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L’approssimarsi del semestre in cui l’Italia avrà la Presidenza degli organi di governo dell’Unione Europea (Ue) ed il difficile negoziato per la costruzione dell’unione bancaria comportano rischi ed opportunità.

I rischi riguardano l’intera Ue ma colpiscono in particolari Paesi come il nostro con un elevato (anzi elevatissimo) debito sovrano.

Da un lato, la definizione degli istituti che saranno direttamente soggetti alla supervisione della Banca centrale europea (Bce) dovrebbe prevenire il ripetersi di casi come quelli del Mps, ma mostrerà, a tutta Europa ed a tutto il mondo, quali istituzioni sono più lasche di altre in questa delicata funzione e in che misura la divisione di responsabilità tra vigilanza e concorrenza favorisce la messa in atto di misure preventive per evitare crisi bancarie tali da ripercuotersi sul resto dell’unione.

Da un altro lato, è evidente che il costo a cui far fronte in caso di crisi bancarie sarà quasi interamente ‘nazionale’ e che, quindi, l’unione bancaria non recederà, come inizialmente sperato, il nesso tra gravi difficoltà degli istituti ed il debito sovrano.

Da un altro ancora, pur se semplificato dall’Ecofin e dal Consiglio Europeo dello scorso dicembre, il meccanismo decisionale resta complesso e barocco: il presidente americano Richard Nixon, che poco si intendeva di economia ma non mancava di fiuto politico, amava dire che “gli gnomi di Zurigo” (i malevoli mercati speculativi) amano infiltrarsi in architettura di questa natura per fare alti utili a scapito del resto degli operatori.

Dunque, ci sarà molto da fare, nei prossimi mesi, per affinare l’unione bancaria. Non illudiamoci che il lavoro di ‘finissage’ verrà fatto nell’arco di pochi mesi mentre ci si prepara alle elezioni europei e quello che, a torto o ragione, si ritiene il secondo maggior azionista dell’Ue, sta per profondare in una crisi economica e politica di cui non si ricordano precedenti recenti. I nodi, soprattutto, sono molti difficili. Per scioglierli occorre sapere coniugare grande sapienza politica con profonda conoscenza tecnica di materie in cui non c’è una “dottrina dominante”.

Verosimilmente, la prossima estate all’interno dell’Ue si starà ancora negoziando, se non la vigilanza (unico capitolo archiviato), le “risoluzioni” delle crisi bancarie e se non auspicabile e fattibile un ruolo comunitario nelle garanzie per i depositi in conto corrente inferiori a 100.000 ciascuno.

La Presidenza italiana degli organi di governo UE potrebbe segnare una svolta nel negoziato sull’unione bancaria anche in quanto la prossima estate verranno eletti i nuovi Presidenti e della Commissione Europea (CE) e del Parlamento Europeo (PE); sino ad autunno inoltrato i due Presidenti saranno in una fase di “apprendimento”.

Se la Presidenza italiana saprà giocare bene le proprie carte avrà l’opportunità di porre il proprio sigillo all’Unione bancaria. Non è chiaro che i leader politici (di maggioranza ed opposizione) lo abbiano compreso e metabolizzato.

Ecco sfide e rischi per Letta sulla presidenza dell'Unione europea

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