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Pubblichiamo grazie all’autorizzazione di Class Editori il commento del direttore di Italia Oggi Pierluigi Magnaschi.

Premetto che questo non è un articolo contro Gianni Cuperlo, candidato di D’Alema nella corsa alla designazione del segretario Pd. Cuperlo è un leader politico ammodo, culturalmente provveduto, non trinariciuto, né oltranzista. Disposto a confrontarsi con gli altri. La nostra analisi si propone solo di analizzare la sua capacità a guidare un partito, oggi inadeguato, e che è costretto a cambiare pelle e sostanza per diventare un qualcosa d’altro.

La nomenclatura del Pd, quella, per intenderci, che ha le radici (e quindi anche la sua formazione) nel Pci, e che è rappresentata dai vari Occhetto, D’Alema, Veltroni, Bersani, è stata fatta fuori dal suo stesso partito che, a distanza di una generazione piena dal crollo del Muro di Berlino, sente il bisogno di rompere, anche anagraficamente, i legami con un passato imbarazzante, che politicamente non macina più, e con automatismi statalisti vetero-assistenziali che sono inadeguati, o addirittura controproducenti, per far uscire il paese dalla crisi devastante che lo ha colpito.

Pur di evitare che Matteo Renzi possa diventare segretario, la nomenclatura del partito, che controlla ancora (o crede di controllare) la struttura del Pd ma che non ha saputo innovarsi, allevando dei giovani ortodossi anche se nuovi, è costretta, oggi, a proporre, senza speranza, come suo outsider, un candidato come Cuperlo che è stato l’ultimo segretario nazionale della famosa Fgci, la Federazione dei giovani comunisti che ha rappresentato l’Amerigo Vespucci, la nave scuola, di tutti i comunisti italiani e, in particolare, della generazione che potremmo definire dalemiana.

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