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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori pubblichiamo il commento di Riccardo Ruggeri apparso sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.

Nelle ultime settimane, lo scenario politico si è fatto più chiaro. Berlusconi è «morto» come senatore, andrà in galera, ma è vivo e vegeto come collettore di voti. Grillo e Casaleggio hanno fallito nella scelta dei parlamentari, ma hanno mantenuto intatta la loro capacità di fiutare il vento, e sanno che il collettore di voti è il Grillo delle Piazze e delle TV, non certo il web dei ragazzotti. Guardate come si sono liberati di Rodotà, di Gabanelli, dell’invincibile Fatto. Sanno che l’Europa, e l’Italia, stanno andando a destra, non verso la mitica Destra europea (mai esistita), ma verso una Destra popolare, dura, sgradevole, di certo non fascista. I contraccolpi della Grande Crisi, dopo appena 6 anni dall’inizio, sono stati micidiali, hanno inciso nel profondo delle emozioni e della pancia degli elettori, sotto il pavimento sobbolle un magma vulcanico a noi sconosciuto, nessuno sa immaginare cosa succederà nei prossimi 15 anni. La Grande Crisi del ’92 in Giappone, simile a questa, è durata 20 anni. Tutto ci porta a prevedere una radicalizzazione nella politica. Non più ricchi contro poveri, sinistra contro destra, ma pubblici e garantiti contro lavoratori autonomi e giovani, cittadini contro immigrati, burocrati contro produttori di pil. A nostra insaputa, in sei anni è cambiato il paradigma, chi non lo capisce, chi non si attrezza per il prossimo decennio, sarà fuori gioco.

Personalmente, come analista indipendente, come voyeur dei comportamenti organizzativi delle élite, ero curioso di ascoltare il discorso di Matteo Renzi. Due i modelli che il marketing politico gli suggeriva. Il primo era una riproposizione dell’Ulivo, liberato dall’estremismo di sinistra assorbito da Vendola, con un Prodi giovane e brillante, idoneo appunto a raccattare tutti i voti del centro-sinistra-sinistra, raggiungendo, grazie al suo quid, il fatidico 40-45%. Il secondo era uno schema nuovo per l’Italia, thatcheriano (se vogliamo essere più cauti, merkeliano) in economia, ma con una certa sensibilità sociale verso i più deboli, abbandonando al suo destino Vendola, prendendo così voti anche sul versante del centro-destra. Era questo il profilo del «primo» Renzi, avversario alle primarie di Bersani.

Ero convinto che avrebbe scelto questo secondo modello, al solito mi sono sbagliato. L’ho capito non appena ha fatto i due esempi, oltretutto ben scelti. Il caso Alitalia si prestava a indicare una linea, e lui invece che fa? Colpevolizza la dozzina di imprenditori «Patrioti», che nel disastro c’entrano come il due di picche, rispetto alla politica di destra e di sinistra, al capitalismo di relazione, a supermanager sguaiati, agli orrendi comportamenti sindacali.

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