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L’8 marzo del 1971, mentre la città era distratta guardando Muhammad Ali e Joe Frazier sul ring del Madison Square Garden per combattere l’incontro del secolo, otto attivisti politici fecero irruzione nell’ufficio dell’Fbi a Media, Pennsylvania, e portarono via scatoloni con documenti classificati. Il match è durato ben 15 round, durante i quali i i ragazzi ebbero il tempo necessario per compiere il furto.

LE PRIME INCHIESTE
I giorni successivi, i documenti e le informazioni rubate furono inviate in maniera anonima ad alcune agenzie di notizie e giornali. Il governo avrebbe allora chiamato il Post per bloccarne la pubblicazione, senza però riuscirci. Fu così che cominciarono le inchieste sulle attività di spionaggio e irregolarità all’interno dell’Fbi durante la guerra in Vietnam. Al centro dello scandalo il direttore del bureau, J. Edgar Hoover.

IL LIBRO
I “ladri di informazioni” sono rimasti per anni in silenzio. Un atteggiamento diverso rispetto a un altro caso di infiltrazione, quello di Edward Snowden. Ma la giornalista Betty Medsger, che all’epoca lavorava al Washington Post, scaduti i tempi per possibili condanne legali, ha deciso di pubblicare un libro sulla vicenda, The Burglary. Un testo che raccoglie le testimonianze degli otto attivisti.

L’UNICA SCELTA
Keith Forsyth ha confessato la sua partecipazione nel furto al New York TimesIn un articolo pubblicato oggi, Forsyth ha spiegato che quando parlava con qualcuno fuori dal movimento pacifista di ciò che stava facendo l’Fbi, nessuno voleva credergli. “Così non restò che prendere quei documenti scritti a mano per convincere le persone”, ha detto.

ALLA VECCHIA MANIERA
Secondo il sito Philebrity, a differenza di Snowden – che ha scaricato migliaia di archivi digitali in hard disk – i pacifisti che sono entrati nell’ufficio dell’Fbi hanno compiuto l’azione con i metodi del XX secolo: hanno studiato per mesi l’ufficio e una volta dentro hanno riempito diverse valigie con i documenti. Fuori ad aspettarli c’era un’auto. Dopo il furto sono andati in una casa in campagna, vicino a Pottstown, Pennsylvania, e sono stati 10 giorni a smistare i documenti.

IL PIANO
L’idea del furto è stata di William C. Davidon, professore di fisica dell’Haverford College e personaggio fisso di tutte le proteste contro la guerra a Filadelfia negli anni ‘70. Un’icona del movimento pacifista. Si sentiva frustato perché le manifestazioni erano sempre deserte e ideò un piano. La scintilla scattò quando il presidente Richard M. Nixon annunciò che gli Stati Uniti avevano invaso la Cambogia. Siccome entrare negli uffici dell’Fbi a Filadelfia era troppo rischioso, pensò ad un ufficio più piccolo, quello di Media. Dopo mesi di osservazione, capì tutte le abitudini di chi entrava e usciva del palazzo. L’unico inconveniente fu una porta chiusa, ma Bonnie Raines riuscì a entrare da una finestra.

NUOVI METODI DI SICUREZZA
Michael P. Kortan, il portavoce dell’Fbi, ha detto che “fatti come quello dell’ufficio di Media hanno contribuito a cambiare la metodologia dell’Fbi per identificare e affrontare le minacce interne contro la sicurezza. e hanno spinto a una riforma politica da parte del dipartimento di Giustizia”.

QUALCUNO DOVEVA FARLO
In un’intervista alla Nbc, la coppia composta da John e Bonnie Raines ha confermato che l’intenzione non è mai stata quello di diventare celebrità. Raines ha 80 anni ed è ancora convinto della sua azione. Alle telecamere ha spiegato: “Abbiamo semplicemente fatto quello che bisognava fare. Sembrerebbe che siamo stati azzardati ma non c’era neanche una sola persona a Washington – tra senatori, politici del Congresso, neanche il presidente – con il coraggio necessario per chiedere spiegazioni a J. Edgar Hoover. Avevamo molto chiaro che se non lo facevamo noi, nessuno lo avrebbe fatto”. Sembrerebbe proprio che Edward Snowden non abbia inventato nulla.

John e Bonnie Raines
John e Bonnie Raines
John e Bonnie Raines

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