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La stagione dell’orso in Europa è finita. Almeno nel settore finanziario. Messi all’angolo i ribassisti, i “bear” nella terminologia inglese, tornano a farsi spazio i tori, i “bull” che puntano su un mercato rialzista e fanno incetta di titoli. E così gli investitori americani riscoprono attraente il mercato finanziario europeo, con titoli altamente sottovalutati, che beneficiano della lenta ripresa economica del Continente e che godono, nella peggiore delle ipotesi, dell’ombrello della Bce.

L’afflusso di capitali americani in Europa

Il mix di fattori è quello perfetto per gli azionisti di Wall Street. La mole di flussi che rimpatria dagli Emergenti, giocando d’anticipo sulle mosse della Fed, viene ridiretta in un’Europa dal futuro se non roseo, quantomeno non più nero. E gli investitori statunitensi, spiega il Financial Times, hanno scommesso sempre più sui titoli europei, segnando il record dal 1977 e dimostrando così una nuova ondata di fiducia nella regione e nella sua capacità di ripresa dalla crisi del debito sovrano.

Le cifre

I fondi pensione e gli altri big della finanza statunitense hanno investito 65 miliardi di dollari in titoli e azioni europee nei primi sei mesi del 2013, il picco degli ultimi 36 mesi secondo una ricerca condotta dal Goldman Sachs European strategy team in base ai dati del Tesoro Usa.

Le aspettative per il secondo semestre

I primi segnali di ripresa economica e il ritorno di fiducia hanno resuscitato la fede americana nel Vecchio Continente, mentre si consolida l’attesa per una forte ondata di guadagni nel secondo semestre. Eddie Perkins, chief investment officer of international equity di Goldman Sachs Management, ha sottolineato che “la storia economica rende l’Europa una buona scommessa. Ci aspettiamo che i mercato continuino a crescere in parallelo alla ripresa economica del continente”.

Un mercato sottovalutato

Hsbc, prosegue il quotidiano della City, ha spiegato che i titoli europei sono ancora sottovalutati del 15% se confrontati con la media a lungo termine. E questo si verifica nonostante il “whatever it takes“, il “faremo tutto il possibile” per salvare l’euro, passaggio ormai famoso del discorso del governatore della Bce Mario Draghi pronunciato nel luglio del 2012. Dal giugno del 2012 i titoli europei sono cresciuti del 27%.

I fattori di rischio

Tuttavia per i mercati i rischi sostanziali esistono ancora. L’eventuale attacco militare statunitense in Siria, i timori per l’instabilità degli Emergenti e una ricaduta dell’economia europea potrebbero bloccare nuovi guadagni. E ad essere fonte di preoccupazione sono soprattutto le scarse performance dei mercati emergenti, da cui le società europee racimolano un terzo dei loro profitti.

Il capitolo M&A

Nonostante i rischi, il fatto che i titoli europei restino a buon prezzo sta incoraggiando sempre più i fondi statunitensi a investire in questo mercato. I settori più favoriti sono quello finanziario, delle telecomunicazioni e dei servizi, tutti sottovalutati a causa della crisi dell’eurozona negli ultimi anni. Ma la loro ripresa non basta. Gli americani puntano anche in base alle aspettative di nuovi merger (fusioni, Merger and Acquisitions – M&A), a questo l’Europa è davvero pronta?

Perché l'Europa ridiventa la grande passione di Wall Street

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