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L’allarme nucleare è scattato in Iran. La Fondazione per la difesa delle democrazie, un’ong americana specializzata in sicurezza e politica estera, ha elaborato insieme al centro di studi economici Roubini Global Economics (guidato dall’economista Nouriel Roubini) un rapporto dal titolo “In quanto tempo l’Iran rimarrà senza soldi?”.

Lo studio analizza l’impatto economico delle sanzioni nelle riserve e la bilancia dei pagamenti. Un documento molto pertinente, alla luce dell’accordo (per ora rimandato) sul nucleare iraniano e la votazione al Congresso americano sulla decisione di aumentare le sanzioni economiche.

Secondo il rapporto tra meno di un anno l’Iran avrà la capacità necessaria per fabbricare armamento nucleare. Nonostante le sanzioni economiche imposte dalla comunità internazionale, il Paese vuole raggiungere questo risultato, e conta su risorse per farlo in questo tempo.

LA RESISTENZA IRANIANA
Un articolo pubblicato dal quotidiano Yedioth Ahronot spiega perché il cambiamento politico in Iran non potrà essere effettivo se non viene accompagnato da un cambiamento economico. Ci sono sempre più voci, tra cui quella del governo norvegese, che hanno lanciato l’allarme sulle condizioni della popolazione iraniana. Secondo l’economista iraniano e professore dell’Università Virginia Tech, Djavan Salehi Isfarahi, gli iraniani riescono ancora a resistere, ma non per molto.

“Ad oggi, nonostante l’economia sia rallentata di un 3% rispetto al 2012, gli stipendi si sono abbassati e i prezzi stanno aumentando, c’è un rilancio dell’industria alternativa, spinta dal settore privato”, ha spiegato Salehi Isfarahi. Sono loro a sostenere l’economia. L’economista ricorda che nel 1980, davanti ad un blocco simile, è nata un’industria di armi e informatica nel paese, di fronte all’impossibilità di acquistare missili e hardware all’estero.

UNA RICCHEZZA RELATIVA’
Un’inchiesta di Reuters ha svelato il patrimonio economico e finanziario della Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei: 95 miliardi di dollari. Oltre al potere politico e militare, Khamenei ha costruito negli ultimi 24 anni una ricchezza sulla base delle espropriazioni dell’organizzazione Setad.

Ma le condizioni del Paese sono ben diverse. Di fronte al divieto di trasferire pagamenti attraverso entità finanziarie internazionali, le riserve iraniane si stanno riducendo velocemente: da 100.000 milioni di dollari nel 2011 a 80.000 milioni a luglio del 2013. Di questi, Teheran può accedere soltanto a 20.000 milioni.

L’inflazione si è finalmente stabilizzata dopo mesi di squilibrio. Tra le cause la svalutazione della moneta nazionale e la minaccia di attacco da parte di Israele e Stati Uniti. Per mesi l’inflazione è oscillata tra il 32% e il 45%, ma secondo il Centro ufficiale di statistiche iraniano oggi l’inflazione è al 30%. Il Pil è al 5%, il punto più basso dal 1988, l’ultimo anno della guerra Iran-Iraq.

Oggi il deficit iraniano è il più alto degli ultimi 14 anni: il 3% del Pil. L’aumento delle tasse imposte da Ahmadineyad (fino al 38% in alcuni casi) non può essere ancora revocato dal nuovo presidente Hassan Rohani. La disoccupazione è passata dal 15,3% nel 2011 (quando sono cominciate le prime sanzioni) al 28% nei primi mesi del 2013.

LA CRISI UMANITARIA
L’Iran vende un milione di barili di petrolio in meno ogni giorno da quando sono state imposte le sanzioni. Il che si traduce in circa 5 miliardi di dollari in meno al mese. Dei 20 Paesi che importavano il greggio iraniano, oggi solo Cina, India, Giappone, Corea del Sud e Turchia lo comprano.

Per questo motivo il rapporto della Fondazione per la difesa della democrazia e gli analisti di Roubini Global Economics denunciano la mancanza di prodotti base, l’aumento del mercato nero, del costo dell’elettricità e la difficoltà di comprare medicine soprattutto per la cura dei tumori. In Iran quasi la metà della popolazione urbana vive sotto la soglia della povertà. “In cinque anni ci sarà una crisi umanitaria”, avverte lo studio.

LE PROPOSTE DI ROUBINI
Gli analisti della Fondazione per la difesa delle democrazie e il Roubini Global Economics hanno elaborato un documento con alternative che potrebbero disinnescare il rischio nucleare. Si tratta di nuove misure, molto dure, che hanno come finalità accelerare la crisi di bilancio e fare pressione sul regime iraniano, in modo che sia costretto ad abbandonare il programma nucleare.

Le proposte sono:

– Sanzionare qualsiasi istituzione finanziaria che aiuti l’Iran nell’accesso alle riserve all’estero
– Ridurre le importazioni autorizzate di petrolio iraniano
– Chiedere ai Paesi che comprano petrolio iraniano che riducano le esportazioni di prodotti che non siano di carattere umanitario
– Chiedere che una parte delle risorse economiche dell’Iran sia utilizzata con fini umanitari
– Controllare i settori dell’economia iraniana che sono in mano al regime, incluse l’edilizia e l’ingegneria
– Aumentare le sanzioni per vietare a Teheran l’accesso al mercato dell’oro
– Allargare la definizione di “sanzioni di greggio” a tutti i prodotti derivati
– Imporre nuove sanzioni contro le holding e i fondi di investimento controllati da Teheran.

Una vera terapia d’urto che per adesso nessuno, ufficialmente, ha considerato.

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