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L’elezione del Presidente della Repubblica dell’aprile scorso, in cui fu eletto eccezionalmente per il secondo mandato consecutivo Giorgio Napolitano, è stata una pagina della storia politica italiana di cui si dovrà scrivere tanto. Hanno iniziato a farlo Stefano di Traglia e Chiara Geloni nel libro “I giorni bugiardi” in uscita a novembre, in cui due tra i più stretti collaboratori di Pier Luigi Bersani svelano alcuni dei segreti nascosti in quelle intricate giornate d’aprile.

Nessuna grazia per Berlusconi

Fu al termine delle consultazioni con il gruppo del Pdl che Bersani decise di non barattare la possibilità di un governo di cambiamento, guidato da lui stesso, con l’elezione di un presidente della Repubblica scelto dal Popolo della Libertà. “Se pensano che sarò io a passare alla storia per aver mandato al Quirinale uno che sarebbe lì solo per dare la grazia a Berlusconi, se lo possono scordare” avrebbe dichiarato Bersani al suo staff dopo la riunione, e non fu l’unico “no” detto al cavaliere dall’allora segretario. Di Traglia e Geloni, suoi stretti collaboratori, scrivono che Bersani rifiutò anche la proposta di Berlusconi, inviata tramite Alfano, di guidare lui stesso un governo di larghe intese.

Le scelte di Bersani durante le consultazioni

Il periodo successivo alle elezioni in cui Bersani cercava, attraverso le consultazioni con i gruppi parlamentari, di formare un governo trovando «il più alto grado di corresponsabilità che possa risultare credibile agli occhi del paese» tra le forze politiche fu affrontato dal Segretario con la consapevolezza che un governo che mettesse insieme Pd e Pdl non sarebbe stato una giusta interpretazione del volere degli elettori. La proposta di Bersani al centro destra, secondo Geloni e Di Traglia, fu duplice: da una parte l’assuzione comune di responsabilità e il riconoscimento reciproco tra le forze politiche per dare vita a una convenzione costituzionale con lo scopo di riformare le istituzioni e la legge elettorale. Dall’altra parte la formazione di un governo «aperto alla partecipazione di figure indipendenti» che concentrasse il suo operato sulle istanze della società civile e delle emergenze sociali. La guida delle riforme, fa intendere Bersani, sarebbe spettata a un uomo del centro destra e anche nella formazione del governo si sarebbe tenuto conto di tutte le sensibilità presenti in parlamento.

Le risposte del centrodestra

Il segretario dell Pdl Alfano non ritenne, in quei giorni, di poter giustificare con i propri elettori l’appoggio a un governo guidato da Pier Luigi Bersani. Avanzò, quindi, delle proposte chiedendo, cioè, a Bersani di governare insieme al Pdl o magari, in alternativa, di trovare un accordo sul nome del prossimo presidente della Repubblica che fosse congeniale al centro destra. Non un nome a caso, certo, ma Gianni Letta, una personalità che il segretario non avrebbe mai potuto accettare.
Bersani, quindi, rispose no a entrambe le proposte di Alfano e, tornato dalle consultazioni, come scrivono Geloni e Di Traglia, confidò: «Non si rendono conto che avremo quasi cinquecento grandi elettori: non sarebbe comunque possibile a nessuno, tantomeno a me, assicurargli che i nostri votino un presidente della Repubblica del Pdl solo perché io ho fatto uno scambio con Berlusconi. E comunque, se pensano che sarò io a passare alla storia per aver mandato al Quirinale uno che un domani che lo condannano dà la grazia a Berlusconi, se lo possono scordare».

Nessun accordo col Pdl e nessuna possibilità di governo, come poi si dimostrò nei giorni successivi.

Il Bersani segreto svelato da due bersaniani

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