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Nel giorno in cui l’Italia incassa i 18,5 miliardi della terza rata e getta le basi per fare sua entro l’anno la quarta, al Centro studi americani in via Caetani si è ragionato del futuro del Pnrr. Le riforme, o almeno parte di esse, sono ancora da mettere a terra e con esse i relativi investimenti. L’occasione è arrivata con il convegno “L’eredità del Pnrr: prospettive costituzionali per l’Italia e l’Europa”, nel corso del quale è stato presentato il volume: “Scritti costituzionali sul Piano nazionale di ripresa e resilienza”, a cura di Davide De Lungo e Francesco Saverio Marini.

Dopo i saluti di Carlo Prosperi, capo segreteria del presidente della Commissione Cultura della Camera, Andrea Chiappetta, membro del cda del Cetro studi americani (che ha rivolto un pensiero al popolo di Israele) e di Vilberto Stocchi, rettore dell’Università San Raffaele di Roma, hanno preso la parola, tra gli altri, Carlo Alberto Manfredi Selvaggi, coordinatore struttura di missione Pnrr della presidenza del Consiglio dei ministri (assente ma firmatario di un messaggio di saluto), Federico Freni, sottosegretario all’Economia, Federico Mollicone, presidente commissione Cultura della Camera, Mariastella Gelmini, vicesegretaria di Azione, Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia, e Francesco Soro, amministratore delegato Poligrafico e Zecca dello Stato.

A dare la cifra dei lavori, ci ha pensato il sottosegretario Freni, il quale ha espresso la grande soddisfazione del governo per la terza rata appena saldata da Bruxelles. “Siamo orgogliosi di dire che ne è valsa la pena di colmare quei ritardi e fare quelle modifiche, perché alla fine il lavoro svolto insieme al ministro per gli Affari Ue, Raffaele Fitto, ha pagato. La verità è che il libro di cui parliamo oggi, ci proietta nel futuro, facendoci domandare quale sia davvero l’eredità del Pnrr”.

“Non dobbiamo mai smettere di pensare ai nostri figli, alle nuove generazione. Andiamo verso una concezione di Pnrr non solo inteso come risposta agli shock, ma anche come strumento di crescita. Questo è il vero retaggio che ci lascia il Pnrr stesso, quello che conta è che un piano nato per rispondere a un’emergenza, ci lascia un sistema, un sistema stabile. Per la prima volta il modello Pnrr attuato dall’Italia ci dimostra un modello vincente: dallo shock siamo arrivato a un modello da poter utilizzare in futuro”, ha spiegato Freni.

“In Europa abbiamo sempre vissuto alla giornata, ora abbiamo l’occasione di cominciare a ragionare finalmente nel lungo termine”. Freni ha poi rassicurato sulla quarta rata. “Ho la ragionevole certezza che non ci saranno ritardi sulla quarta rata e questo perché oggi c’è una governance non più claudicante, ma solida ed efficace. E questo discorso, l’essersi dati un metodo, vale anche per le rate future”.

Di giornata importante per l’Italia ha parlato anche Gelmini. “Oggi è fondamentale per l’Italia fare bella figura, per smentire il pessimismo sempre presente dei Paesi del Nord Europa e anche della stessa Germania. Detto questo, senza le Regioni la messa a terra del piano è molto difficile. Abbiamo in questo senso una grande opportunità, perché questa è una grande sfida. Mi riferisco alla sfida di imparare una volta per tutte a far funzionare la Pubblica amministrazione. Siccome il Pnrr è fatto di investimenti, ma anche di riforme, allora mi auguro che non si ragioni a pezzi, ma in modo armonico”.

Palla colta al balzo da Mollicone. “Questo è un traguardo del Paese, non di questo o quel governo anche se in questi mesi non sono mancate le voci, quasi un rumore di fondo, dalle quali trasudava il pessimismo sulla possibilità per l’Italia di raggiungere gli obiettivi del Pnrr e incassare i fondi”. Rispondendo direttamente a Gelmini, Mollicone ha chiarito come “le riforme non sono mai facili, oggi il Parlamento sembra essere tornato finalmente sovrano, questo per dire che le commissioni non passano più le carte ma legiferano. Mi piace un concetto, definire il Pnrr un meccanismo di solidarietà, menzionato da Gelmini, che impone all’Europa di compattarsi, senza finire preda delle divisioni che abbiamo visto in passato tra Nord e Sud Europa”.

A tirare le somme ci ha pensato infine il viceministro Sisto, che non poteva non prendere la questione dal lato della giustizia. “Se pensiamo alle riforme, non possiamo non immaginare un giustizia più veloce, fruibile. E che invece oggi è lenta e anche in crisi. Se qualcuno oggi dovesse chiedermi come utilizzare i fondi del Pnrr, non potrei non pensare a un miglioramento della giustizia, la cui riforma non più che mirare a un miglioramento del rapporto tra giustizia e cittadino. Il volume che viene presentato, d’altronde, spiega ci sia da fare i conti con la realtà: la cabina di regia sul Pnrr, porta in dote modifiche profonde al nostro sistema. Il rapporto tra fondi, riforme e giustizia si deve basare sul risultato, perché lo stesso Pnrr ci obbliga a ottenere dei risultati e declinarli sarebbe un errore”.

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