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Le mafie straniere “rappresentano una componente ormai consolidata nel panorama nazionale”. Lo ha detto Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

Il ministro ha evidenziato come a seconda delle aree interesse i solidazi stranieri abbiano interazioni diverse con i sodalizi italiani. Infatti, al Centro-Nord “le associazioni di origine straniera risultano muoversi in modo indipendente, divenendo talvolta egemoni in specifici settori delinquenziali”. Invece, nelle regioni del Sud “sembrano operare in via subordinata o, comunque, con l’assenso delle mafie locali”; in questo caso, le mafie tradizionali “accettano di interagire alla pari con queste organizzazioni etniche nell’ambito dei traffici transnazionali, soprattutto in materia di droga e di armi”. Poi ha aggiunto: “L’esistenza di una pluralità di sodalizi stranieri e di collegamenti con organizzazioni criminali all’estero pone in luce come la criminalità transnazionale, in primis nel narcotraffico, nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nella tratta di esseri umani, nel caporalato e nello sfruttamento lavorativo di connazionali, rappresenti una minaccia reale a fronte della quale appaiono necessari una più ampia visione del fenomeno e un approccio globale anche in termini di risposta”.

Non c’è alcun riferimento esplicito alle organizzazioni criminali cinesi. Ma le parole del ministro ricordano quanto riportato nella “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza”, curata dal Comparto Intelligence e relativa all’anno 2022 presentata a fine febbraio. In quel documento l’intelligence scrive di “dinamismo affaristico-criminale di spregiudicati imprenditori sinici che, anche attraverso il ricorso ad articolati schemi di evasione fiscale e riciclaggio, cui spesso si accompagnano fattispecie di sistematica raccolta e trasferimento in Madrepatria dei proventi di attività illegali, sono riusciti – sfruttando a proprio vantaggio opportunità offerte dal mercato e vulnerabilità sistemiche nazionali – a consolidare il loro posizionamento all’interno di taluni settori economici nazionali, anche attraverso una sistematica collocazione in ben definite aree territoriali”.

Anche dopo gli arresti della scorsa settimana effettuati dalla Guardia di Finanza, su Formiche.net avevamo ricordato che il governo Meloni aveva chiesto alla commissione antimafia (presieduta da pochi giorni da Chiara Colosimo di Fratelli d’Italia) di indagare per la prima volta “sull’infiltrazione cinese nella società italiana”. Si tratta di un’idea lanciata proprio su queste pagine, visto che tra i compiti della commissione c’è quello di “valutare la penetrazione nel territorio nazionale e le modalità operative delle mafie straniere e autoctone tenendo conto delle caratteristiche peculiari di ciascuna struttura mafiosa e individuare, se necessario, specifiche misure legislative e operative di contrasto”.

Nel corso dell’audizione odierna, incentrate in particolare sulle mafie italiane, il ministro Piantedosi ha snocciolato alcuni numeri del “nemico silente” ma non per questo “meno pericoloso”: attualmente sono 25 i Comuni sciolti per mafia; dall’insediamento del governo Meloni meno di un anno fa sono state svolte 91 operazioni di polizia giudiziaria contro la criminalità organizzata, con 1.429 arresti (in aumento del 20% rispetto all’anno precedente); dal 22 ottobre 2022 al 30 settembre 2023 sono state adottate 1731 interdittive a fronte delle 1474 del corrispondente periodo 2021-2022; dall’inizio dell’anno fino ad agosto 2023 sono state disposte 63 misure di prevenzione collaborativa ed effettuati 133 accessi a cantieri per appalti il cui valore complessivo è di 6,5 miliardi di euro; dall’ottobre dello scorso anno sono stati sequestrati 7.924 beni per un valore di 1,3 miliardi di euro e confiscati 4.537 mila per 770 milioni di euro.

Così le mafie straniere si muovono in Italia. L’audizione di Piantedosi

Davanti alla commissione d’inchiesta, il ministro dell’Interno ha definito le organizzazioni non italiane come “una componente ormai consolidata nel panorama nazionale”. Parole che ricordano quanto evidenziato nella Relazione dell’intelligence sui gruppi cinesi

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