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C’è un immediato effetto Renzi nelle parole con cui Enrico Letta ha chiesto nuovamente la fiducia alla Camera, la terza in pochi mesi. Il nuovo segretario del Pd, in quanto non parlamentare, non è a Montecitorio ma in molti dei passaggi toccati dal premier si avverte la sua “presenza”.

PATTO GENERAZIONALE
Il giovane presidente del Consiglio nell’attacco e nella conclusione del suo discorso rimanda alla nuova “generazione” che ha preso le redini dell’Italia, nel Paese e nel Pd: “E’ un nostro obbligo generazionale aiutare l’Italia a rialzarsi”, chiarisce, rimandando all’“adesso tocca a noi” renziano.

INSOLITA DUREZZA
“Giochiamo d’attacco”, dice Letta inaugurando uno stile insolitamente duro nel rivolgersi a Beppe Grillo, seppur in modo indiretto: “Questo Parlamento repubblicano e le istituzioni esigono rispetto in periodi così amari”, spiega il presidente del Consiglio, riferendosi alle affermazioni del leader del M5S sulla vicenda dei “forconi” e sul suo incitamento a ribellarsi rivolto alle forze dell’ordine. E poi ancora: “Chi vuole isolare l’Italia non voti la fiducia, chi vuole giocare sul populismo anti europeo non voti la fiducia al mio governo”.

Anche Renzi nei giorni scorsi ha spesso inserito Grillo come leader numero uno da avversare nei suoi interventi. A partire dal suo discorso della vittoria con cui ha confrontato la positività del “welcome day” delle primarie rispetto al giorno dell’insulto che ha rappresentato il Vaffa day grillino dello scorso primo dicembre.

RIFORME RENZIANE
Letta, come ha chiesto il suo nuovo segretario, propone al Parlamento obiettivi e scadenze chiare. Lancia il patto 2014 con quattro punti che dovranno essere realizzati in diciotto mesi, secondo le procedure ordinarie di revisione costituzionale previste dall’art.138: riduzione del numero dei parlamentari, abolizione delle province, fine del bicameralismo perfetto, riforma del titolo V della Costituzione.

E bacchetta il Parlamento su un aspetto su cui tanto ha battuto il rottamatore fiorentino, l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti: “Troppo tempo è passato dalle proposte fatte dal governo sull’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti e perciò confermo la volontà di completare definitivamente questo percorso entro l’anno con tutti gli strumenti a disposizione”.

PRIORITA’ E RIFORMA ELETTORALE
“Dal primo gennaio l’istruzione e la ricerca saranno messi in cima alle priorità”, con “impegni concreti per il rilancio delle università e della ricerca entro marzo”, fa sapere il premier, ripetendo le parole che poche ore prima aveva pronunciato Renzi a Ballarò.

Punta sul bipolarismo per la nuova legge elettorale che dovrà quindi necessariamente basarsi su un meccanismo maggioritario: “Si deve evitare l’eccesso di frazionamento che ci condannerebbe all’ingovernabilità e garantire una democrazia dell’alternanza. L’obiettivo è un meccanismo maggioritario”, dice il presidente del Consiglio, chiedendo di ricreare “un legame tra elettori ed eletti”.

I PUNTI CRITICI
Ci sono principalmente due punti che fanno arricciare il naso ai renziani. Letta lascia al Parlamento la decisione su amnistia e indulto, i due provvedimenti straordinari ipotizzati dal presidente della Repubblica per risolvere l’emergenza carceria, rigettati invece da Renzi. Ma ribadisce la sua disponibilità: “Il Parlamento assumerà le sue decisioni ma siamo pronti per quello che riguarda il governo, siamo la patria di Cesare Beccaria e lo dobbiamo dimostrare”.
Non convince i renziani neanche il “contatore della semplificazione” prospettato da Letta, come rivela un tweet di Paolo Gentiloni: “Sorvolerei sul contatore della semplificazione #Letta”.

Significativo però anche il secondo tweet dell’ex ministro sul discorso di Letta: “Dal discorso del Premier una (graduale) transizione da Alfetta a Lenzi”.

Letta ha già imparato la lezione di Renzi

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