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Renzi come Bertinotti? L’ex segretario di Rifondazione comunista visto da Pizzi

Fausto Bertinotti, Giovanni Bollea, Gianni Letta
CARLO GIOVANELLI FAUSTO BERTINOTTI
Fausto Bertinotti, Giovanni Bollea, Gianni Letta
CARLO GIOVANELLI FAUSTO BERTINOTTI

“Per mediare bisogna essere in due e Renzi ha lo stesso obiettivo di Bertinotti: rompere”. Con queste parole Romano Prodi, ospite di Giovanni Floris a Di Martedì, su La7, ha analizzato la crisi in corso all’interno delle forze di maggioranza e portata avanti dal leader di Italia Viva facendo un passo indietro a quando, nel 1998, affrontò la crisi del suo governo, aperta proprio da Fausto Bertinotti.

“A ogni proposta lui ha alzato l’asticella – ha proseguito Prodi -. Quindi credo che Conte abbia fatto bene ad ammettere che se rompe rompe, questa crisi non conviene”. “La cosa inconcepibile – ha aggiunto – è voler buttare giù il governo quando giovedì prossimo bisogna decidere sui ristori: Renzi vuole mettere ancora più in crisi i ristoratori? Nonostante le aperture i toni sono ancora troppo alti”.

Nel ’98 Bertinotti, leader del partito di Rifondazione comunista, tolse l’appoggio esterno al governo guidato proprio da Romano Prodi, leader dell’Ulivo. Ma si tratta di un parallelo appropriato? “Punti di contatto se ne possono certo trovare”, ha detto Arturo Parisi, che nell’ottobre del ’98 era l’uomo più vicino a Prodi, in una lunga intervista rilasciata all’Unione Sarda sulla crisi di governo. “Ma i soggetti, la dinamica interna della crisi, e il contesto, sono troppo diversi”, specifica Parisi. “Come aveva previsto Giulio Santagata, uno dei più stretti collaboratori di Prodi, già all’indomani del varo dell’euro, finita l’emergenza che aveva fatto accettare l’Ulivo, si aprì la stagione della caccia. Con Prodi nella parte della lepre di turno. Ma, le assicuro, tra i cacciatori Bertinotti non era il solo e neppure il primo”.

E proprio Fausto Bertinotti è stato intervistato gli scorsi giorni dal Dubbio. Sulla crisi di questi giorni, sostiene Bertinotti, “c’è un elemento di novità di fronte alla crisi prodotta dal virus: cioè che l’emergenza non tocca solo la vita delle persone, ma l’economia nel suo complesso. A quel punto il rischio di recessione incontrollabile entra all’ordine del giorno e questo ingresso di un elemento inedito produce un cambiamento, prodotto dal sistema, che per immunizzarsi richiama alle armi una batteria ormai bandita come le politiche di austerity. Si mette in primo piano la politica della Bce e si fornisce agli Stati una consistente risorsa di denaro per far ripartire l’economia. A quel punto la politica passa nelle mani dei governi”.

Questa crisi, aggiunge Bertinotti, “non so come finisca perché i protagonisti sono come le tre scimmiette cieche, sorde e mute e solo loro sanno dove vogliono arrivare. Possiamo solo provare a immaginare cosa ha da perdere ognuno dei soggetti in campo nel caso la ricomposizione non riuscisse ma questa è vittoria postuma dell’andreottismo, senza la Prima Repubblica”.

Ecco Fausto Bertinotti visto da Umberto Pizzi.

(c) Umberto Pizzi – Riproduzione riservata

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