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Bene, bravi, bis. Ma è tutto vero spumante quello che viene stappato oggi? Si sta parlando del titolo Moncler, che debutterà sul listino di Piazza Affari lunedì 16 dicembre.

È già l’Ipo dei record, titolano i giornali: una domanda 31 volte superiore all’offerta, pari a oltre 20 miliardi di euro, da parte degli investitori istituzionali, ai quali era rivolto il 90% delle azioni da sottoscrivere. “Soltanto ai tempi d’oro delle dotcom c’era stata tanta euforia per lo sbarco di un’azienda in Borsa”, dicono le agenzie.

Bene, bravi, bis. Avanti tutta. Ma siamo sicuri che fra le bollicine degli spumanti stappati non si nasconda qualche bollicina molto finanziaria e poco industriale? Qualche parentesi negli articoli di oggi su Moncler deve far riflettere. Simone Filippetti sul Sole 24 Ore nota che “la quotazione è tutta in vendita, nemmeno un euro entra nelle casse della società”. A incassare sono dunque gli azionisti venditori e “il nugolo di advisor (capofila e regista dell’operazione Mediobanca, col team di Stefano Rangone, affiancata da Goldman Sachs e Merrill Lynch come banche collocatrici, Claudio Costamagna e Lazard in qualità di advisor).

Su Mf, nel pezzo di Andrea Montanari, si legge: “Al netto delle commissioni bancarie, stimate in15-20 milioni (oltre a 6-7 di costi legali), i fondi venditori porteranno a casa 767 milioni. Ad Eurazeo finiranno 410,6 milioni netti, a Carlyle 264 e a Mittel 93”.

Interessante anche un confronto: i fondi dunque incassano 767 milioni e il fatturato 2012 di Moncler si è tenuto poco sotto i 500 milioni. Tutti i numeri sono qui.

Moncler, solo piumini o anche bollicine finanziarie?

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