La finestra politica aperta ora non è ampia, ma rappresenta un’occasione reale se la leadership libica deciderà di muoversi.
















