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“Ce la possiamo fare”. Non perde la pacatezza Enrico Letta per il discorso da cui dipende il destino del suo governo. Parole meditate a lungo ma scandite con sicurezza per chiedere al Parlamento “coraggio e fiducia non contro qualcuno ma per l’Italia”.

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Il premier inizia con Luigi Einaudi, “nella vita delle Nazioni l’errore di non sapere cogliere l’attimo può essere irreparabile”, e conclude con Benedetto Croce, “ciascuno di noi ora si ritiri nella sua profonda coscienza e procuri di non prepararsi, col suo voto poco meditato, un pungente e vergognoso rimorso”.

Le rivendicazioni di Letta
Nel mezzo c’è tutto quello che è stato fatto in questi primi cinque mesi dal suo esecutivo. Letta tiene a precisare che il suo non è un “governo del rinvio”, elencando una ad una le azioni del suo governo. Azioni che, in caso di fiducia, proseguiranno con slancio nell’ultimo trimestre dell’anno. Al centro del programma di governo, ci sono le risposte alle pari opportunità, all’ambiente, alla lotta alla mafia, all’Europa che “non è un compitino ma un cammino dei popoli”.

Nuove nomine per Cottarelli e Greco
Letta approfitta del “palco” del Senato per dare notizia di due nomine, in caso di fiducia. Quella di Carlo Cottarelli dell’Fmi come commissario della spending review, accolta con qualche brusio in aula, e quella del procuratore Francesco Greco per aggiornare “i dati sul tema della legalità e dei capitali all’estero”.

Berlusconi solo sfiorato
Il presidente del Consiglio sfiora soltanto il caso Berlusconi, cioè il motivo per cui si trova a Palazzo Madama questa mattina. Si limita a ripetere che le sentenze si rispettano e a esigere che ci sia “una separazione netta tra due piani che non devono essere sovrapposti”, quello del suo governo e la decadenza parlamentare del leader Pdl.

Chi c’era
Il Cavaliere ha fatto il suo ingresso a Palazzo Madama mentre il premier stava già parlando. Scuro in volto, anche se stamattina si registra un suo atteggiamento più possibilista, “ascoltiamo e vediamo”, ha detto, evitando però gli sguardi dei ministri azzurri a cui ieri Letta ha respinto le dimissioni. Angelino Alfano, Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi, Beatrice Lorenzin e Nunzia De Girolamo hanno preso tutti posto ai banchi del governo, al fianco di Letta.

Tanti gli applausi che hanno accompagnato le parole del premier in un’aula per la verità semivuota soprattutto tra i banchi di centro e di destra, abitualmente assegnati a grillini, Lega, Pdl. Ora bisognerà vedere quanti di quegli applausi si tradurranno in voti positivi. A Letta per andare avanti ne bastano 161.

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Cosa ha detto Letta al Senato

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