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Da più di tre decenni l’Italia ha perso la sua identità culturale, sociale e politica. Con il compromesso storico la storia politica italiana è rimasta agonizzante fino al 1992 e poi è stata seguita da un ventennio di stagnazione politica e di regressione sociale e culturale. Ancora una volta, oggi, con le larghe intese, con maggiore mediocrità, non si vede alcuna uscita di sicurezza.

La pasticciata storia italiana si ripete?

Il pasticcio italiano non dipende da figure individuali verso le quali si può avere anche forti opinioni e sensazioni. Il pasticcio italiano dipende dall’immaturità individuale e collettiva che dai tempi della Resistenza, ma si potrebbe dire dai tempi dell’Unità, non è mai evoluta in un progetto sistemico, in una collettività di individui responsabili e affidabili. Da almeno trent’anni anche le classi dirigenti, i leader, hanno smesso di offrire una visione olistica della società, e quindi dell’Italia.

Poiché senza identità non può esistere coscienza individuale e collettiva, il problema italiano è gravissimo. Unici in Europa, gli italiani non hanno sviluppato un sentimento positivo e costruttivo rispetto alla nazione e allo Stato, al sistema di diritto, all’Europa. Tutti si celano dietro inutili, e quanto mai stanchi, esercizi di retorica nazionale ed europeista. Gli ultimi quarant’anni, complice la formazione basata sulle competenza in disprezzo del sapere, hanno portato il popolo italiano verso un sotto proletariato culturale senza pari in Europa.

Inoltre, la struttura economico-sociale dell’Italia è tra le più arretrate al mondo (sicuramente nel vecchio mondo industrializzato). Il dibattito sulla fiscalità e la tassazione ne è l’esempio emblematico. L’idea assurda che non debba esserci una tassa sul possesso, produttivo o meno, è surreale. Il mero possesso è un reddito, molto spesso improduttivo (quindi reazionario). La reazione assurda di qualsiasi casta professionale, artigianale o commerciale, per non parlare poi dei minus sapiens sindacali che trattano i loro rappresentati da deficienti, contro qualsiasi proposta di razionale riordino dei rispettivi settori è qualcosa di molto preoccupante.

Fatta eccezione dell’intervento statale nell’economia, non è nata alcuna cultura italiana diffusa in merito. Non è mai cresciuta una coscienza degli investimenti privati produttivi preferendo le scelte parassitarie da cassettisti (finché è stato possibile) che sono il retaggio di quella cultura della rendita agraria, prima, e immobiliare, poi.

Non sarà quindi una nuova bandiera di partito o un ‘nuovo’ leader carismatico a cambiare lo stato delle cose in Italia. È triste dover ammettere che il solo fattore rivoluzionario in un paese ingessato e amorfo non può che venire dalle costrizioni esterne cogenti in materia fiscale. Sarà sulle macerie di un sistema atrofizzato e sconfitto che si dovrà pensare un progetto politico che permetta di ridare identità e speranza alla nazione italiana, in un arco di un paio di decenni.

Cosa manca all'Italia?

Da più di tre decenni l’Italia ha perso la sua identità culturale, sociale e politica. Con il compromesso storico la storia politica italiana è rimasta agonizzante fino al 1992 e poi è stata seguita da un ventennio di stagnazione politica e di regressione sociale e culturale. Ancora una volta, oggi, con le larghe intese, con maggiore mediocrità, non si vede…

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